EUROPA
Diario
di una curata
di campagna
A casa Hayns, in quel di
Oxford, l'agitazione è palpabile.
Clare, madre di tre
maschietti – 13, 10 e 5 anni
– tra poco più di un'ora dovrà
servire la sua prima funzione. Il giorno
prima, nella meravigliosa cattedrale
anglicana di Christ Church stipata fino
all'inverosimile, nota per la sua magnificenza
tardo-romanica oltre che per la
sua vicinanza alla sala da pranzo della saga
di Harry Potter, è stata ordinata diacono
assieme ad altri sette uomini e
due donne. John, il marito, dispensa al telefono
le ultime disposizioni per la festa
post-celebrazione e pensa al cibo per il
cane, ma ci sono i ragazzi da preparare,
la predica da ritoccare e manca ancora
di sistemare dalmatica e stola nella ventiquattrore.
«Il mio percorso verso il sacerdozio
», dice la diaconessa mentre
guida l'auto inoltrandosi nell'incantevole
campagna dell'Oxfordshire, «durerà ancora
un anno. In questi dodici mesi potrò
sperimentare personalmente cosa significa
la vita da ordinata e se è veramente
questa la mia vocazione. Dopodiché,
se oltre a me anche la Chiesa lo vorrà,
potrò divenire prete».

