uesta
volta lasceremo soprattutto spazio alla teologia nel senso stretto del
termine. Vorremmo innanzitutto far emergere due figure ormai storiche.
Da un lato, facciamo entrare in scena il cardinale John Henry Newman
(1801-1890), il famoso pensatore inglese convertitosi al cattolicesimo
dall’anglicanesimo, una straordinaria figura la cui opera è
sistematicamente presentata dalla Jaca Book, che ora ci offre, a cura di
Luca Obertello, la traduzione, eseguita da Alfonso Prandi, del saggio Lo
sviluppo della dottrina cristiana (2003, pagg. 452, euro 33,00). Si
tratta di un testo corposo e
impegnativo del 1845 che sostanzialmente motiva l’adesione dell’autore
al cattolicesimo, compiuta proprio penetrando all’interno di una delle
questioni capitali della teologia, quella dello sviluppo autentico del
dogma secondo criteri coerenti e corretti.
Lo Spirito Santo, infatti, conserva il
"deposito" della fede nella Chiesa così come ci è stato
trasmesso dalle Scritture ma non in maniera asettica e materiale. La sua
missione è anche quella di svelarne progressivamente le ricchezze e di
esprimerle secondo il divenire dei tempi, delle culture, delle idee. La
stessa tradizione patristica, che Newman ben conosceva, ne è un’attestazione
emblematica. L’autore elabora, così, sette criteri che fungerebbero
quasi da cartina di tornasole per la verifica della correttezza dell’evoluzione
dottrinale: la permanenza di una unica tipologia, la continuità dei
principi, il potere di assimilazione, la coerenza logica, l’anticipazione
dello sviluppo futuro, la conservazione della sostanza del passato, il
vigore perenne. Questo settenario è, poi, applicato in una serie di
esempi tematici e storici.
D’altro
lato, introduciamo una figura rilevante del Novecento teologico
cattolico, Romano Guardini (1885-1968), di cui la Morcelliana sta
pubblicando la maggior parte delle opere. Ora è la volta della Conversione
di sant’Agostino (traduzione di Virginia Fuleschini, 2002, pagg.
314, euro 19,50), un testo apparso nel 1935. Affascinato dalla
personalità del grande protagonista, il teologo tedesco di origini
italiane ne segue l’itinerario interiore, nella convinzione dell’assoluta
modernità di un "pensatore esistenziale" tanto popolare nel
Medioevo ma in realtà poco compreso nel suo cuore intimo e nella sua
originalità. Ci vorrà Pascal per svelare l’attualità estrema di
Agostino, capace di intrecciare esperienza personale e riflessione
teologica. Certo, il ritratto di Guardini è più intuitivo che metodico
e, forse proprio per questo, la sua lettura risulta stimolante e
creativa.

L’inscindibile nesso
tra fede e ragione
Passiamo poi alla teologia sistematica in senso
stretto e ad autori contemporanei. Vorremmo evocare innanzitutto un
teologo meridionale, docente alla Pontificia Università Lateranense,
che
entra
in libreria con due testi paralleli. Si tratta di Giuseppe Lorizio, 51
anni, che presenta La logica della fede (San Paolo, 2002, pagg.
408, euro 24,00) e Fede e ragione (Paoline, 2003, pagg. 229, euro
12,50). L’orizzonte entro cui si sviluppano questi scritti è quello
della teologia fondamentale. Il primo è l’elaborazione di una serie
di saggi (non per nulla il sottotitolo parla di "itinerari"),
ma in filigrana si intravede un filo conduttore che ha la sua
originalità nel calibrare la dimensione fondativa permanente della fede
cristiana con quella
contestuale
evolutiva. Per certi versi ci ritroviamo nell’ambito sopra delineato
da Newman, ma percorso con nuove sensibilità e criteri di orientamento.
Questo progetto, per altro molto praticato nell’attuale riflessione
teologica, è formalizzato in modo nitido e sintetico nell’altro
volume che parte appunto dalla Fides et ratio di Giovanni Paolo
II, dalla quale è mutuato non solo il titolo ma anche l’immagine
suggestiva delle "due ali". I limiti di queste segnalazioni
impediscono l’approfondimento della proposta, ma vorremmo sottolineare
l’interessante puntualizzazione della "metafisica della
carità" che permette di ripensare il nesso fede-ragione.
