Dossier - Cattolici e Resistenza Resa
della Resistenza?
di Diego Marani
A sessant’anni dalla
Liberazione, in Italia soffia il vento del revisionismo. Ma l’antifascismo
è davvero un ideale superato? La Carta costituzionale, che su di esso
si fonda, può davvero essere stravolta? E quale fu il ruolo dei
cattolici nella nascita della nostra democrazia?
Hanno memoria
le querce Il
25 aprile di sessanta anni fa l’Italia veniva
definitivamente liberata dal fascismo e dall’occupazione
nazista. Che parte ebbero i cattolici nella Resistenza e nella
transizione? In che modo il contributo dei credenti influenzò
la stesura della Costituzione della nuova democrazia, nata
dall’opposizione alla dittatura? Domande attuali,
specialmente in tempi di revisionismo storico, in cui si tende
a parlare della lotta partigiana come di una «guerra civile»
e a porre sullo stesso piano chi combatteva per riconquistare
la libertà e chi stava con i repubblichini. Domande attuali,
mentre la nostra Carta costituzionale è sottoposta a una
riforma radicale che rischia di stravolgerla. Per questo, non
bisogna dimenticare.
a cura di Giovanni Ferrò |
Da
qualche anno, e non solo il 25 aprile, sembra essere molto cambiato il
modo con cui si ricorda la Resistenza e quel periodo cruciale che inizia
nell’aprile 1945, prosegue con il referendum tra repubblica e
monarchia e si conclude con i lavori dell’Assemblea costituente. Oggi,
a sessanta anni di distanza dalla Liberazione, mentre in alcuni settori
dell’opinione pubblica il dibattito è ricorrente e talvolta acceso,
in non pochi ambienti cattolici si assiste a un progressivo affievolirsi
della memoria nei confronti del binomio Resistenza-Costituzione.

Un gruppo di partigiani viene fucilato da
un reparto di Brigate nere
a Villamarzana, vicino Rovigo. Nell’immagine si intravede un sacerdote
che si allontana dopo aver portato loro l’ultimo conforto religioso.
La Resistenza è dunque da mandare in archivio? L’antifascismo è
un ideale superato? E la Costituzione italiana, che su questo nesso si
è fondata, può essere tranquillamente riscritta? Agostino Giovagnoli,
professore ordinario di Storia contemporanea all’Università Cattolica
di Milano, avverte: «Non si può affrontare l’argomento prescindendo
dal clima culturale e politico della società italiana, che è molto
cambiato. L’enfasi sulla Resistenza è sempre meno forte: questo
processo è iniziato negli anni Ottanta, prima ancora cioè del crollo
del Muro di Berlino e prima della crisi dei partiti tradizionali al
principio degli anni Novanta. Non si tratta dunque di un discorso
specifico della Chiesa italiana, anche perché, almeno a livello
ufficiale, forse non compete direttamente ai vertici delle gerarchie
ecclesiastiche intervenire direttamente su questi temi. Il problema è
più generale: anche attraverso incontri pubblici con gruppi cattolici
di base, divento sempre più consapevole che esiste una fortissima
ignoranza sul nesso Resistenza-Costituzione. Spesso bisogna ricordare e
spiegare anche le nozioni più semplici di quello che è accaduto dal
1943 al ’45 e poi dal ’45 al ’48. Tutto ciò facilita un’accettazione
acritica, passiva e purtroppo spesso anche inconsapevole delle tendenze
revisioniste di questi ultimi venti anni. Le nuove generazioni sono
sempre più ignoranti, nel senso che ignorano sempre di più la nostra
storia. Anche per questo il nesso Resistenza-Costituzione è stato
rimosso».

Partigiani nei giorni della Liberazione.
«Esiste inoltre un altro fattore, di lunga durata, che può spiegare
le difficoltà in ambito cattolico», prosegue Giovagnoli. «Questo si
è sempre dovuto giustificare per non aver partecipato – o per aver
partecipato con numeri estremamente minoritari – alla Resistenza
armata. Il contributo cattolico alla Resistenza è invece stato
importantissimo proprio perché si è sviluppato anche al di fuori della
Resistenza armata; perché ha creato quel tessuto di solidarietà –
grazie all’aiuto alla popolazione e ai partigiani – che tra il 1943
e il ’45 ha svolto un ruolo decisivo, anche se talvolta indiretto.
Questa forma di Resistenza, che è stata prima di tutto morale, è stata
una forza di lungo periodo che ha interessato una componente assai vasta
della popolazione italiana. Solo negli anni Novanta però, anche grazie
a una serie di convegni organizzati dall’Istituto Sturzo, questa
consapevolezza è uscita dal sommerso; prima gli ambienti cattolici
hanno sempre avuto una sorta di timidezza ad affrontare il binomio
Resistenza-Costituzione. Bisogna invece rivendicare il contributo
cattolico alla Resistenza non solo perché esso è storicamente vero, ma
anche perché la Costituzione ha un intrinseco valore antifascista: ed
è indiscutibile che i deputati cattolici dell’Assemblea costituente
ne avessero una profonda consapevolezza».

