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EUROPA

Diario di una curata di campagna

A casa Hayns, in quel di Oxford, l'agitazione è palpabile. Clare, madre di tre maschietti – 13, 10 e 5 anni – tra poco più di un'ora dovrà servire la sua prima funzione. Il giorno prima, nella meravigliosa cattedrale anglicana di Christ Church stipata fino all'inverosimile, nota per la sua magnificenza tardo-romanica oltre che per la sua vicinanza alla sala da pranzo della saga di Harry Potter, è stata ordinata diacono assieme ad altri sette uomini e due donne. John, il marito, dispensa al telefono le ultime disposizioni per la festa post-celebrazione e pensa al cibo per il cane, ma ci sono i ragazzi da preparare, la predica da ritoccare e manca ancora di sistemare dalmatica e stola nella ventiquattrore. «Il mio percorso verso il sacerdozio », dice la diaconessa mentre guida l'auto inoltrandosi nell'incantevole campagna dell'Oxfordshire, «durerà ancora un anno. In questi dodici mesi potrò sperimentare personalmente cosa significa la vita da ordinata e se è veramente questa la mia vocazione. Dopodiché, se oltre a me anche la Chiesa lo vorrà, potrò divenire prete».

Alcune donne incinte in una casa di accoglienza cattolica americana per mamme single.

Veduta di Oxford (foto A. NEKRASSOV/FOTOLIA).

Il viaggio all'interno della vita ordinaria di un futuro prete donna della Chiesa d'Inghilterra, inizia in macchina, destinazione Woodstock, una minuscola cittadina dal passato illustre. In una camera del monumentale Blenheim Palace, infatti, è nato Winston Churchill. Qui, nella chiesa affollata da fedeli curiosi di conoscere il nuovo diacono, e in altre tre parrocchie di piccoli centri, per almeno quattro anni la curata svolgerà la sua attività pastorale, «poi deciderà il vescovo». Clare Benyon, 43 anni, ha cominciato a considerare la possibilità di divenire prete cinque anni fa, al culmine di un percorso del tutto originale. «Sono giunta alla fede e mi sono battezzata a 20 anni, in un contesto di Chiesa alquanto conservatore. Poi mi sono trasferita a Londra e sono venuta a contatto con una serie di Chiese molto carismatiche, quelle che qui chiamiamo anglo-evangeliche ». Sparse in tutto il Paese, queste comunità, a volte molto diverse l'una dall'altra e afferenti in gran parte alla branca della Chiesa anglicana denominata Low Church – in generale, più innovativa e vicina al mondo protestante –, sperimentano spesso forme alternative di preghiera e di aggregazione. In questo mondo proliferano le cosiddette «fresh expressions», che vanno dalle House Church – piccoli gruppi di comunità di base che si incontrano prevalentemente nelle case dei componenti – al cosiddetto New Monasticism, gruppi di fedeli che si riferiscono agli ordini monastici acquisendo in parte la regola in un contesto moderno e completamente laico, passando per forme di preghiera che includono arte e creatività. L'appuntamento fisso che raduna e divulga tutte queste realtà, ma ospita anche comunità cattoliche o di altre confessioni, è Greenbelt, una tre-giorni agostana che vede ogni anno la partecipazione di oltre 20 mila persone provenienti da ogni angolo del Regno Unito. Si sperimentano nuove forme di art-worship, si prega secondo lo stile benedettino e si seguono ottime christian-oriented rockband emergenti che si esibiscono su decine di palchi: su uno di questi, nel 1981, era salito un certo Bono Vox con i suoi giovanissimi U2. Gli entusiasti partecipanti, accampati nel mezzo della campagna del Gloucestershire, nei pressi dell'ippodromo di Cheltenham, tornano ogni anno in numero sempre maggiore. «ALondra quindi», riprende Clare tornando al discorso sul suo percorso di fede, «ho fatto parte per vari anni di una comunità parrocchiale nel quartiere di Tooting, nella zona sud-ovest, molto radicata in questo contesto. La mia, in quegli anni, fu un'esperienza di fede basata molto sullo studio della Scrittura, la musica e i canti, mentre il culto domenicale era molto vicino alla tradizione protestante. Il centro a cui tutti facevamo riferimento era la chiesa di Holy Trinity a Brompton, nel cuore di Londra».

