Madre di Dio

 

N. 10 ottobre 2004

Con Maria, Regina degli Apostoli

Riviviamo l’Anno del Rosario

Amici lettori

Una catena di "Ave, Maria"
  
Gabriele Amorth

Maria, artefice di pace nell’itinerario cristiano
  
Stefano De Fiores

"Paolo, servo di Gesù Cristo"
  
Mons. Angelo Comastri

La "donna forte"
  
Giuseppe Daminelli

La pietas mariana nel ‘Tempo Ordinario’
  
Alberto Rum

Perenne attualità del Rosario
  
Bruno Simonetto

Fatti e persone
  
a cura di Bruno Simonetto

L’icona della "Madre di Dio di Teodoro" detta "Feodorovskaia - Kostromskaia" – 1
  
George Gharib

Anna, donna di profezia
   Luigi De Candido

 "C’è una terra silenziosa…"
  
Simone Moreno

In Libreria

La Mariologia del Beato don G. Alberione - 30
  
Bruno Simonetto

Santuari mariani d'Italia

 

Madre di Dio n. 10 ottobre 2004 - Copertina

 

 

 

 

Apocrifi di personaggi evangelici

di LUIGI DE CANDIDO

Anna, donna di profezia
   

Rivisitando i personaggi del Vangelo, a mo’ di autobiografie quasi apocrife, incontriamo la profetessa Anna, colei che "serviva il Signore notte e giorno nel Tempio, con digiuni e preghiere" (cfr. Lc 2, 37).

"Io sono Anna, la donna che non si allontanava mai dal Tempio santo di Dio, si potrebbe dire. E questa insistenza del sostare nella casa del Signore fu la mia fortuna. Se mi fossi allontanata, non avrei incontrato i genitori mentre portavano al Tempio il bambino Gesù per consacrarlo al Signore: avrei perso l’occasione unica – fine della mia stessa vita – di lodare Dio per la presenza di quel Bambino e di parlare di lui.

Se non avessi pazientato non avrei conosciuto Giuseppe, l’uomo giusto, e Maria, la donna della pienezza dei tempi, servi generosi della parola di Dio che li guidava ad assecondare il suo progetto sulla loro vita e sulla missione del figlio neonato: avrei mancato l’appuntamento ineludibile per parlare in verità del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Mi bastò quell’unico incontro nel tempio per fare luce sulla singolarità della loro identità: nella loro normalità germinavano le straordinarie cose fatte in essi dall’Onnipotente. A me il Signore aveva accordato il dono della profezia: l’occhio sapienziale per leggere nelle profondità dei messaggi e nelle lontananze degli accadimenti, la sensibilità per snodare i sigilli dei misteri, la voce docile per parlare d’un Vangelo, buona notizia antica e finalmente nuova. Sapevo che il Tempio, luogo di Dio, era il luogo del mio incontro, luogo di conclusione delle attese.

Presentazione al Tempio: sulla destra, oltre al Veggente Simeone che accoglie Cristo, la profetessa Anna e Gioacchino. Anna raffigurerebbe anche la Madre di Maria, sottolineando così la natura di Cristo "secondo l'umanità" - Icona d'inizio sec. XV, Museo Russo di San Pietroburgo.
Presentazione al Tempio: sulla destra, oltre al Veggente Simeone che accoglie Cristo, 
la profetessa Anna e Gioacchino. Anna raffigurerebbe anche la Madre di Maria, sottolineando
così la natura di Cristo "secondo l’umanità"
– Icona d’inizio sec. XV, Museo Russo di San Pietroburgo.

Mi resi conto che proprio allora eravamo alla fine del tempo, lungo il quale avevamo aspettato il Messia del Signore. In quei giorni dell’incontro aspettavamo ancora insieme, sostando nel Tempio a Gerusalemme. Ma ciascuno di noi saliva alla dimora del Santo portando la propria storia individuale, sospinto da intima individuale nostalgia.

L’umile fierezza che, donna di profezia, vado servendo la sapienza di Dio, mi conferma che io sono la donna ultima nella processione delle donne dal Misericordioso chiamate ad entrare nella storia sacra antica; che io sono la donna prima ad incontrare il Bambino agli albori della storia sacra nuova. In antecedenza l’Onnipotente si era servito, per concretare il suo progetto di futuro salvato e per costellare la storia di segni benefici, di donne anziane come Sara, rallegrata infine con una maternità sperata contro ogni speranza, sigillo di fedeltà all’alleanza con Abramo e tutti i suoi discendenti; di vedove coraggiose come Giuditta, invitta salvatrice del popolo; di guide come Debora, unica donna nella storia di Israele ad avere il ruolo simultaneo politico di giudice e religioso di profetessa; d’una suocera come l’ebrea Noemi, insieme alla nuora Rut, tornata in Israele dopo la sfortunata migrazione con il marito che muore lontano dalla terra santa, così riportando nella casa paterna il proseguimento della attesa del Messia; d’una madre meravigliosa come la genitrice dei sette figli Maccabei, antesignana per la fede nella risurrezione. Per non dire di Anna, antica sposa sterile di Elcana, per grazia di Dio madre rifiorita del santo servitore di Dio e del popolo, Samuele.