Milano sotto i bombardamenti alleati.
Alcuni hanno ipotizzato che una delle ragioni della scarsa memoria da
parte della Chiesa nei confronti della Resistenza consista anche nella
difficoltà di elaborare la violenza che la ha accompagnata. Alberto
Melloni, docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e
Reggio Emilia, precisa: «Per molti anni la violenza della guerra e del
dopoguerra è stata ritenuta non sanzionabile per uno scopo più alto.
Anche gli strascichi della guerra civile, che comprendevano la violenza
contro i cattolici e le uccisioni dei preti, per molto tempo non hanno
avuto quello spazio che oggi hanno a vari livelli. C’è infatti un
piano d’interesse storico che sta crescendo; c’è anche un piano di
elaborazione politica della violenza e della memoria dove invece pesano
interessi politici che hanno buon gioco a prevalere, perché il discorso
sul binomio Resistenza-Costituzione è stato dissanguato dalla retorica,
che ha fatto più danni di qualsiasi commissione o proposta di legge».

Papa Pio XII riceve in udienza padre
Agostino Gemelli.
La Resistenza è finita da sessant’anni, i testimoni diretti
rimasti sono i giovanissimi di allora. I ricordi e i giudizi ancora
contrapposti non mancano, però si assiste sempre più spesso al
tentativo di porre sullo stesso piano fascisti e antifascisti, i
sostenitori – fino all’ultimo – di Mussolini e i partigiani. Le
ragioni alla base di questo atteggiamento sono la «buona fede» che
alcuni vogliono riconoscere a chi si è schierato – credendoci – sia
da una parte che dall’altra; il rispetto dovuto a tutte le vittime
della violenza (vanno in questa direzione i ricorrenti interventi di una
parte dell’opinione pubblica nel ricordare le violenze compiute dai
partigiani oppure il dibattito provocato dalla grande diffusione del
libro Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa, Sperling &
Kupfer, 2003); la necessità di arrivare ad avere una memoria non
lacerata e non lacerante del Paese. L’ultimo esempio (in ordine
cronologico) di questa duplice tendenza è la proposta di legge che mira
a equiparare, come «belligeranti», i fascisti che hanno combattuto per
la Repubblica di Salò ai partigiani.
Insomma: l’antifascismo – anagraficamente invecchiato – sembra
in crisi, per parafrasare il titolo di un recente libro di Sergio
Luzzatto (La crisi dell’antifascismo, Einaudi, 2004), in cui l’autore
avverte: «Il rischio di una memoria condivisa è una "smemoratezza
patteggiata", la comunione della dimenticanza».

Un falò sulle montagne della Val d’Ossola
per segnalare
agli aerei alleati le zone per il lancio di rifornimenti.
Sull’interpretazione della guerra civile che ha diviso l’Italia
dal 1943 al ’45 si è sviluppata una «guerra della memoria» oggi
più che mai politicamente strumentalizzabile. Già l’espressione «guerra
civile» è stata oggetto di discussioni assai accese, da quando Claudio
Pavone pubblicò (Una guerra civile, Bollati Boringhieri, 1995)
il suo libro che ha segnato una svolta nel dibattito, non solo
storiografico, sulla Resistenza.
Se il contributo cattolico alla Resistenza – ormai storicamente
accertato – rimane avvolto in una memoria insonnolita, diventa quasi
inevitabile dimenticare anche il contributo cattolico e la dimensione
antifascista della Costituzione: questo capita mentre sempre più spesso
si parla di cambiare profondamente la Carta fondamentale dell’Italia
repubblicana. In un simile contesto, anche negli ambienti cattolici,
voci come quella di un altro storico, Pietro Scoppola – che non manca
di ribadire «il contributo determinante» dato dai deputati cattolici
alla Assemblea costituente, indicandolo anzi come «l’esempio più
alto di quella capacità di esprimere valori ed esigenze cristiane,
nelle singole situazioni storiche, in forme compatibili con altre
tradizioni culturali così da allargare il consenso» –, rischiano di
essere minoritarie o isolate.

Un posto di blocco di partigiani, ancora
in Val d’Ossola.
Alberto Melloni osserva che «non è cambiata solo la Chiesa, è
cambiata non di meno l’Italia. Se nel dopoguerra e soprattutto all’interno
dell’Assemblea costituente la Dc aveva svolto la funzione di
rappresentare le istanze della Santa Sede, negli anni successivi essa ha
svolto anche la funzione di "proteggere" la Chiesa da un’eccessiva
esposizione. La Dc mediava le culture cattoliche nella politica italiana
e gli ambienti ecclesiastici le fornivano i loro uomini, talora i
migliori».
Secondo Melloni, però, «oggi la Chiesa italiana – che, come tale,
è nata solo con il Concilio Vaticano II – non ha più la mediazione
di un partito cattolico: o si espone direttamente o cerca di volta in
volta l’accordo con il referente di turno. Per la Santa Sede, la
Costituzione italiana doveva garantire che l’Italia fosse uno spazio
protetto in ambito sia nazionale sia internazionale, per salvaguardare
la propria esistenza rispetto non solo alla minaccia comunista ma anche
alla democrazia "individualista" di tipo americano: per
ottenere questo, la Santa Sede ha voluto e favorito la nascita di un’Italia
unita e solidale, di un Paese pacificato e pacifico. Oggi tutto questo
sembra essere cambiato: la Chiesa sembra credere – o forse si illude
– che l’Italia possa fare a meno di questa coesione, possa o debba
dividersi per un miglior bene. Dunque è naturale che il valore della
Costituzione sembri interessare di meno: chi ha in mente un
sistema-Paese ragiona di Costituzione, chi ha in mente un sistema
politico ragiona di politica, anche a costo di rischiare di fare dell’esperienza
cristiana il cappellano di una scala di valori».

