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N. 10 ottobre 2004
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Con Maria nel nuovo millennio ![]() di STEFANO DE FIORES Maria,
artefice di pace nell’itinerario cristiano Maria è tipo antropologico riassuntivo, compendio vivo e significante del grande valore della pace messianica, inaugurata da Cristo, "Dio della pace". Maria indica la via della pace quando dice ai servi: "Fate quello che egli vi dirà" (Gv 2, 5), mostrando in tal modo il carattere relazionale della sua persona in rapporto a Cristo, Alfa e Omega del cammino di pace dell’uomo. Se la vita spirituale è sintonia costante con il Dio della pace, essa non può svolgersi al di fuori di un dinamismo pacificatore proiettato nella storia. Più ancora, poiché la pace appartiene all’identità delle Tre Persone divine, l’essere umano non può sottrarsi a riconoscersi caratterizzato essenzialmente da essa. La prassi di pace non s’improvvisa. Pur essendo dono di Dio e rispondendo all’intima natura delle persone umane, essa richiede l’impegno responsabile dei singoli e delle Comunità. D’altra parte, il cammino dell’homo viator è scandito dal ritmo del tempo e ha bisogno di esso per maturare.
Servire la causa della pace Il consenso responsabile di Maria alla proposta salvifica di Dio rappresenta un’apertura di fede al Figlio dell’Altissimo, il cui regno di pace non avrà fine (cfr. Lc 1, 33.38). Ella sperimenta nella gioia la pace ineffabile di chi si sente sotto lo sguardo benevolo di Dio (cfr. Lc 1, 28.48) e diviene modello del cristiano chiamato a vivere non già sotto il segno della paura di Dio e dell’inimicizia verso il prossimo, ma – al contrario – a vivere in pace con le Persone della Trinità e con tutti. Non può servire la causa della pace chi non possiede la pace nel cuore: "Tieniti prima in pace e allora potrai pacificare gli altri" – dice l’Imitazione di Cristo. Si tratta di abbandonare ogni ostilità contro Dio ed insieme di liberarsi da ogni sentimento di disarmonia verso il prossimo. Acquisire la pace con Dio, accogliendo nella fede l’opera riconciliatrice di Cristo, è il bene fondamentale della coscienza cristiana rinnovata: "Giustificati dunque per mezzo della fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 5, 1). Questa pace interiore che "sorpassa ogni intelligenza" (Fil 4, 7) è il risultato del perdono del Padre ed implica l’incontro con il suo Volto misericordioso. Alle false o imperfette immagini di Dio, che suscitano paura e distanza da lui, occorre sostituire quella che scaturisce dalla convinzione che Dio "mostra il suo amore verso di noi" (Rm 5, 8). è nient’altro che l’esperienza del Vangelo come annuncio di gioia proveniente dal fatto che Dio ama gli uomini (cfr. Lc 2, 14; Gv 3, 16). Occorre quindi avvicinarsi a lui con fiducia filiale, dimorare in lui senza timore e nella libertà dei figli (cfr. Eb 7, 25; Gal 5, 1; 1Gv 4, 16-18). Qualora trionfasse in noi la tentazione di Meriba o cadessimo in altri peccati, è sempre possibile la riconciliazione con Dio mediante il Sacramento della Riconciliazione affidato al ministero della Chiesa (cfr. Gv 20, 22-23). Il segno sacramentale è incontro con Cristo che rinnova il giudizio di morte al peccato e riconcilia con il Padre per farci vivere la vita nello Spirito. Non per nulla, dalla storia dei Santuari e delle Apparizioni più recenti della Vergine emerge il forte richiamo di Maria alla penitenza e alla conversione.
Promozione della cultura di pace I compiti del cristiano che intende edificare la pace sono differenti, ma inseparabili. Essi comprendono un’attuazione della beatitudine della pace, l’esclusione dell’aggressività e la promozione del dialogo.
Il termine eirenopoioi [composto da pace e da fare] avverte che non si tratta di sognare un mondo incantato, ma di "fare" qualche cosa di concreto, nel mondo così com’è, con i suoi tremendi antagonismi, egoismi, durezze e contraddizioni. Si deve "fare" la pace, nello stesso senso con cui si "fa" un ponte o una casa: cioè, si deve costruirla con il proprio sforzo. L’attività promotrice della pace non si limita alla sfera individuale, ma si estende a tutti gli uomini in generale: "Vivete in pace con tutti" (Rm 12, 18); "Cercate la pace con tutti" (Eb 12, 14). In modo particolare, la pace concerne l’unico corpo che è la Chiesa, che deve "conservare l’unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4, 3). L’uomo spirituale è invitato a diventare vitalmente ciò che già è nelle profondità del suo ‘io’ umano e cristiano. Dall’azione per la pace dovrà passare all’essere-pace.