Ciascuna di loro serviva il Signore dando visibilità alla propria vocazione.

Notte e giorno nel Tempio

Io servivo il Signore notte e giorno nel Tempio, con digiuni e preghiere (cfr. Lc 2, 37). La gente che si inoltrava nel Tempio si era abituata alla mia presenza: chi lo frequentava abitudinario per i riti feriali, per devozione privata o per i servigi svariati, da quelli dei maestosi sacerdoti a quelli dei mercanti adescatori; chi veniva pellegrino per la Pasqua in primavera, per la Pentecoste in estate, per la Dedicazione in autunno o per i purìm in inverno, oppure nei giorni dei grandiosi sacrifici. Tutti, entrando dalla ‘Porta Bella’, dovevano transitare, o fermarsi, nel ‘Cortile delle donne’ che era l’ambulacro antistante il ‘Cortile di Israele’ e quello dei Sacerdoti, lontano dall’angolo del Sinedrio e dal ‘Santo dei Santi’.

Presentazione di Gesù al Tempio: Simeone riceve il Bambino tra le braccia, sotto lo sguardo partecipe della profetessa Anna (sulla destra) - Andrej Rublëv, Daniil Cërnnyi e Aiuti [1408], Museo Russo di San Pietroburgo.
Presentazione di Gesù al Tempio: Simeone riceve il Bambino tra le braccia,
sotto lo sguardo partecipe della profetessa Anna
(sulla destra)
Andrej Rublëv, Daniil Čërnnyi e Aiuti [1408], Museo Russo di San Pietroburgo.

Non potevo restare inosservata; ma non ero che un segno. Si sapeva che ero figlia di Fanuèle: mio padre merita di venire menzionato perché il suo nome si legge come ‘il volto del Signore’, appellativo innumeri volte echeggiato e via via inciso nella crescente consapevolezza che per me era incessante memoria della verità del volto del Signore che i Salmi e i Profeti invocavano che lui benevolo ci mostrasse.

A me fu data la grazia di contemplare quel volto nel volto piccino del Bambino portato al Tempio da Maria e Giuseppe.

Cittadina del Tempio, non potevo restare ospite nella Casa del Signore senza in qualche modo sdebitarmi [anche se lui – l’Eterno – non ha bisogno dei nostri servigi: quando li rendiamo a lui, siamo noi per primi ad avvantaggiarci]. Io avevo bisogno di fermarmi nel Tempio; una ispirazione segreta mi sussurrava convincente e sorridente di non allontanarmi mai dal Tempio (cfr. Lc 2, 37). Dico così, consapevole che salivo e scendevo tra la mia casa e il Tempio, dove a nessuno, e tanto meno a una donna, era consentito mettere radici, per così dire: non allontanarmi mai equivaleva a perseverare dovunque "nelle cose di Dio", a stare alla sua presenza come fossi nel Tempio.

Mi preparavo, dunque, all’ora dell’incontro con il Signore, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Il mio digiuno incessante consisteva nell’allineare il progetto della vita sulla radicalità delineata dalla Parola di Dio, portata nella visibilità di astinenze e astensioni, di rinunce e moderazioni, di progressione senza distrazioni. La mia preghiera ininterrotta corrispondeva alla radicalità della relazione con Dio, il Santo e il Signore unico, esternata nelle parole di Salmi e cantici e invocazioni, nei gesti delle ritualità, nelle invenzioni della devozione individuale, nella celebrazione delle liturgie prescritte.

Questa era una opportunità dalla quale non sono escluse le donne: sempre si dirà che la donna è debole e fragile, persona da proteggere ed esentare e altre analoghe sentenze che su qualcosa di vero si possono dedurre; ma, quanto a essenzialità, radicalità, ispirazione noi donne non siamo da meno degli uomini. Ancora alla mia età molto avanzata io stessa continuavo a custodire il dono del Signore di quella maniera di digiunare e di pregare. E continuavo ad essere felice. Continuavo a prepararmi all’incontro con l’Atteso. Digiunare è un segno in negativo: mediazione di un no per favorire una pienezza di Spirito; pregare è intercalare nel tempo soste di spiritualità per maturare la personalità di orante.