Benito Mussolini e Alessandro Pavolini a
Milano nell’aprile 1945,
durante la visita alla caserma della Legione "Muti" (foto
Farabola).
Venuta meno la Dc e questo suo ruolo, ci si potrebbe anche domandare
quale sia il rapporto Resistenza-Costituzione nei partiti che oggi
sostengono di ispirarsi ai valori cristiani. Giovagnoli non nasconde
alcune perplessità in proposito: «Innanzitutto bisognerebbe domandarsi
se oggi ci siano partiti che si ispirano dichiaratamente ai valori
cattolici. Mi sembra che il riferimento sia sempre più indiretto,
mentre tutti – chi più chi meno – si dichiarano "laici".
Per quanto riguarda il binomio Resistenza-Costituzione, occorre
ricordare che la Dc è sempre stata antifascista; sempre, da De Gasperi
a Martinazzoli. Certo, magari con non pochi compromessi, come negli anni
Cinquanta. Però l’ispirazione cristiana non è mai stata disgiunta
dall’antifascismo: Moro l’ha sempre ricordato, fin dai tempi dell’Assemblea
costituente. Oggi invece il legame tra valori cattolici e antifascismo
non viene più ribadito».
Se dunque è cosi, esiste un aspetto della Resistenza valido ancor
oggi che possa essere un punto di riferimento addirittura per l’immediato
futuro? Scoppola, ancora dieci anni fa, scriveva nel suo volume 25
aprile. Liberazione (Einaudi): «Questo aver vissuto insieme, tutti
gli italiani, donne e uomini, combattenti e non, un momento di
eccezionale rilievo morale è forse l’eredità della Resistenza intesa
nel suo significato più profondo e comprensivo».

Il cardinale Alfredo Ildefonso Schuster,
arcivescovo di Milano
ai tempi della Liberazione.
Che cosa è rimasto allora, di quella spinta ideale? Per Giovagnoli, «nonostante
tutto, è rimasto moltissimo. Soprattutto nella Costituzione, che ancor
oggi dimostra tutta la sua longevità e validità. Con tutti i discorsi
che si sono fatti attorno al presunto passaggio tra prima e seconda
Repubblica, nessuno è ancora riuscito a stravolgere la Costituzione,
nonostante gli infelici tentativi di modifica del titolo V. Permane una
sorta di timore reverenziale: è ancora forte l’idea che la
Costituzione non si possa stravolgere. Proprio la sua longevità è
forse la dimostrazione più forte di quella spinta ideale che ha origine
nella Resistenza».
«Pensiamo inoltre», aggiunge Giovagnoli, «a quella formidabile
pietra di inciampo che è l’articolo 11: esso esprime la rivolta
contro la guerra e contro la violenza ben presente tra i deputati dell’Assemblea
costituente. Oggi l’Italia non ripudia più la guerra come strumento
di risoluzione delle controversie internazionali, anzi... L’articolo
11 rimane però un importantissimo elemento per evidenziare questa
contraddizione».

L’abate di Montecassino viene fatto
evacuare dalle autorità militari
tedesche dopo il bombardamento del monastero del 15 febbraio 1944.
Per sottolineare il silenzio sceso sul contributo cattolico alla
Costituzione italiana si potrebbe confrontarlo con il rumore provocato
dal dibattito attorno alla Costituzione europea e alle sue invocate
radici cristiane: in tale dibattito, in Italia, non sono state molte le
voci che hanno ribadito l’attualità della nostra Costituzione. Un
paragone improprio? Melloni distingue: «Si potrebbe anche pensare che
sia stata un’occasione mancata. Però si deve ricordare che Pio XII
non ha mai richiesto di inserire le "radici cristiane" nella
Costituzione italiana, perché il suo non era un obiettivo simbolico.
Invece la Costituzione europea è stata vista in ambito cattolico
soprattutto come un contenitore di aspetti simbolici».
«Il rischio», conclude Melloni, «è che nel dibattito sulle
riforme costituzionali anche in Italia si dimentichi che la Chiesa e i
cattolici – che di questa società sono parte viva – non possono
limitarsi a una battaglia sui simboli o sui principi, ma possono e
devono contribuire al bene comune presidiando la verità, la trasparenza
democratica delle decisioni, la purezza del linguaggio, contro l’idea
che nella babele del "cambiamento" ogni manomissione sia
innocua».
Diego Marani
Segue: I "ribelli
per amore" nelle pagine di don Luisito
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