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N. 10 ottobre 2004
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Problemi
attuali di mariologia La "donna
forte"
Maria e la Chiesa, tra Nazareth e Golgota: nel loro sofferto cammino della vita di tutti i giorni, fino alla Croce, si svela il volto del mistero della Madre del Signore e della Madre Chiesa. I Padri della Chiesa del Cristianesimo primitivo hanno visto realizzato il canto della "donna forte" (cfr. Pro 31, 10-31) soprattutto nella nostra Madre, la Santa Chiesa; ma poi, dalla loro interpretazione, nel primo Medioevo, fiorì la lode a Maria, la "donna sublime" nella quale si compendiano e si svelano tutti i misteri della Madre Chiesa. E, nello stesso tempo, vi hanno visto anche accennata la legge fondamentale della nostra Grazia: perché l’inno alla "donna forte", a partire da Maria e dalla Chiesa, si deve compiere in noi che – per dirla con le parole di Ambrogio –, per mezzo della nascita dalla grazia del Battesimo siamo divenuti "Maria" e "anime ecclesiali". Per questo, un mistico della scuola di San Bernardo di Chiaravalle può dire, guardando a Maria, alla Chiesa e all’anima come ad un’unica cosa: "Come ‘donna forte’ possiamo intendere Maria, la Madre della Sapienza divina, o la Chiesa madre dei sapienti, oppure anche l’anima, sede della Sapienza".
Più forte della morte Cerchiamo di spiegare con le parole dell’inno alla "donna forte" del Libro dei Proverbi il mistero di Maria e della Chiesa, come si rivelano nel loro pellegrinaggio da Nazareth al Golgota. Tutto comincia con l’Incarnazione di Dio nel seno della Vergine, in questo momento cosmico in cui Maria con il suo sì diviene la madre del Verbo. Infatti, il suo cuore prepara il Sangue che dovrà liberare il mondo da tutti i suoi peccati, ed anche per la madre si delinea la strada che, attraverso tutti gli anni di quotidianità terrena, si avvia senza deviazioni, al Golgota. È questo mistero della sua vita, del suo amore "forte come la morte", fin dal tempo di Nazareth, che viene sottolineato quando nel momento dell’Incarnazione di Dio si ha anche il compimento dell’inno alla "donna forte": "Oh, come era coraggiosa questa donna che nel suo corpo mortale, pellegrina su questa terra malvagia, superò con la sublimità del suo spirito, tutto il creato! Perché Gabriele, che significa ‘potenza di Dio’ fu inviato a Lei, a questa donna forte. Non era forte questa donna, Maria, il cui amore fu più forte della morte?" [Anonimo cistercense]. L’Incarnazione e la morte in Croce sono diventati un’unica cosa; i Sacramenti ne sono l’immagine più alta, perché nella morte della Vittima si edifica il Corpo di Cristo in una quotidiana rigenerazione. Per questo anche nel destino terreno della Chiesa si adempie l’inno alla "donna forte": questa grande donna della storia universale è forte perché ogni giorno va alla morte come generatrice mistica del Crocifisso. Questo sì alla morte che la Chiesa pronuncia imitando Maria e che si realizza nella quotidianità della sua storia, delle sue persecuzioni, dei suoi dolori, la rende forte. Questo ha gridato ai suoi Cristiani il Padre della Chiesa Epifanio di Salamina: "Siete i figli di quella ‘donna forte’ e saggia di cui Salomone tesse la lode con le parole: ‘Una donna forte, chi la potrà trovare?’. Riconoscete con me in questa ‘donna forte’ la Chiesa di Dio, vostra Madre! Perché non c’è nessuno più coraggioso di lei che Maria e la Chiesa, poiché in ogni persecuzione aizzata contro di essa, va alla morte per il nome del suo Sposo".
È come una nave… Un altro versetto dell’inno alla "donna forte" ci conduce ancora più in profondità nel mistero fra Maria e la Chiesa: "È come una nave mercantile che da lontano trasporta il suo vitto…". Maria ha veramente portato "da lontano", dai vertici della sua eternità, il Signore al mondo. A Betlemme, cioè nella "casa del pane" ha dato alla luce Colui che dirà di sé: "Io sono il pane vivo disceso dal Cielo" (Gv 6, 51). Cristo è il pane di Betlemme che trasforma la fame del peccato in un banchetto di gioia, la gemma del tesoro del Padre che rende ricchi gli uomini. La stessa cosa pensavano i Padri quando leggevano della "donna forte" che è come una nave carica che vien da lontano, portando vitto e tesori. Maria è stata questa nave, il bambino di Betlemme è il pane e il tesoro. Efrem Siro canta così in uno dei suoi Inni più belli a Maria: "Essa è una nave, carica dei più preziosi tesori ed ha portato ai poveri la ricchezza celeste. I morti sono stati beneficati, ha portato loro la vita". Già nel IV secolo viene individuato nell’immagine della nave un simbolo della Chiesa: "Senza dubbio, questa nave rappresenta la Chiesa, come ha già detto di lei lo Spirito Santo per mezzo di Salomone: ‘È simile ad una nave mercantile che viene da lontano’. È la Chiesa che, sotto il soffio dello Spirito Santo, naviga dovunque, portando con sé il tesoro di ineffabile grandezza, il sangue di Cristo, per mezzo del quale è redento tutto il genere umano, tutto il cosmo". In Maria e nella Chiesa il mondo da miserabile diventa ricco e l’umanità affamata è saziata. Con questo mistero del Sangue donato da Maria e distribuito sacramentalmente dalla Chiesa, è caratterizzata anche la quotidianità di questa "donna forte".
Con il sì di Maria all’Incarnazione non veniva data solo l’adesione alla morte umana del Redentore, ma anche la rinuncia terrena di ogni giorno a suo Figlio, una rinuncia che nel corso della vita diventò sempre più esigente, cioè lenta e quotidiana fino alla morte del Figlio sulla Croce. Lo stesso avviene nella Chiesa: tutta la sua storia è un "andare verso la morte", un oblìo che diviene sempre più grande, una preoccupazione quotidiana per Cristo suo Sposo. Agostino lo dice ai suoi fedeli in una bellissima predica dove spiega l’inno alla "donna forte" riferito alla Chiesa: "Chi fra voi ha già sentito questo testo – inizia così – dice in cuor suo, e lo si nota dalla sua attenzione: questa deve essere la Chiesa!". E poi ne illustra la vita: "Tiene pulita la sua casa lavorando con gioia, vegliando premurosa, di notte si alza e controlla che la lampada non si spenga, coraggiosa nelle avversità, si preoccupa dei beni ancora da procurare, gira infaticabile la sua conocchia e non mangia il pane nell’ozio…". Veramente essa è Maria della storia universale; ed ogni volta che nella sua dolorosa storia la Chiesa si è allontanata dall’immagine ideale della "donna forte", non è più stata la vera madre di Cristo. Solo questo infatti è il suo compito: andare da Nazareth al Golgota. Qui si rivela il nuovo mistero mariano della Chiesa, il mistero della sua quotidianità e della sua storia dolorosa: "La donna forte è la santa Chiesa cattolica. Viene chiamata ‘donna’ perché partorisce per Dio figli spirituali dall’acqua e dallo Spirito Santo. Viene detta ‘forte’ perché disdegna tutto il dolore e tutta la gioia di questo mondo terreno e li disprezza in forza della fedeltà nell’amore per il suo Creatore e Salvatore" (Solonio di Ginevra). Giuseppe Daminelli |
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