Veduta di Oxford (foto A. NEKRASSOV/FOTOLIA).
Il viaggio all'interno della vita
ordinaria di un futuro prete donna della
Chiesa d'Inghilterra, inizia in macchina,
destinazione Woodstock, una
minuscola cittadina dal passato illustre.
In una camera del monumentale
Blenheim Palace, infatti, è nato Winston
Churchill. Qui, nella chiesa affollata
da fedeli curiosi di conoscere il nuovo
diacono, e in altre tre parrocchie di
piccoli centri, per almeno quattro anni
la curata svolgerà la sua attività pastorale,
«poi deciderà il vescovo».
Clare Benyon, 43 anni, ha cominciato
a considerare la possibilità di divenire
prete cinque anni fa, al culmine di
un percorso del tutto originale. «Sono
giunta alla fede e mi sono battezzata a
20 anni, in un contesto di Chiesa alquanto
conservatore. Poi mi sono trasferita a
Londra e sono venuta a contatto con
una serie di Chiese molto carismatiche,
quelle che qui chiamiamo anglo-evangeliche
». Sparse in tutto il Paese, queste comunità,
a volte molto diverse l'una
dall'altra e afferenti in gran parte alla
branca della Chiesa anglicana denominata
Low Church – in generale, più innovativa
e vicina al mondo protestante –, sperimentano
spesso forme alternative di
preghiera e di aggregazione. In questo
mondo proliferano le cosiddette «fresh
expressions», che vanno dalle House
Church – piccoli gruppi di comunità di
base che si incontrano prevalentemente
nelle case dei componenti – al cosiddetto
New Monasticism, gruppi di fedeli
che si riferiscono agli ordini monastici acquisendo
in parte la regola in un contesto
moderno e completamente laico,
passando per forme di preghiera che includono
arte e creatività.
L'appuntamento fisso che raduna
e divulga tutte queste realtà, ma ospita
anche comunità cattoliche o di altre confessioni,
è Greenbelt, una tre-giorni agostana
che vede ogni anno la partecipazione
di oltre 20 mila persone provenienti
da ogni angolo del Regno Unito. Si sperimentano
nuove forme di art-worship, si
prega secondo lo stile benedettino e si
seguono ottime christian-oriented rockband
emergenti che si esibiscono su decine di palchi: su uno di questi, nel 1981,
era salito un certo Bono Vox con i suoi
giovanissimi U2. Gli entusiasti partecipanti,
accampati nel mezzo della campagna
del Gloucestershire, nei pressi
dell'ippodromo di Cheltenham, tornano
ogni anno in numero sempre maggiore.
«ALondra quindi», riprende Clare
tornando al discorso sul
suo percorso di fede, «ho fatto
parte per vari anni di una comunità
parrocchiale nel quartiere di Tooting, nella
zona sud-ovest, molto radicata in questo
contesto. La mia, in quegli anni, fu
un'esperienza di fede basata molto sullo
studio della Scrittura, la musica e i canti,
mentre il culto domenicale era molto vicino
alla tradizione protestante. Il centro
a cui tutti facevamo riferimento era la
chiesa di Holy Trinity a Brompton, nel
cuore di Londra».
Espressione di punta
della Low Church, la chiesa della Santa Trinità
è nota anche per aver esportato in
tutto il mondo gli Alpha Course, catechesi
per adulti e giovani che riscuotono un
certo successo nel mondo carismatico
anche cattolico e ortodosso.
«Poi ho trascorso alcuni mesi a Roma
e ho conosciuto l'esperienza della
Comunità di Sant'Egidio, il cui amore
per la preghiera e per i poveri mi ha molto
affascinato. Tornata a Londra e divenuta
la signora Hayns, ho deciso di impegnarmi
di più nella Chiesa cercando di
portare alcuni degli elementi ammirati a
Roma nel mio ambiente. Ne è nato un
gruppo di preghiera carismatico con
contaminazioni cattoliche e un'azione
sociale rivolta a un gruppo di anziani isolati
della zona intorno a Clapham».
I tre figli, nati a intervalli quasi regolari,
le alte richieste economiche della vita
a Londra e la possibilità di ritirarsi in
campagna, hanno portato la famiglia a
trasferirsi a Oxford. «Qui la vita è decisamente
più a misura di uomo, più vivibile,
non c'è bisogno di correre da un luogo
all'altro per accompagnare i bambini, andare
al lavoro, spostarsi. Ho avuto anche
più tempo per riflettere sulla mia vita,
la mia fede. È in questo periodo che
ho preso la decisione di recarmi in Zimbabwe
con la Charity fondata da mio padre,
una Ong che fornisce un sostegno
diretto ad alcuni villaggi e lavora in Inghilterra
per creare sensibilizzazione e fare
azione politica contro il Governo di Mugabe.
Ero già stata molte altre volte in
Africa, ma vedere tutta quella povera
gente ridotta in miseria, oppressa da
una dittatura spietata, mi ha cambiata.
Ho sentito il desiderio di parlare del
Vangelo ai poveri ma anche di scuotere
i ricchi del mio Paese, radicarmi nella
Chiesa d'Inghilterra, raccogliere tutte le
belle esperienze che avevo fatto e convogliarle
in un unico servizio».
E così, tornata a Oxford, ha cominciato
a parlare in famiglia di sacerdozio.
«A Micah, mio figlio grande,
all'inizio è sembrato tutto molto strano:
"Una mamma prete? Chissà cosa diranno
i miei amici, se mi considereranno
uno diverso". Insomma, non è stato
semplice. Poi ho pensato di portarlo
con me in alcune delle sessioni organizzate
dal collegio teologico di Oxford
per la preparazione al sacerdozio, farlo
partecipare direttamente alla mia scelta
e così ha gradualmente accettato l'idea.
Ora si sente molto responsabilizzato.
Per Simeon, quello di 10 anni, è stato
più facile, è un bambino molto estroverso,
mentre Daniel, il più piccolo, era terrorizzato
dall'idea che dal momento
dell'ordinazione avrei smesso di essere
la sua mamma». È forse per questo che
voleva seguirla anche quando si è inginocchiata
davanti al vescovo John Prichard
che le ha imposto le mani, in una
cerimonia che presenta molte similitudini
col rito cattolico.
Dal 12 marzo 1994, giorno in cui
nella cattedrale di Bristol furono ordinate
le prime 32 donne prete della storia
della Chiesa d'Inghilterra, il fenomeno
delle ordinazioni femminili anglicane è
letteralmente esploso e si calcola che
per il 2025 le donne prete avranno
eguagliato, in quanto a numero, i loro
colleghi uomini. Delle 564 persone divenute
prete nel 2009 in Inghilterra,
266 erano donne; mentre nello stesso
giorno in cui Clare è assurta allo stato
diaconale, nella diocesi di Oxford – la
più grande di tutto il Paese – sono state
ordinate, sparse in varie altre chiese, altre
32 persone: 13 erano donne. Insomma,
il volto della Chiesa d'Inghilterra,
con i suoi 20 mila ordinati – un ministro
ogni 2.500 inglesi – assume sempre più
i tratti aggraziati di una donna, quasi
sempre di una madre.
«Ritengo che la società inglese
sia ormai perfettamente a suo
agio con l'idea delle donne
prete. Ci sono ancora delle sacche di resistenza
che provengono in gran parte
dall'area più evangelica e conservatrice
della nostra Chiesa e, ma in parte assolutamente
minima, dai cosiddetti anglocatholics
(la branca che viene definita High
Church: da questa area proviene
quel gruppo di preti che hanno di recente
richiesto e ottenuto dal Papa il passaggio
alla confessione cattolica, ndr). A
Oxford e nelle zone limitrofe i vescovi
sono molto favorevoli al ministero femminile.