Espressione di punta della Low Church, la chiesa della Santa Trinità è nota anche per aver esportato in tutto il mondo gli Alpha Course, catechesi per adulti e giovani che riscuotono un certo successo nel mondo carismatico anche cattolico e ortodosso. «Poi ho trascorso alcuni mesi a Roma e ho conosciuto l'esperienza della Comunità di Sant'Egidio, il cui amore per la preghiera e per i poveri mi ha molto affascinato. Tornata a Londra e divenuta la signora Hayns, ho deciso di impegnarmi di più nella Chiesa cercando di portare alcuni degli elementi ammirati a Roma nel mio ambiente. Ne è nato un gruppo di preghiera carismatico con contaminazioni cattoliche e un'azione sociale rivolta a un gruppo di anziani isolati della zona intorno a Clapham». I tre figli, nati a intervalli quasi regolari, le alte richieste economiche della vita a Londra e la possibilità di ritirarsi in campagna, hanno portato la famiglia a trasferirsi a Oxford. «Qui la vita è decisamente più a misura di uomo, più vivibile, non c'è bisogno di correre da un luogo all'altro per accompagnare i bambini, andare al lavoro, spostarsi. Ho avuto anche più tempo per riflettere sulla mia vita, la mia fede. È in questo periodo che ho preso la decisione di recarmi in Zimbabwe con la Charity fondata da mio padre, una Ong che fornisce un sostegno diretto ad alcuni villaggi e lavora in Inghilterra per creare sensibilizzazione e fare azione politica contro il Governo di Mugabe. Ero già stata molte altre volte in Africa, ma vedere tutta quella povera gente ridotta in miseria, oppressa da una dittatura spietata, mi ha cambiata. Ho sentito il desiderio di parlare del Vangelo ai poveri ma anche di scuotere i ricchi del mio Paese, radicarmi nella Chiesa d'Inghilterra, raccogliere tutte le belle esperienze che avevo fatto e convogliarle in un unico servizio».

E così, tornata a Oxford, ha cominciato a parlare in famiglia di sacerdozio. «A Micah, mio figlio grande, all'inizio è sembrato tutto molto strano: "Una mamma prete? Chissà cosa diranno i miei amici, se mi considereranno uno diverso". Insomma, non è stato semplice. Poi ho pensato di portarlo con me in alcune delle sessioni organizzate dal collegio teologico di Oxford per la preparazione al sacerdozio, farlo partecipare direttamente alla mia scelta e così ha gradualmente accettato l'idea. Ora si sente molto responsabilizzato. Per Simeon, quello di 10 anni, è stato più facile, è un bambino molto estroverso, mentre Daniel, il più piccolo, era terrorizzato dall'idea che dal momento dell'ordinazione avrei smesso di essere la sua mamma». È forse per questo che voleva seguirla anche quando si è inginocchiata davanti al vescovo John Prichard che le ha imposto le mani, in una cerimonia che presenta molte similitudini col rito cattolico. Dal 12 marzo 1994, giorno in cui nella cattedrale di Bristol furono ordinate le prime 32 donne prete della storia della Chiesa d'Inghilterra, il fenomeno delle ordinazioni femminili anglicane è letteralmente esploso e si calcola che per il 2025 le donne prete avranno eguagliato, in quanto a numero, i loro colleghi uomini. Delle 564 persone divenute prete nel 2009 in Inghilterra, 266 erano donne; mentre nello stesso giorno in cui Clare è assurta allo stato diaconale, nella diocesi di Oxford – la più grande di tutto il Paese – sono state ordinate, sparse in varie altre chiese, altre 32 persone: 13 erano donne. Insomma, il volto della Chiesa d'Inghilterra, con i suoi 20 mila ordinati – un ministro ogni 2.500 inglesi – assume sempre più i tratti aggraziati di una donna, quasi sempre di una madre. «Ritengo che la società inglese sia ormai perfettamente a suo agio con l'idea delle donne prete. Ci sono ancora delle sacche di resistenza che provengono in gran parte dall'area più evangelica e conservatrice della nostra Chiesa e, ma in parte assolutamente minima, dai cosiddetti anglocatholics (la branca che viene definita High Church: da questa area proviene quel gruppo di preti che hanno di recente richiesto e ottenuto dal Papa il passaggio alla confessione cattolica, ndr). A Oxford e nelle zone limitrofe i vescovi sono molto favorevoli al ministero femminile.

