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Si è spento il 21 marzo scorso. Come sacerdote scelse per tutta la vita di stare
vicino ai poveri. Nel 1971, su incarico della Cei, costituisce la Caritas,
l'invenzione più creativa e significativa della Chiesa italiana nel post Concilio.

Monsignor Nervo negli anni '70 in America latina.
Voleva una Chiesa della carità
per i poveri. A 94 anni, la sera
del 21 marzo, a Padova è morto
monsignor Giovanni Nervo,
l'iniziatore della Caritas italiana,
l'inventore dei gemellaggi, lo scopritore
degli obiettori di coscienza, il
sostenitore del volontariato.
Il mondo cattolico lo scoprì al primo
grande convegno della Cei a Roma
(30.10-4.11.1976) "Evangelizzazione
e promozione umana", nato
dal piano pastorale "Evangelizzazione
e sacramenti". Lavorò con impegno
nel comitato promotore, nel
quale c'erano personaggi come Giuseppe
Lazzati, padre Bartolomeo
Sorge, Vittorio Bachelet, Domenico
Rosati, Pietro Scoppola.
Sulla linea della "Chiesa dei poveri"
del Vaticano II, il 31 ottobre
1976 la sua relazione Evangelizzazione
ed emarginazione riassunse centinaia
di contributi, migliaia e migliaia
di pagine, delle Chiese locali che
«non esprimono mai con una parola
sola la situazione dei non promossi.
Usano almeno due o tre
di questi termini: gli ultimi,
i deboli, i poveri, gli
oppressi, gli emarginati.
Il vocabolario marxista
usa un solo termine: il
sottoproletariato. Anche
il Vangelo usa un termine
solo: i poveri».
La giustizia, primo
passo della carità
Giovanni Nervo nasce il 13 dicembre
1918 a Casalpusterlengo
(Lodi), dove la famiglia era sfollata
nella prima guerra mondiale. Profugo
e orfano di padre, scelse di stare
vicino ai poveri perché aveva provato
sofferenza ed emarginazione e
credeva che la giustizia fosse il primo
passo della carità. Ordinato sacerdote
nel 1941 a Padova, è membro
attivo della Resistenza tra i partigiani,
sceglie poi la non violenza e
la pace. Nel 1951 istituisce la Scuola
superiore di servizio sociale di Padova
e la dirige fino al 1970. Nel
1964 promuove la Fondazione Emanuela
Zancan, un centro studi, ricerca,
formazione e sperimentazione
su sanità, welfare, educazione.
L'anno di svolta è il
1971. Su incarico della
Cei – presidente il cardinale
Antonio Poma, arcivescovo
di Bologna, e
segretario monsignor
Andrea Pangrazio – costituisce
la Caritas, l'invenzione
più creativa e
significativa della Chiesa
italiana nel post-Concilio:
ne è primo presidente
e poi vicepresidente fino al
1986. Sotto il suo impulso si dota di
uno statuto e si organizza a livello
nazionale e nelle diocesi. In prima linea
nelle catastrofi: il terremoto in
Friuli nel 1976 – quando inventò i
gemellaggi –, quello in Irpinia e Basilicata
nel 1980. Anche la Protezione
civile, istituita ufficialmente il 24
febbraio 1994, guidata dal ministro
Giuseppe Zamberletti, si ispirò in
qualche misura alla Caritas.
Sul piano internazionale la Caritas
di Nervo dispiega un grande impegno
per il boat people, i profughi
vietnamiti raccolti dalla Marina militare
nell'estate 1979, e per le Chiese
del Terzo Mondo. In questa veste
ebbi la ventura e la fortuna di accompagnarlo
per buona parte di un
viaggio in Senegal e Mauritania nel
novembre 1975. Come l'allora arcivescovo
di Dakar, cardinale Hyacinthe
Thiandoum, come i preti africani,
come i missionari italiani, rimasi
colpito dal suo senso pratico e dalla
sua capacità di tradurre il Vangelo
dei poveri, come spiegò in un'intervista
del 2008 a L'Osservatore Romano
per i 90 anni: «La prima carità
è il Vangelo perché la povertà
maggiore è la mancanza di fede, e
che per molti, che forse crederanno
di non essersi mai incontrati con Gesù,
la carità sarà l'ottavo sacramento
che li salva».

Monsignor Nervo durante un convegno sul volontariato ad Avetrana (Ta), 30 giugno 2008.
Per amore del Vangelo
e degli ultimi
Un uomo dalla grande apertura
mentale, monsignor Giuseppe Pasini
– che trascorse mezzo secolo al suo
fianco succedendogli alla guida della Caritas e della Fondazione Zancan –
è custode di molti particolari: «Nel
1972, quando si tenne il primo convegno
delle Caritas diocesane, chiese a
Paolo VI di dare la sua interpretazione.
Il Papa scrisse che la giustizia è il
primo passo verso la carità e che la
Chiesa deve conservare una prevalente
funzione pedagogica e non assistenziale.
Nervo fu fedele a questa indicazione
». Era la linea anche del cardinale
Michele Pellegrino. Nel 1975 organizza
un convegno sul volontariato,
cogliendo le novità che venivano da
preti come don Luigi Ciotti e don
Oreste Benzi. «Quell'anno ebbe il via
libera dalla Cei perché la Caritas accogliesse
gli obiettori di coscienza. In
trent'anni 100 mila giovani hanno
prestato servizio civile con la Caritas
a servizio degli ultimi, spesso compiendo
scelte di impegno radicale».
Uomo irreprensibile, trasparente
e carismatico, sobrio e rigoroso,
pronto a ogni cosa per amore del
Vangelo e degli ultimi, umile prete
della Chiesa dei poveri, «cresciuto in
una famiglia povera – ricorda Pasini
– per coerenza girava in autobus e andava
sempre fino in fondo per difendere
i deboli, per accogliere i migranti,
anche se questo gli causava problemi
con i potenti», e in particolare con
i pesanti attacchi della Lega. Testimonia
monsignor Giancarlo Perego, direttore
della "Fondazione Migrantes":
«In tutti gli incontri con lui si respirava
l'aria della "Chiesa della
carità", come è intitolato il
volume in onore dei suoi 90
anni. Nel decennio dedicato
dalla Cei a "Educare alla vita
buona del Vangelo" la sua testimonianza
di straordinario
educatore rimane
fondamentale
per leggere la
prevalente funzione
pedagogica
nei nostri
cammini
di ospitalità,
accoglienza
e carità». Nel
1986 il cardinale
Carlo Maria
Martini gli affida una delle due relazioni
fondative del grande convegno
ambrosiano "Farsi prossimo".
Grande apertura mentale, memoria
di ferro, solida preparazione, credeva
nel dialogo e nella collaborazione,
«anche con chi non era credente,
a patto che avesse a cuore l'uomo»,
nella trasparenza e nel rigore che
pretendeva dai funzionari pubblici,
in Italia e in Africa, dove
girò molto per verificare come
erano usati i fondi e i progetti
della Caritas. Prima di morire
ha avuto la gioia di vedere e
sentire in tv Papa
Francesco confidare
a più di 6 mila
giornalisti di tutto
il mondo in una festosa
udienza il 16
marzo: «Ho scelto
il nome
di Francesco
d'Assisi,
perché vorrei
una Chiesa
povera, per i poveri,
che difenda
la pace e sia attenta
al creato».
Pier Giuseppe Accornero
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