Un vescovo
anglicano presiede l'ordinazione di uomini
e donne nella cattedrale di Bristol (foto REUTERS).
A Londra, invece, si gode di minore
appoggio».
L'itinerario verso l'ordinazione comincia
con l'assegnazione di un consigliere
vocazionale: «Io l'ho incontrato quattro
volte nel primo anno. Poi il direttore
delle ordinazioni della Chiesa d'Inghilterra
mi ha accompagnato per un periodo
di nove mesi verso un primo discernimento,
terminato il quale ho fatto un ritiro
di tre giorni e un colloquio con un piccolo
gruppo di consiglieri. Da quel momento
sono stata accolta come candidata
e ho dato il via a un processo che prevede almeno sei anni di formazione, che
andranno oltre la mia ordinazione sacerdotale.
I primi tre anni sono stati primariamente
assorbiti dalla formazione accademica.
Ora, oltre che continuare a studiare,
dovrò occuparmi direttamente di
anime come curata. Una curata di campagna
». Il periodo puramente "accademico"
si è concluso con tre giorni di ritiro
in completo silenzio nel collegio teologico
di Oxford. Poi l'incontro personale
con il vescovo e, il giorno dopo, l'ordinazione
diaconale in cattedrale.
Intanto la neodiaconessa è attesa
per una nuova funzione. Questa volta
la cittadina, a pochi chilometri da
quella Woodstock che ha dato i natali a
Churchill, è Bladon, nota per ospitare le
spoglie del famoso statista. Giusto il tempo
di un rapido sguardo alla sua tomba,
nel verde cimitero antistante la deliziosa
chiesetta, prima di prendere parte alla
seconda celebrazione del primo giorno
da diacono. «Non sarà sempre così», ride
tranquilla Clare, «ma di certo dovrò
farmi insegnare qualcosa da mio marito
per riuscire a gestire tutto nel modo migliore».

La cattedrale anglicana di Gloucester, in Inghilterra (foto D. HUGHES/FOTOLIA).
John, infatti, è un ingegnere elettronico
che un giorno ha mollato algebra
e optoelettronica per tentare di
sfondare nel mercato come giocoliere
professionista. Dopo una breve carriera
da clown e mimo nelle feste per bambini,
ora gestisce una delle più affermate
aziende di intrattenimento del Paese. È
lui la star della festa di benvenuto nel servizio
alla Chiesa d'Inghilterra che segue
la funzione. «Negli ultimi tre anni ho fatto
anch'io la funambola, tra corsi, ritiri,
studio intenso da una parte e scuola, cucina,
casa, sport, vacanze, insomma vita
quotidiana con tre figli e un marito. Non
mi spaventa però questa vita, anzi è
quello che cerco, anche perché mio marito
ha condiviso pienamente questa
scelta ed è stato fin dall'inizio di immenso
aiuto. E poi qui intorno vive tutta la
mia famiglia, i miei genitori, mia sorella,
uno dei miei due fratelli, e potrò contare
molto sul loro aiuto. Diciamo che la
mia è un po' una vocazione di famiglia, è
tutta la famiglia che in un certo senso ha
voluto servire in modo più profondo la
Chiesa e la scelta, spero non solo umana,
è caduta su di me».
Il sole, sul dolce degradare delle
piane attorno a Oxford, è calato. Daniel,
il più piccolo dei bambini, è già sistemato,
crollato di sonno in macchina sulla
via del ritorno dalla festa organizzata
da familiari e diocesi per il nuovo diacono.
Gli altri due non ne vogliono sapere,
uno scappa su Facebook, l'altro si candida
presso la mamma come esperto di
pastorale per bambini e aspirante
clown, sulle orme del padre. «Tra un anno
sarò prete e, tra una ventina di anni,
noi donne saremo con tutta probabilità
la maggioranza», riflette Clare. «Sono
certa che riusciremo a cambiare in meglio
la nostra Chiesa, specie in campi
quali la cura pastorale, la missione, il servizio
ai più poveri. Credo che l'esperienza
della maternità di molte di noi, poi,
aiuti molto nella comprensione dei giovani
ma anche di chi, in una società così
dura come quella in cui viviamo, si misura
ogni giorno con le difficoltà di gestire
una famiglia, di occuparsi dei figli, di vivere
la fede nel mezzo dei problemi di tutti
i giorni. E poi», guarda il figlio che armeggia
con i birilli del papà, immaginando
di attrarre folle di bambini alla fede,
«ho loro che mi aiutano».
Luca Attanasio