Un vescovo anglicano presiede l'ordinazione di uomini e donne nella cattedrale di Bristol

Un vescovo anglicano presiede l'ordinazione di uomini e donne nella cattedrale di Bristol (foto REUTERS).

A Londra, invece, si gode di minore appoggio». L'itinerario verso l'ordinazione comincia con l'assegnazione di un consigliere vocazionale: «Io l'ho incontrato quattro volte nel primo anno. Poi il direttore delle ordinazioni della Chiesa d'Inghilterra mi ha accompagnato per un periodo di nove mesi verso un primo discernimento, terminato il quale ho fatto un ritiro di tre giorni e un colloquio con un piccolo gruppo di consiglieri. Da quel momento sono stata accolta come candidata e ho dato il via a un processo che prevede almeno sei anni di formazione, che andranno oltre la mia ordinazione sacerdotale. I primi tre anni sono stati primariamente assorbiti dalla formazione accademica. Ora, oltre che continuare a studiare, dovrò occuparmi direttamente di anime come curata. Una curata di campagna ». Il periodo puramente "accademico" si è concluso con tre giorni di ritiro in completo silenzio nel collegio teologico di Oxford. Poi l'incontro personale con il vescovo e, il giorno dopo, l'ordinazione diaconale in cattedrale. Intanto la neodiaconessa è attesa per una nuova funzione. Questa volta la cittadina, a pochi chilometri da quella Woodstock che ha dato i natali a Churchill, è Bladon, nota per ospitare le spoglie del famoso statista. Giusto il tempo di un rapido sguardo alla sua tomba, nel verde cimitero antistante la deliziosa chiesetta, prima di prendere parte alla seconda celebrazione del primo giorno da diacono. «Non sarà sempre così», ride tranquilla Clare, «ma di certo dovrò farmi insegnare qualcosa da mio marito per riuscire a gestire tutto nel modo migliore».

La cattedrale anglicana di Gloucester, in Inghilterra

La cattedrale anglicana di Gloucester, in Inghilterra (foto D. HUGHES/FOTOLIA).