Già Lorizio nelle opere citate rimandava all’orizzonte
sacramentale della Rivelazione, e in particolare al «segno eucaristico
dove l’unità inscindibile tra la realtà e il suo significato
permette di cogliere la
profondità del mistero». Ebbene, riserviamo un’attenzione
particolare anche a due testi di teologia sacramentaria. Il primo,
scritto a più mani (raccoglie gli atti di un corso di aggiornamento),
punta sul battesimo tenendo conto soprattutto della prassi pastorale
italiana: Il sacramento della fede (a cura di Maurizio Aliotta
per l’Associazione teologica italiana, San Paolo, 2003, pagg. 219,
euro 15,00). Sono molti i dati offerti in queste pagine, sia dal punto
di vista storico, sia dal punto di vista sistematico, sia da quello
pastorale. Anche qui affiora il problema del riproporre i fondamenti
dottrinali in contesti storico-culturali in fervida elaborazione ed
evoluzione e non manca neppure il confronto interreligioso con altri
riti di iniziazione alla fede, come si marca la necessità di una
declinazione piena, viva e rinnovata dei contenuti del sacramento.
Più classico e solenne nell’impostazione è,
invece, quello che potremmo definire un trattato sulla Confermazione
nella tradizione della Chiesa latina, opera del gesuita Arturo
Elberti dell’Università Gregoriana (San Paolo, 2003, pagg. 692, euro
38,00). Siamo in
presenza
di un sacramento che è stato da sempre oggetto di discussioni, già a
partire dai suoi fondamenti biblici, che è stato originariamente
definito dalle liturgie orientali e che è un po’ appannato nella
prassi pastorale più recente. Questo vasto studio
teologico-storico-sacramentario lo delinea a tutto tondo, nella
consapevolezza che sia necessario un disegno compiuto per poterlo far
rivivere non solo nella sua celebrazione, ma anche nella sua efficacia
esistenziale. La ricchezza dei materiali che sono imbanditi davanti al
lettore quasi come in una mensa stracolma raggiungono pienamente questo
scopo, anche se l’impianto – che ricalca quello classico dei
trattati – può creare qualche appesantimento.

Lettera agli Efesini: un’analisi
suggestiva
Non vogliamo, a questo punto, lasciare la nostra
rubrica priva di qualche segnalazione relativa agli altri generi della
bibliografia religiosa. Per i testi biblici ci sembra interessante
ritornare su una collana di commenti che le Paoline stanno da tempo
mettendo in libreria: si tratta di commenti di esegeti italiani spesso
ancora poco
noti
ma scientificamente ben attrezzati. È ora la volta della Lettera
agli Efesini, un testo del corpus paolino tutt’altro che
facile, presentato dal friulano Stefano Romanello, 42 anni (Paoline,
2003, pagg. 301, euro 25,00). Come è accaduto per altri volumi di
questa collana, si cerca di far coesistere due metodi di analisi
apparentemente antitetici, quello storico-critico classico, che è di
sua natura diacronico, con l’approccio più sincronico di taglio
letterario e retorico. I risultati, anche se non sempre omogenei e
definitivi, sono comunque molto suggestivi, in particolare per uno
scritto come gli Efesini di impronta oratoria, appassionata e di
stile "amplificante". La prospettiva ecclesiologica universale
e l’inedita impostazione di alcune categorie teologiche spingono
Romanello a confermare il carattere pseudoepigrafico della Lettera.
Infine, per la letteratura spirituale non abbiamo
esitazione nel suggerire un personaggio medievale inglese, Aelredo di
Rievaulx,
morto
a 57 anni nel 1167, riscoperto in questi ultimi decenni anche in Italia,
soprattutto per la sua opera Amicizia spirituale e per l’impegno
critico di Domenico Pezzini. A quest’ultimo dobbiamo anche la recente
edizione della Regola delle recluse (Paoline, 2003, pagg. 226,
euro 18,00), con una vasta e importante introduzione. Composta per la
sorella monaca, l’opera, proprio perché è un compendio di norme
spirituali destinate a reggere la quotidianità dell’esperienza
monastica, diventa uno specchio dei luoghi, dei riti, delle difficoltà
e delle glorie di una vita scandita da ritmi costanti ma anche
misteriosi e segreti, capaci di coniugare «la vastità del cielo con l’angustia
della cella».
Gianfranco Ravasi