ITALIA
Locri: i preti si tassano per i poveri
Daranno una parte del loro stipendio
alle persone più in difficoltà. I sacerdoti
della diocesi di Locri-Gerace, al
termine del loro ritiro con il vescovo
monsignor Giuseppe Fiorini Morosini,
hanno così deciso di contribuire
concretamente a sostenere le fasce di
popolazione più povere, particolarmente
colpite al Sud. «Viviamo in un
periodo in cui tutti alzano la propria
voce per dire che la crisi bisogna affrontarla
con la collaborazione, la
condivisione e la responsabilità di tutti
i cittadini, ma poi si aspetta sempre
che siano gli altri a fare qualcosa e
nessuna categoria di persone si muove
per incominciare a dare il buon
esempio», hanno spiegato i presbiteri.

AMERICA DEL NORD
Vescovi Usa in Vaticano: la lunga
agenda delle visite «ad limina»
La pedofilia, la nuova evangelizzazione,
ma anche la chiusura delle parrocchie
e, ovviamente, le frizioni di questi
mesi con la Casa Bianca: con questi
temi è entrata subito nel vivo la visita ad
limina apostolorum dei vescovi degli Stati
Uniti iniziata a novembre. In Vaticano sono
già stati ricevuti due dei quindici gruppi
in cui i circa 200 presuli statunitensi si
avvicenderanno sino a buona parte del
2012, intrecciandosi così con le elezioni
presidenziali dell'anno prossimo.
A novembre si sono recati "presso
le tombe degli apostoli" Pietro e Paolo i
gruppi guidati dal cardinale Sean O'Malley,
arcivescovo di Boston, campione della
lotta agli abusi sessuali sui minori, e
dall'arcivescovo di New York Timothy
Dolan, presidente della Conferenza episcopale
Usa. Con questa visita, peraltro,
il Papa, 84 anni, ha introdotto l'usanza di
non ricevere i vescovi singolarmente ma,
al fine di ridurre il numero di udienze, riuniti
in piccoli gruppi. È previsto che in tutto
il periodo Benedetto XVI rivolga cinque
discorsi ai vescovi Usa.
Nel primo discorso il Papa ha affrontato
subito il nodo pedofilia auspicando
che «gli sforzi coscienziosi della
Chiesa per affrontare questa realtà aiuteranno
tutta la comunità a riconoscere
le cause, la vera portata e le conseguenze
devastanti dell'abuso sessuale e a rispondere
con efficacia a questa piaga
che affligge tutti i livelli della società».