John, infatti, è un ingegnere elettronico che un giorno ha mollato algebra e optoelettronica per tentare di sfondare nel mercato come giocoliere professionista. Dopo una breve carriera da clown e mimo nelle feste per bambini, ora gestisce una delle più affermate aziende di intrattenimento del Paese. È lui la star della festa di benvenuto nel servizio alla Chiesa d'Inghilterra che segue la funzione. «Negli ultimi tre anni ho fatto anch'io la funambola, tra corsi, ritiri, studio intenso da una parte e scuola, cucina, casa, sport, vacanze, insomma vita quotidiana con tre figli e un marito. Non mi spaventa però questa vita, anzi è quello che cerco, anche perché mio marito ha condiviso pienamente questa scelta ed è stato fin dall'inizio di immenso aiuto. E poi qui intorno vive tutta la mia famiglia, i miei genitori, mia sorella, uno dei miei due fratelli, e potrò contare molto sul loro aiuto. Diciamo che la mia è un po' una vocazione di famiglia, è tutta la famiglia che in un certo senso ha voluto servire in modo più profondo la Chiesa e la scelta, spero non solo umana, è caduta su di me». Il sole, sul dolce degradare delle piane attorno a Oxford, è calato. Daniel, il più piccolo dei bambini, è già sistemato, crollato di sonno in macchina sulla via del ritorno dalla festa organizzata da familiari e diocesi per il nuovo diacono. Gli altri due non ne vogliono sapere, uno scappa su Facebook, l'altro si candida presso la mamma come esperto di pastorale per bambini e aspirante clown, sulle orme del padre. «Tra un anno sarò prete e, tra una ventina di anni, noi donne saremo con tutta probabilità la maggioranza», riflette Clare. «Sono certa che riusciremo a cambiare in meglio la nostra Chiesa, specie in campi quali la cura pastorale, la missione, il servizio ai più poveri. Credo che l'esperienza della maternità di molte di noi, poi, aiuti molto nella comprensione dei giovani ma anche di chi, in una società così dura come quella in cui viviamo, si misura ogni giorno con le difficoltà di gestire una famiglia, di occuparsi dei figli, di vivere la fede nel mezzo dei problemi di tutti i giorni. E poi», guarda il figlio che armeggia con i birilli del papà, immaginando di attrarre folle di bambini alla fede, «ho loro che mi aiutano».

Luca Attanasio

ITALIA

Locri: i preti si tassano per i poveri

Daranno una parte del loro stipendio alle persone più in difficoltà. I sacerdoti della diocesi di Locri-Gerace, al termine del loro ritiro con il vescovo monsignor Giuseppe Fiorini Morosini, hanno così deciso di contribuire concretamente a sostenere le fasce di popolazione più povere, particolarmente colpite al Sud. «Viviamo in un periodo in cui tutti alzano la propria voce per dire che la crisi bisogna affrontarla con la collaborazione, la condivisione e la responsabilità di tutti i cittadini, ma poi si aspetta sempre che siano gli altri a fare qualcosa e nessuna categoria di persone si muove per incominciare a dare il buon esempio», hanno spiegato i presbiteri.

AMERICA DEL NORD

Vescovi Usa in Vaticano: la lunga agenda delle visite «ad limina»

La pedofilia, la nuova evangelizzazione, ma anche la chiusura delle parrocchie e, ovviamente, le frizioni di questi mesi con la Casa Bianca: con questi temi è entrata subito nel vivo la visita ad limina apostolorum dei vescovi degli Stati Uniti iniziata a novembre. In Vaticano sono già stati ricevuti due dei quindici gruppi in cui i circa 200 presuli statunitensi si avvicenderanno sino a buona parte del 2012, intrecciandosi così con le elezioni presidenziali dell'anno prossimo. A novembre si sono recati "presso le tombe degli apostoli" Pietro e Paolo i gruppi guidati dal cardinale Sean O'Malley, arcivescovo di Boston, campione della lotta agli abusi sessuali sui minori, e dall'arcivescovo di New York Timothy Dolan, presidente della Conferenza episcopale Usa. Con questa visita, peraltro, il Papa, 84 anni, ha introdotto l'usanza di non ricevere i vescovi singolarmente ma, al fine di ridurre il numero di udienze, riuniti in piccoli gruppi. È previsto che in tutto il periodo Benedetto XVI rivolga cinque discorsi ai vescovi Usa. Nel primo discorso il Papa ha affrontato subito il nodo pedofilia auspicando che «gli sforzi coscienziosi della Chiesa per affrontare questa realtà aiuteranno tutta la comunità a riconoscere le cause, la vera portata e le conseguenze devastanti dell'abuso sessuale e a rispondere con efficacia a questa piaga che affligge tutti i livelli della società».

L'arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, Timothy Dolan

L'arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, Timothy Dolan (foto S. WENIG/AP/LAPRESSE).