Il cristiano mostra la sua maturità quando respinge ogni connivenza con i "circoli diabolici" (J. Moltmann) in cui si concentrano le forme del male del nostro tempo: corruzione nelle professioni e nella gestione della cosa pubblica, miseria e sperequazioni sociali, forme mafiose e di criminalità organizzata, spaccio di droga, agenzie di pornografia e sfruttamento della donna... In questi campi si richiede coraggio profetico e incorruttibilità morale, ma insieme presenza sapienziale ed evangelica. La Vergine Madre ha sperimentato nella sua anima la trafittura della spada di grande dimensione che è piombata su di lei ogniqualvolta Gesù è contraddetto dall’ottusità e malizia degli uomini (cfr. Lc 2, 34-35). La madre si è messa dalla parte del Figlio, preferendo essere vittima con lui. Ella diviene modello di quella opzione di campo che deve caratterizzare i Cristiani: mai dalla parte dell’ingiustizia e della disonestà, ma con chi agisce nella rettitudine dinanzi a Dio e all’umanità.
Si aprono qui diverse aree in cui esercitare il dialogo e la solidarietà: l’ascolto tra le parti sociali in vista del rispetto dei loro diritti e sostituendo la collaborazione alla lotta vicendevole, il risanamento del rapporto uomo-donna nel contesto della reciprocità, al di là della svalorizzazione del mondo femminile, l’accettazione ecumenica delle varie religioni e la comunione con tutti i credenti nella preghiera e nella promozione della pace. Maria di Nazareth, icona di pace Più praticamente, ogni cristiano ha molto da imparare dalla contemplazione della vicenda evangelica di Maria, in particolare nei conflitti personali e comunitari. Talvolta pensiamo che la vita della Vergine sia stata rose e fiori, senza difficoltà e tentazioni: una vita da Madre di Dio, quindi servita dagli Angeli, privilegiata da Dio, amata dagli uomini e donne del suo tempo. II Vangelo ci presenta una versione diversa: Maria di Nazareth conosce povertà economica, assenza di privilegi umani, fuga in un Paese straniero, dolori e sofferenze, ma anche numerosi conflitti interiori e comunitari. Maria conosce un profondo turbamento all’annuncio dell’Angelo di una maternità verginale inaudita e fuori dai propri progetti. Non c’è ‘armonia’ tra la situazione di Maria e il disegno che le viene annunciato. Maria risolve questo conflitto con un dialogo serrato con il messaggero di Dio, di cui Luca ha probabilmente conservato solo qualche battuta. Chiarite le difficoltà, Maria offre a Dio un consenso pieno e responsabile, frutto di matura decisione.
Con Giuseppe, invece, la Vergine adotta il metodo del silenzio. Sa tacere, lasciando al tempo – anzi, ancora più a Dio – di spiegare ciò che è sua opera. Certi conflitti hanno bisogno di periodi più lunghi e si risolvono non per crisi (improvvisamente), ma per lisi (gradatamente). Maria preferisce perdere ed essere abbandonata, piuttosto che forzare le situazioni. Il suo è l’atteggiamento del giusto che si abbandona nel Signore, quando i mezzi umani risultano incapaci e sproporzionati. Con Gesù stesso le relazioni di Maria sono sotto il segno della difficoltà. Gesù infatti ha un comportamento che sconcerta, a partire dallo smarrimento nel Tempio e fino alla sua dottrina circa i legami con la famiglia terrena. Chiaramente, l’evangelista afferma che non solo Giuseppe, ma pure Maria "non compresero" le parole di Cristo dodicenne. Anche se si tratta di una incomprensione provvisoria, superata da Maria, questa volta, mediante la meditazione: "Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore" (Lc 2, 51). È una meditazione sapienziale, che vuole comprendere per attualizzare. Infine, Maria conosce i conflitti comunitari in rapporto alle dicerie del paese circa il suo concepimento di Gesù e soprattutto all’atteggiamento del suo clan familiare. Questo clan era inizialmente ostile a Gesù: organizza una spedizione per fermare la missione di lui, considerandolo troppo impegnato o addirittura fuori di sé (cfr. Mc 3, 21). Anzi, Giovanni afferma che "neppure i suoi fratelli credevano in lui" (Gv 7, 5). Il comportamento di Maria consiste nel non rompere la comunione con il suo clan: ella, la credente, fa gruppo con i familiari increduli. Li vediamo insieme, finché anch’essi passano definitivamente dalla parte di Gesù. Obbedienti all’ordine del Signore, salgono alla camera alta della casa per perseverare nella preghiera in attesa dello Spirito. Non sono solo gli Apostoli, ma anche "alcune donne, con Maria madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1, 14). Splendida vittoria della testimonianza e della comunione! Maria, donna di pace messianica e icona della pace trinitaria, ci insegni ad essere operatori autentici di pace. Stefano De Fiores |
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