L'arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale Usa, Timothy Dolan (foto S. WENIG/AP/LAPRESSE).
Benedetto
XVI ha poi affermato che «proprio
come la Chiesa si attiene giustamente
a parametri precisi a questo proposito,
tutte le altre istituzioni, senza eccezioni,
dovrebbero attenersi agli stessi
criteri». Il Papa ha incoraggiato i vescovi
statunitensi a impegnarsi nella «nuova
evangelizzazione» necessaria in una società
«sempre più secolarizzata» e immersa
in una «crisi di vasta portata».
«Noi stessi», ha sottolineato, «siamo i
primi ad avere bisogno di rievangelizzazione
». Ratzinger ha infine fatto un breve
accenno alla funzione di contrappunto
che la Chiesa svolge rispetto alla politica
americana quando ha elogiato i recenti
documenti dell'episcopato «sulla
cittadinanza dei fedeli e sull'istituzione
del matrimonio».
Sono stati gli stessi vescovi a raccontare
alcuni degli argomenti affrontati
nei colloqui riservati a Roma. All'agenzia
stampa Catholic News Service, Dolan ha
riferito che sulla questione della chiusura
di numerose parrocchie Oltreatlantico
la Congregazione per il clero ha invitato
i vescovi americani alla prudenza e
ha anticipato che il dicastero vaticano
sta preparando delle linee-guida sul tema.
O'Malley ha riferito dell'interesse
degli uffici vaticani per tematiche più
strettamente politiche, come il matrimonio
gay, le polemiche sulla sanità con
l'amministrazione Obama e il nuovo comitato
per la "libertà religiosa". Il Papa,
hanno riferito i due presuli, ha posto l'accento
sulla nuova evangelizzazione e ha
fatto molte domande sul tema dell'immigrazione.
Iacopo Scaramuzzi

AMERICA LATINA
Messico: vescovi e preti aderiscono
al Movimento contro la "mattanza"
Negli ultimi mesi in Messico la spirale
della violenza – che, in seguito alla
«guerra contro il narcotraffico e la criminalità
organizzata» proclamata nel 2006
dal, già allora in carica, presidente Felipe
Calderón, è costata quasi 50 mila morti
e 16 mila desaparecidos – ha suscitato
un'inedita reazione della società civile,
coagulatasi nel Movimento per la pace con
giustizia e dignità (Mpjd). Promosso dallo
scrittore Javier Sicilia, il cui figlio, Juan
Francisco, è stato trovato morto in marzo,
il Movimento ha aggregato settori sociali
e persone, soprattutto familiari delle
vittime, fino a quel momento silenti. Il
poeta ha organizzato due marce a tappe
nelle località più violente, percorrendo in
totale 11 mila chilometri con grandi manifestazioni
in tutte le città.
Ad esse si sono
affiancate carovane di appoggio ai migranti
centroamericani, digiuni per i giovani assassinati,
forum contro il «femminicidio»,
proteste dei giornalisti per la mancanza
di garanzie e iniziative dei popoli indigeni
oggetto della repressione, tutte all'insegna
degli slogan «Basta sangue!» ed
«Estamos hasta la madre!», espressione
colorita per dire «non ne possiamo più!».
Il Mpjd ha proposto un «Patto nazionale
per la pace» fondato sulle richieste
di far luce su omicidi e sparizioni,
mettere fine alla strategia della guerra e
assumere un approccio «non bellico» alla
sicurezza, combattere corruzione e
impunità, contrastare la radice economica
e i profitti della criminalità, prestare
attenzione ai giovani e ricostruire il tessuto
sociale, realizzare una democrazia
partecipativa. Immediato è stato l'appoggio
di circa 300 organizzazioni sociali.
Ma i due incontri dei portavoce del
Mpjd con Calderón in giugno e ottobre
hanno prodotto solo l'istituzione di una
Procura speciale per le vittime, mentre
le proposte di creare una Commissione
della verità, che accertasse le responsabilità
delle violazioni dei diritti umani, e
di varare una Legge sulla sicurezza nazionale
che superasse la militarizzazione
non sono state accolte.
Secondo Sicilia, di fronte alla sostanziale
sordità delle istituzioni, bisognerà
premere sugli organi dello Stato e sui partiti
«affinché ripuliscano le loro file» nonché
«associarsi come gruppi di vicini nei
quartieri, realizzare assemblee di tipo "costituente"
o "ricostituente" a livello micro
per creare un tessuto sociale e umano
che ci protegga». Questo attivismo è,
infatti, già costato la vita a qualche esponente
del Mpjd, come Nepomuceno Moreno,
ucciso a fine novembre da ignoti
dopo che suo figlio, Jorge Mario, era
scomparso in seguito all'arresto da parte
della polizia nel 2010. Grande impressione
ha suscitato anche la decapitazione, in
settembre, di Maria Elizabeth Macias, giovane
giornalista legata al Movimento laico
scalabriniano, il cui corpo è stato rinvenuto
sovrastato da un cartello in cui si
chiariva come causa della sua morte fossero
i suoi reportage sui narcos.