Benedetto XVI ha poi affermato che «proprio come la Chiesa si attiene giustamente a parametri precisi a questo proposito, tutte le altre istituzioni, senza eccezioni, dovrebbero attenersi agli stessi criteri». Il Papa ha incoraggiato i vescovi statunitensi a impegnarsi nella «nuova evangelizzazione» necessaria in una società «sempre più secolarizzata» e immersa in una «crisi di vasta portata». «Noi stessi», ha sottolineato, «siamo i primi ad avere bisogno di rievangelizzazione ». Ratzinger ha infine fatto un breve accenno alla funzione di contrappunto che la Chiesa svolge rispetto alla politica americana quando ha elogiato i recenti documenti dell'episcopato «sulla cittadinanza dei fedeli e sull'istituzione del matrimonio». Sono stati gli stessi vescovi a raccontare alcuni degli argomenti affrontati nei colloqui riservati a Roma. All'agenzia stampa Catholic News Service, Dolan ha riferito che sulla questione della chiusura di numerose parrocchie Oltreatlantico la Congregazione per il clero ha invitato i vescovi americani alla prudenza e ha anticipato che il dicastero vaticano sta preparando delle linee-guida sul tema. O'Malley ha riferito dell'interesse degli uffici vaticani per tematiche più strettamente politiche, come il matrimonio gay, le polemiche sulla sanità con l'amministrazione Obama e il nuovo comitato per la "libertà religiosa". Il Papa, hanno riferito i due presuli, ha posto l'accento sulla nuova evangelizzazione e ha fatto molte domande sul tema dell'immigrazione.

Iacopo Scaramuzzi

AMERICA LATINA

Messico: vescovi e preti aderiscono al Movimento contro la "mattanza"

Negli ultimi mesi in Messico la spirale della violenza – che, in seguito alla «guerra contro il narcotraffico e la criminalità organizzata» proclamata nel 2006 dal, già allora in carica, presidente Felipe Calderón, è costata quasi 50 mila morti e 16 mila desaparecidos – ha suscitato un'inedita reazione della società civile, coagulatasi nel Movimento per la pace con giustizia e dignità (Mpjd). Promosso dallo scrittore Javier Sicilia, il cui figlio, Juan Francisco, è stato trovato morto in marzo, il Movimento ha aggregato settori sociali e persone, soprattutto familiari delle vittime, fino a quel momento silenti. Il poeta ha organizzato due marce a tappe nelle località più violente, percorrendo in totale 11 mila chilometri con grandi manifestazioni in tutte le città.

Ad esse si sono affiancate carovane di appoggio ai migranti centroamericani, digiuni per i giovani assassinati, forum contro il «femminicidio», proteste dei giornalisti per la mancanza di garanzie e iniziative dei popoli indigeni oggetto della repressione, tutte all'insegna degli slogan «Basta sangue!» ed «Estamos hasta la madre!», espressione colorita per dire «non ne possiamo più!». Il Mpjd ha proposto un «Patto nazionale per la pace» fondato sulle richieste di far luce su omicidi e sparizioni, mettere fine alla strategia della guerra e assumere un approccio «non bellico» alla sicurezza, combattere corruzione e impunità, contrastare la radice economica e i profitti della criminalità, prestare attenzione ai giovani e ricostruire il tessuto sociale, realizzare una democrazia partecipativa. Immediato è stato l'appoggio di circa 300 organizzazioni sociali. Ma i due incontri dei portavoce del Mpjd con Calderón in giugno e ottobre hanno prodotto solo l'istituzione di una Procura speciale per le vittime, mentre le proposte di creare una Commissione della verità, che accertasse le responsabilità delle violazioni dei diritti umani, e di varare una Legge sulla sicurezza nazionale che superasse la militarizzazione non sono state accolte. Secondo Sicilia, di fronte alla sostanziale sordità delle istituzioni, bisognerà premere sugli organi dello Stato e sui partiti «affinché ripuliscano le loro file» nonché «associarsi come gruppi di vicini nei quartieri, realizzare assemblee di tipo "costituente" o "ricostituente" a livello micro per creare un tessuto sociale e umano che ci protegga». Questo attivismo è, infatti, già costato la vita a qualche esponente del Mpjd, come Nepomuceno Moreno, ucciso a fine novembre da ignoti dopo che suo figlio, Jorge Mario, era scomparso in seguito all'arresto da parte della polizia nel 2010. Grande impressione ha suscitato anche la decapitazione, in settembre, di Maria Elizabeth Macias, giovane giornalista legata al Movimento laico scalabriniano, il cui corpo è stato rinvenuto sovrastato da un cartello in cui si chiariva come causa della sua morte fossero i suoi reportage sui narcos.

