Gli operatori della comunicazione sono rimasti sorpresi dal tema svolto
nel Messaggio di Benedetto XVI: per parlare bisogna saper ascoltare.
Il silenzio non significa mancanza di comunicazione, ma attenzione
agli altri, vicinanza e solidarietà. Nel silenzio parla il Mistero.

Quasi tutte le foto del dossier documentano il Festival
della comunicazione di Padova 2011, il Festival biblico
di Vicenza 2011 (qui vediamo la preparazione della Festa
delle famiglie) e il Festival della vita di Caserta 2012.
(Per gentile concessione dell'Archivio del Festival biblico).
Uno dei segni più interessanti
del Messaggio di papa Benedetto
per la Giornata mondiale
delle comunicazioni sociali è stata
l'accoglienza che al tema hanno
riservato non solo i massmedia, ma
gli studiosi e gli esperti del settore.
Il mondo della comunicazione si è
ritrovato a trattare insieme di uno
stesso, inusuale argomento: il silenzio;
l'incidenza,ma soprattutto il valore
che esso ha nell'ambito, spesso considerato
estraneo, della comunicazione.
È stato come se tutti si fossero trovati
improvvisamente di fronte a una
realtà, se non nuova, quantomeno poco
considerata, o tenuta in disparte.
Ma a un tratto il campanello è
suonato: non per rompere il silenzio,
bensì per richiamarlo in vita, come
per invitarlo a una nuova e più
importante sessione che non avrebbe
potuto prendere il via senza la
sua presenza. La sessione nuova nel
mondo della comunicazione non
può che essere quella della riflessione
e dell'approfondimento.
E qui, in questa fase, ecco che il
silenzio viene ad assumere un ruolo
da protagonista. Il silenzio è l'elemento
propedeutico sia alla riflessione
che all'approfondimento: è
quasi la conditio sine qua non per
rendere significativa e fruttuosa
una fase fondamentale di quel colloquio
ad ampio spettro dell'uomo
che dà vita a quella che oggi definiamo
società della comunicazione.
La questione antropologica
Il Papa, con il suo Messaggio, ha
modificato le linee del dibattito in
corso, innalzando il livello di un colloquio
ordinario a quello di una questione
antropologica. Nel silenzio la
comunicazione ha ritrovato una delle
sue anime. Il fatto (e la novità)
fondamentale sembra proprio questo:
la comunicazione non è – non
può essere – l'insieme di parole, immagini,
suoni e gesti prodotti da
mezzi e strumenti sempre più affinati
e tecnologicamente avanzati.
C'è dell'altro, e la soglia del silenzio
è come un muro d'Ercole senza
oltrepassare il quale si resta lontani
dal cuore della comunicazione. Perché
essa – ecco la verità piena che il
Messaggio porta alla luce – non ha
semplicemente un cuore, ma è fatta
– potremmo dire – di cuore, ossia di
un hardware ineliminabile dal quale
deriva tutto il resto. Occorre partire
forse da qui anche per addentrarsi
in una realtà evidente.
Negli ultimi anni il Papa è stato
molto attento ai processi e alle dinamiche
della comunicazione, specialmente
nel contesto della trasformazione
culturale originata dagli sviluppi
tecnologici. Nel Messaggio di
quest'anno il Santo Padre ha rivolto
l'attenzione verso il binomio silenzioparola.
Questo aspetto, anche se classico,
diventa sempre più importante
nel contesto della cultura digitale.
Silenzio nella comunicazione
Il silenzio non è mancanza di comunicazione;
il silenzio fa parte del
flusso di messaggi e informazioni
che caratterizza la nuova cultura
della comunicazione. «Esiste un silenzio
che è un elemento primordiale
sul quale la parola scivola e si
muove, come il cigno sull'acqua.
Per ascoltare con profitto una parola,
conviene creare dapprima in noi
stessi questo lago immobile. [...] La
parola sorge dal silenzio, e al silenzio
ritorna» (Jean Guitton, La Solitude
et le silence).
In questo Messaggio troviamo
una riflessione umana profonda
sull'importanza del silenzio al cuore
della comunicazione. Il silenzio
parla – il nostro silenzio può esprimere
la vicinanza, la solidarietà e
l'attenzione agli altri. Il silenzio è
un modo forte per esprimere il nostro
rispetto e il nostro amore per
gli altri.
Nel silenzio ascoltiamo l'altro,
diamo la priorità alla parola
dell'altro. Il silenzio è un atteggiamento
attivo. È il nostro silenzio
che permette e dà spazio all'altro
per parlare. «Parlare significativamente
può soltanto colui che può
anche tacere, altrimenti sono chiacchiere;
tacere significativamente
può soltanto colui che può anche
parlare, altrimenti è un muto. In tutti
e due questi misteri vive l'uomo;
la loro unità esprime la sua essenza
» (Romano Guardini, Virtù. Temi
e prospettive della vita morale).