G. Parolini, Presentazione al Tempio - Curia Vescovile, Ferrara.
G. Parolini, Presentazione al Tempio – Curia Vescovile, Ferrara.

"Jahvé ha avuto misericordia"

Anni e anni di permanenza nel Cortile del Tempio riservato alle donne, nonché negli altri spazi ad esse non vietati, digiunando e pregando per prepararmi all’incontro promesso nel segreto dialogare con l’Altissimo, mi avevano abituata a riconoscere la gente, a interpretare la loro identità, ad amare le loro vicende. La vita nel Tempio aveva fortificato e motivato le disposizioni, innate pure in me come in ogni essere umano, alla fede e al servizio di Dio, alla solidarietà e all’accoglienza; aveva affinato il dono del discernimento e della misericordia che sono frammenti del dono pieno della profezia. A una profetessa come me non potevano difettare discernimento e misericordia. Io, Anna, porto nel nome la memoria della misericordia: "Jahvé ha avuto misericordia", declamo nel nome. Dare il nome a una figlia non convocava a festa nessuno, come invece accadeva per i maschi; dare il nome a una femmina era operazione feriale come quella di lavarla o di accostarla al seno materno: un momento di simpatia e di tenerezza certamente, ma null’altro di significativo e memorabile. Io imparai ad apprezzare il mio nome; anzi, lo interpretai come un interessamento di Dio il Misericordioso, come il nome dato a me da lui medesimo. Il nostro Iddio ha avuto misericordia di me: sono convinta che la misericordia di Dio coincide con il suo amore per me, come lo è per ogni altra creatura, pur se fosse priva di consapevolezza. Sono convinta che io ero stata mandata a ricordare alla gente la misericordia di Dio.

Anni di dimora nel Tempio avevano acuito il mio senso di discernimento. Il dono della profezia inquadrava il discernimento nella cornice definita dalla misericordia di Dio. Erano indispensabili per riconoscere l’Atteso, per interpretare indizi e segnali affastellati in oracoli e vaticini venerandi, nonché in fantasie e proiezioni di propri umani desideri. Era indispensabile la libertà da uno schema costruito da umana ragione e per soddisfare bisogni contingenti.

Il discernimento profetico sapeva le sorprese di Dio. In quell’ora stavano consacrando al Signore il proprio primogenito una donna e un uomo assiepati nel turno per il loro rito. Non li avevo visti mai prima, non erano mai saliti al Tempio per l’avanti. Erano loro. Era lui. Nessun segno grandioso come nelle teofanie li staccava dalla folla. Ma io i segni distintivi li scorgevo: la disponibilità dei servi del Signore che ascoltano e assecondano la Parola di Dio, la beatitudine della povertà di chi possiede il Regno di Dio, la profezia incisa nel nome di Colui che salverà il suo popolo dai suoi peccati, lo stupore delle cose che si dicevano di Lui.

A. Mantegna, Circoncisione di Gesù - Galleria degli Uffizi, Firenze.
A. Mantegna, Circoncisione di Gesù – Galleria degli Uffizi, Firenze.

Anch’io avevo da dire una cosa stupefacente, essenziale per la comprensione della identità e della missione del Bambino: ecco Colui che aspettavamo per la redenzione di Gerusalemme (cfr. Lc 2, 38). La Gerusalemme bisognosa di liberazione e riscatto non era appena la nostra città, splendida e santa, contesa e vilipesa, arrogante e devota.

L’Atteso veniva per la redenzione della Gerusalemme universale, per salvare l’umanità convocata nella nuova Gerusalemme. Di questo Vangelo, la buona notizia finalmente, io ero serva: a tutti io parlavo del Redentore, il Messia del Signore, Gesù figlio di Maria con il suo sposo in quell’ora presentato al Dio dell’universo per ottenere da lui la consacrazione in vista di quella missione di misericordia.

Avevo completato l’attesa e insieme il servizio. La gente che aspettava aveva ricevuto una luce: a loro la responsabilità di alimentarla. I genitori benedetti e il neonato consacrato scesero dal Tempio, incamminati verso la loro casa: là Lui doveva "crescere in età, in sapienza e in grazia davanti a Dio e agli uomini" (cfr. Lc 2, 52).

E io mi misi a lodare Iddio: ‘Parole di gloria per te, Signore misericordioso, danzano sulle labbra della tua serva; antifone di benedizione erompono dal mio cuore, glorioso nostro Iddio. Tu mi hai custodita per il giorno della misericordia e i miei occhi hanno veduto il tuo Redentore. Io annuncio a tutti che lui è venuto e tu affretta il giorno della salvezza per tutti. Le mie mani alzo a te per offrirti gratitudine, la mia vita ora riposa in pace nella gioia’.

Così è capace di parlare una donna, Anna la profetessa".

Luigi De Candido