Un deposito di armi sequestrate ai narcos messicani

Un deposito di armi sequestrate ai narcos messicani(foto E. VERDUGO/AP).

Nel Mpjd hanno un ruolo importante settori della Chiesa cattolica da sempre in prima linea nella difesa dei diritti umani e nelle lotte popolari: innanzitutto le Comunità ecclesiali di base, quindi organismi come la Conferenza delle religiose e dei religiosi e il Centro dei diritti umani fra Bartolomé de Las Casas, poi vescovi come monsignor Raúl Vera López, di Saltillo, e preti come il padre domenicano Miguel Concha, tra i più prestigiosi intellettuali del Paese, padre Eleazar Lopez Hernandez, massimo esponente della Teologia india in Messico, o i pluriminacciati difensori dei migranti, padre Alejandro Solalinde, direttore del Centro per i rifugiati Hermanos en el camino di Ixtepec, nello Stato di Oaxaca, e il suo collega padre Tomas González, fondatore del Centro dei diritti umani dell'Usumacinta, alla frontiera col Guatemala, che in settembre è stato arrestato dai militari per aver denunciato lo stupro di una donna honduregna. Costoro, insieme a centinaia di pastori e membri di altre confessioni cristiane (presbiteriani, luterani, metodisti, anglicani, battisti, mennoniti, pentecostali, ecc.) si sono riuniti sotto la sigla Chiese per la pace, uno «spazio di riflessione, azione e spiritualità» finalizzato a promuovere «a partire da uno spirito ecumenico, la costruzione di una società di pace, fondata sulla giustizia e sull'amore ». Essi hanno anche invitato tutti i vescovi cattolici a «essere strumenti attivi di pace», secondo quanto proposto dall'esortazione pastorale della Conferenza episcopale Che in Cristo, nostra pace, il Messico abbia una vita dignitosa, del febbraio 2010.

Mauro Castagnaro 

AFRICA

Congo: vescovi contro i brogli

La tensione non accenna a diminuire, nella Repubblica democratica del Congo, dopo la proclamazione dei risultati delle elezioni presidenziali, che hanno riconfermato alla guida del Paese Joseph Kabila, con il 48,95% delle preferenze, mentre l'eterno sfidante Etienne Tshisekedi si sarebbe fermato al 32,33. L'anziano oppositore contesta l'esito e si dichiara presidente eletto. Nell'ultimo periodo la Conferenza episcopale congolese aveva più volte invitato alla calma, a uno svolgimento regolare del voto e al rispetto dei risultati. Nei mesi scorsi la Chiesa aveva anche svolto un capillare lavoro di informazione della popolazione e aveva formato 6 mila osservatori elettorali. Ma in una situazione così tesa e delicata, tutto può diventare fonte di polemica. E così – a fronte delle numerosissime denunce di brogli – qualcuno ha accusato l'episcopato di schierarsi col vincitore, costringendo i vescovi a precisazioni ufficiali. Il 12 dicembre è sceso in campo lo stesso arcivescovo di Kinshasa, cardinale Laurent Monsengwo Pasinya: «I risultati del voto non sono conformi né alla verità né alla giustizia. Chiediamo ai contestatori di fare appello, di ricorrere alle vie del diritto e di non lasciarsi andare alla violenza. La Chiesa è moralmente tenuta a offrire il suo aiuto alla giustizia, per stabilire la verità delle urne là dove sono stati i nostri osservatori».