Il silenzio rafforza il rapporto, il
legame tra due persone. Nel silenzio
riesco a capire chi è l'altro e proprio
in questo trovo me stesso. Il silenzio
mi permette di essere attento
al contenuto della comunicazione.
Il silenzio serve per riflettere, per
pensare, per valutare, per giudicare
la comunicazione. È il silenzio che
ci aiuta a vedere... In fondo è nel silenzio
che riesco a dare il giusto significato
alla comunicazione e non
essere solamente sommerso dal volume
della stessa comunicazione.
Il silenzio diventa sempre più importante
nel contesto di quel flusso
di domande che in un certo senso è
il motore della moderna cultura della
comunicazione. Il silenzio ci permette
di ascoltare bene le domande
per discernere ciò che l'altro sta cercando
di comunicare. Nella nostra
cultura c'è il rischio di non ascoltare
la domanda dell'altro e di cercare
d'imporre risposte prefabbricate. È
nel silenzio che può fiorire quel dialogo
fra colui che fa la domanda e
chi cerca di rispondere. In questo
c'è un dialogo, c'è un'interattività e
c'è una vera ricerca della verità.
Per parlare con Dio
Il Santo Padre suggerisce che al
cuore di questo flusso di domande
c'è una domanda fondamentale che
è la ricerca della verità e da qui nasce
di nuovo l'importanza del silenzio
come il luogo privilegiato dove
il soggetto umano si trova davanti a
sé stesso e davanti a Dio.
Il Papa nota
come il silenzio e la solitudine siano
stati fondamentali in tutte le
grandi religioni come luoghi di incontro
con il mistero.
Da qui il Papa sviluppa l'importanza
del silenzio nella missione comunicativa
della Chiesa e dei cristiani.
Ci offre una forte meditazione/riflessione
sul silenzio comunicativo
di Dio: «Il Dio della rivelazione biblica
parla anche senza parole» e, citando
l'esortazione apostolica postsinodale
Verbum Domini, ricorda che «come mostra la croce di Cristo, Dio
parla anche per mezzo del suo silenzio». Anzi «nel silenzio della Croce
parla l'eloquenza dell'amore di Dio
vissuto sino al dono supremo».
In questa luce appare evidente
che «l'uomo scopre nel silenzio la
possibilità di parlare con Dio e di
Dio» e, rifacendosi a quanto diceva
nell'omelia della celebrazione eucaristica
con la Commissione teologica
internazionale (2006), afferma:
«Abbiamo bisogno di quel silenzio
che diventa contemplazione, che ci
fa entrare nel silenzio di Dio e così
arrivare al punto dove nasce la Parola,
la Parola redentrice».
Questa contemplazione silenziosa
non è però statica ma permette all'uomo
di fare sue le dinamiche antropocentriche
proprie dell'amore divino:
«La contemplazione silenziosa ci fa
immergere nella sorgente dell'Amore,
che ci conduce verso il nostro
prossimo, per sentire il suo dolore e
offrire la luce di Cristo». Come è tipico
di papa Benedetto, con poche parole
illuminanti sa aiutarci a scoprire
le misteriose dimensioni del rapporto
tra contemplazione e apostolato
(così caro a un dottore della Chiesa:
Teresa di Lisieux).
Poco più avanti dirà:
«È da questo Mistero che nasce la
missione della Chiesa, ed è questo
Mistero che spinge i cristiani a farsi
annunciatori di speranza e di salvezza,
testimoni di quell'amore che promuove
la dignità dell'uomo e che costruisce
giustizia e pace».
L'ultima pennellata del Messaggio
è dedicata all'educazione, alla
comunicazione. Vale a dire: «Imparare
ad ascoltare, a contemplare, oltre
che a parlare»; ricordando specialmente
agli evangelizzatori che
«silenzio e parola sono entrambi elementi
essenziali e integranti dell'agire
comunicativo della Chiesa, per
un rinnovato annuncio di Cristo nel
mondo contemporaneo».
«Le creature parlano con i suoni.
La parola di Dio è silenzio. La segreta
parola d'amore di Dio non può essere
altro che silenzio. Il Cristo è il silenzio
di Dio. Non c'è albero simile alla Croce;
non c'è armonia pari al silenzio di
Dio. [...] Quando il silenzio di Dio penetra
nella nostra anima, vi si apre un
varco fino a raggiungere il silenzio segretamente
presente in noi. Allora abbiamo
in Dio il nostro tesoro e il nostro
cuore, e lo spazio ci si apre davanti
come un frutto che si separi in due,
perché vediamo l'universo da un punto
che è situato al di fuori dello spazio.
Per questa operazione non ci sono
che due sole punte abbastanza acuminate
da penetrare così nella nostra
anima: la sventura e la bellezza» (Simone
Weil, Attesa di Dio).
monsignor Claudio M. Celli
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