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 Vita Pastorale n. 7 luglio 2013- Home Page Un testimone della carità

Don Giovanni Nervo

di Pier Giuseppe Accornero

 

Si è spento il 21 marzo scorso. Come sacerdote scelse per tutta la vita di stare vicino ai poveri. Nel 1971, su incarico della Cei, costituisce la Caritas, l'invenzione più creativa e significativa della Chiesa italiana nel post Concilio.

Monsignor Nervo negli anni '70 in America latina.

Monsignor Nervo negli anni '70 in America latina.

Voleva una Chiesa della carità per i poveri. A 94 anni, la sera del 21 marzo, a Padova è morto monsignor Giovanni Nervo, l'iniziatore della Caritas italiana, l'inventore dei gemellaggi, lo scopritore degli obiettori di coscienza, il sostenitore del volontariato. Il mondo cattolico lo scoprì al primo grande convegno della Cei a Roma (30.10-4.11.1976) "Evangelizzazione e promozione umana", nato dal piano pastorale "Evangelizzazione e sacramenti". Lavorò con impegno nel comitato promotore, nel quale c'erano personaggi come Giuseppe Lazzati, padre Bartolomeo Sorge, Vittorio Bachelet, Domenico Rosati, Pietro Scoppola. Sulla linea della "Chiesa dei poveri" del Vaticano II, il 31 ottobre 1976 la sua relazione Evangelizzazione ed emarginazione riassunse centinaia di contributi, migliaia e migliaia di pagine, delle Chiese locali che «non esprimono mai con una parola sola la situazione dei non promossi. Usano almeno due o tre di questi termini: gli ultimi, i deboli, i poveri, gli oppressi, gli emarginati. Il vocabolario marxista usa un solo termine: il sottoproletariato. Anche il Vangelo usa un termine solo: i poveri».

La giustizia, primo passo della carità

Giovanni Nervo nasce il 13 dicembre 1918 a Casalpusterlengo (Lodi), dove la famiglia era sfollata nella prima guerra mondiale. Profugo e orfano di padre, scelse di stare vicino ai poveri perché aveva provato sofferenza ed emarginazione e credeva che la giustizia fosse il primo passo della carità. Ordinato sacerdote nel 1941 a Padova, è membro attivo della Resistenza tra i partigiani, sceglie poi la non violenza e la pace. Nel 1951 istituisce la Scuola superiore di servizio sociale di Padova e la dirige fino al 1970. Nel 1964 promuove la Fondazione Emanuela Zancan, un centro studi, ricerca, formazione e sperimentazione su sanità, welfare, educazione. L'anno di svolta è il 1971. Su incarico della Cei – presidente il cardinale Antonio Poma, arcivescovo di Bologna, e segretario monsignor Andrea Pangrazio – costituisce la Caritas, l'invenzione più creativa e significativa della Chiesa italiana nel post-Concilio: ne è primo presidente e poi vicepresidente fino al 1986. Sotto il suo impulso si dota di uno statuto e si organizza a livello nazionale e nelle diocesi. In prima linea nelle catastrofi: il terremoto in Friuli nel 1976 – quando inventò i gemellaggi –, quello in Irpinia e Basilicata nel 1980. Anche la Protezione civile, istituita ufficialmente il 24 febbraio 1994, guidata dal ministro Giuseppe Zamberletti, si ispirò in qualche misura alla Caritas. Sul piano internazionale la Caritas di Nervo dispiega un grande impegno per il boat people, i profughi vietnamiti raccolti dalla Marina militare nell'estate 1979, e per le Chiese del Terzo Mondo. In questa veste ebbi la ventura e la fortuna di accompagnarlo per buona parte di un viaggio in Senegal e Mauritania nel novembre 1975. Come l'allora arcivescovo di Dakar, cardinale Hyacinthe Thiandoum, come i preti africani, come i missionari italiani, rimasi colpito dal suo senso pratico e dalla sua capacità di tradurre il Vangelo dei poveri, come spiegò in un'intervista del 2008 a L'Osservatore Romano per i 90 anni: «La prima carità è il Vangelo perché la povertà maggiore è la mancanza di fede, e che per molti, che forse crederanno di non essersi mai incontrati con Gesù, la carità sarà l'ottavo sacramento che li salva».

Monsignor Nervo durante un convegno sul volontariato ad Avetrana (Ta), 30 giugno 2008.

Monsignor Nervo durante un convegno sul volontariato ad Avetrana (Ta), 30 giugno 2008.

Per amore del Vangelo e degli ultimi

Un uomo dalla grande apertura mentale, monsignor Giuseppe Pasini – che trascorse mezzo secolo al suo fianco succedendogli alla guida della Caritas e della Fondazione Zancan – è custode di molti particolari: «Nel 1972, quando si tenne il primo convegno delle Caritas diocesane, chiese a Paolo VI di dare la sua interpretazione. Il Papa scrisse che la giustizia è il primo passo verso la carità e che la Chiesa deve conservare una prevalente funzione pedagogica e non assistenziale. Nervo fu fedele a questa indicazione ». Era la linea anche del cardinale Michele Pellegrino. Nel 1975 organizza un convegno sul volontariato, cogliendo le novità che venivano da preti come don Luigi Ciotti e don Oreste Benzi. «Quell'anno ebbe il via libera dalla Cei perché la Caritas accogliesse gli obiettori di coscienza. In trent'anni 100 mila giovani hanno prestato servizio civile con la Caritas a servizio degli ultimi, spesso compiendo scelte di impegno radicale». Uomo irreprensibile, trasparente e carismatico, sobrio e rigoroso, pronto a ogni cosa per amore del Vangelo e degli ultimi, umile prete della Chiesa dei poveri, «cresciuto in una famiglia povera – ricorda Pasini – per coerenza girava in autobus e andava sempre fino in fondo per difendere i deboli, per accogliere i migranti, anche se questo gli causava problemi con i potenti», e in particolare con i pesanti attacchi della Lega. Testimonia monsignor Giancarlo Perego, direttore della "Fondazione Migrantes": «In tutti gli incontri con lui si respirava l'aria della "Chiesa della carità", come è intitolato il volume in onore dei suoi 90 anni. Nel decennio dedicato dalla Cei a "Educare alla vita buona del Vangelo" la sua testimonianza di straordinario educatore rimane fondamentale per leggere la prevalente funzione pedagogica nei nostri cammini di ospitalità, accoglienza e carità». Nel 1986 il cardinale Carlo Maria Martini gli affida una delle due relazioni fondative del grande convegno ambrosiano "Farsi prossimo". Grande apertura mentale, memoria di ferro, solida preparazione, credeva nel dialogo e nella collaborazione, «anche con chi non era credente, a patto che avesse a cuore l'uomo», nella trasparenza e nel rigore che pretendeva dai funzionari pubblici, in Italia e in Africa, dove girò molto per verificare come erano usati i fondi e i progetti della Caritas. Prima di morire ha avuto la gioia di vedere e sentire in tv Papa Francesco confidare a più di 6 mila giornalisti di tutto il mondo in una festosa udienza il 16 marzo: «Ho scelto il nome di Francesco d'Assisi, perché vorrei una Chiesa povera, per i poveri, che difenda la pace e sia attenta al creato».

Pier Giuseppe Accornero

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