La protesta civile in Congo: una polveriera

La protesta civile in Congo: una polveriera (foto C. J. DELAY/AP).

Una polveriera dove una minima scintilla genera esplosioni. Così è stato ad esempio a Kananga: prima delle elezioni, circolava la voce secondo cui un'autorità politica avrebbe distribuito schede elettorali precompilate alle suore carmelitane. E così, appena le suore si sono presentate al seggio, sono state aggredite da un gruppo di giovani, che poi si sono diretti ai conventi femminili: le suore del Cuore Immacolato di Maria sono state difese dalla polizia, mentre il monastero carmelitano di Malole è stato brutalmente saccheggiato. Nella foto: scontri tra polizia e dimostranti a Kinshasa.

Giusy Baioni 

OCEANIA - ASIA

Uccisioni e arresti. In India la vita dei fedeli cristiani resta difficile

Storie di cristiani d'India a fine 2011. Si chiamava Valsa John, aveva 53 anni e apparteneva alla famiglia religiosa delle Suore della carità di Gesù e Maria.

Era nata in Kerala, Stato sud-occidentale dalle antiche e sempre vive tradizioni cristiane, ma operava nel Nord del Paese, tra le minoranze etniche del Jharkhand. Lavorava da due decenni soprattutto con i tribali santal, dei quali difendeva i diritti civili ed economici, incurante delle minacce che le venivano indirizzate. Qualcuno le ha sparato, uccidendola, il 15 novembre scorso. Suor Valsa aveva preso parte a varie manifestazioni di protesta contro le imprese minerarie dedite all'estrazione del carbone. Molti ritengono che è in quegli ambienti, o in circoli malavitosi contigui ai loro interessi, che andrebbero cercati i responsabili dell'omicidio. In realtà, pochi giorni dopo l'assassinio la polizia ha arrestato sette persone vicine alla guerriglia maoista. Secondo gli inquirenti la suora sarebbe stata uccisa per impedire che accompagnasse una ragazza a denunciare un tentativo di stupro.

India: ancora un Paese difficile per i cristiani

India: ancora un Paese difficile per i cristiani (foto A. SOLANKI/AP/LAPRESSE).

Spostiamoci a Nord-Est, nello Stato del Kashmir, al confine con il Pakistan. A metà novembre un ministro del culto anglicano, il reverendo Chander Mani Khanna, è stato arrestato con l'accusa di aver compromesso l'armonia sociale e urtato i sentimenti religiosi altrui. La polizia ha proceduto in base alle denunce di alcuni leader musulmani e specialmente del Gran muftì del Kashmir. A scatenare le loro reazioni il battesimo amministrato dal religioso a sette giovani musulmani. Il pastore è rimasto in cella una decina di giorni, prima dell'apertura di un procedimento penale a suo carico.

Sia il vescovo anglicano di Amritsar, Pradeep Kumar Samantaroy, sia padre Chander Mani Khanna respingono le accuse di circonvenzione: i sette giovani, spiegano, hanno frequentato per mesi la chiesa, seguito un percorso di catechesi lungo e, al termine, chiesto e ottenuto il battesimo in totale libertà. Molto più a Sud, nello Stato del Karnataka, i cristiani attendono ancora giustizia per le violenze e gli attacchi subitì da parte degli estremisti indù nel corso del 2008. Il primo dicembre il Governo locale ha deciso, se non altro, di revocare la richiesta di procedere contro 338 cristiani che avevano reagito violentemente contro coloro che devastavano chiese e aule di preghiera. Va ricordato che anche nel 2008 il pretesto accampato dagli estremisti contro i cristiani era stato quello del proselitismo.

Giampiero Sandionigi

Jesus n. 1 gennaio 2012 - Home Page