Un deposito di armi sequestrate ai narcos messicani(foto E. VERDUGO/AP).
Nel Mpjd hanno un ruolo importante
settori della Chiesa cattolica da
sempre in prima linea nella difesa dei diritti
umani e nelle lotte popolari: innanzitutto
le Comunità ecclesiali di base, quindi
organismi come la Conferenza delle
religiose e dei religiosi e il Centro dei diritti
umani fra Bartolomé de Las Casas,
poi vescovi come monsignor Raúl Vera
López, di Saltillo, e preti come il padre
domenicano Miguel Concha, tra i più
prestigiosi intellettuali del Paese, padre
Eleazar Lopez Hernandez, massimo
esponente della Teologia india in Messico,
o i pluriminacciati difensori dei migranti,
padre Alejandro Solalinde, direttore
del Centro per i rifugiati Hermanos
en el camino di Ixtepec, nello Stato di
Oaxaca, e il suo collega padre Tomas
González, fondatore del Centro dei diritti
umani dell'Usumacinta, alla frontiera
col Guatemala, che in settembre è stato
arrestato dai militari per aver denunciato
lo stupro di una donna honduregna.
Costoro, insieme a centinaia di pastori
e membri di altre confessioni cristiane
(presbiteriani, luterani, metodisti,
anglicani, battisti, mennoniti, pentecostali,
ecc.) si sono riuniti sotto la sigla Chiese
per la pace, uno «spazio di riflessione,
azione e spiritualità» finalizzato a promuovere
«a partire da uno spirito ecumenico,
la costruzione di una società di
pace, fondata sulla giustizia e sull'amore
». Essi hanno anche invitato tutti i vescovi
cattolici a «essere strumenti attivi
di pace», secondo quanto proposto
dall'esortazione pastorale della Conferenza
episcopale Che in Cristo, nostra pace,
il Messico abbia una vita dignitosa, del
febbraio 2010.
Mauro Castagnaro

AFRICA
Congo: vescovi contro i brogli
La tensione non accenna
a diminuire, nella
Repubblica democratica
del Congo, dopo la proclamazione
dei risultati delle
elezioni presidenziali, che
hanno riconfermato alla
guida del Paese Joseph
Kabila, con il 48,95% delle
preferenze, mentre l'eterno
sfidante Etienne Tshisekedi
si sarebbe fermato
al 32,33. L'anziano oppositore
contesta l'esito e si
dichiara presidente eletto.
Nell'ultimo periodo la Conferenza
episcopale congolese
aveva più volte invitato
alla calma, a uno svolgimento
regolare del voto e
al rispetto dei risultati.
Nei mesi scorsi la
Chiesa aveva anche svolto
un capillare lavoro di informazione
della popolazione
e aveva formato 6 mila
osservatori elettorali. Ma
in una situazione così tesa
e delicata, tutto può diventare
fonte di polemica. E
così – a fronte delle numerosissime
denunce di brogli
– qualcuno ha accusato
l'episcopato di schierarsi
col vincitore, costringendo
i vescovi a precisazioni
ufficiali. Il 12 dicembre è
sceso in campo lo stesso
arcivescovo di Kinshasa,
cardinale Laurent Monsengwo
Pasinya: «I risultati
del voto non sono conformi
né alla verità né alla giustizia.
Chiediamo ai contestatori
di fare appello, di ricorrere
alle vie del diritto e di
non lasciarsi andare alla
violenza. La Chiesa è moralmente
tenuta a offrire il
suo aiuto alla giustizia, per
stabilire la verità delle
urne là dove sono stati i
nostri osservatori».

La protesta civile in Congo: una polveriera (foto C. J. DELAY/AP).
Una
polveriera dove una minima
scintilla genera esplosioni.
Così è stato ad esempio
a Kananga: prima delle
elezioni, circolava la voce
secondo cui un'autorità
politica avrebbe distribuito
schede elettorali precompilate
alle suore carmelitane.
E così, appena le suore si
sono presentate al seggio,
sono state aggredite da un
gruppo di giovani, che poi
si sono diretti ai conventi
femminili: le suore del
Cuore Immacolato di Maria
sono state difese dalla
polizia, mentre il monastero
carmelitano di Malole è
stato brutalmente saccheggiato.
Nella foto: scontri
tra polizia e dimostranti
a Kinshasa.
Giusy Baioni

OCEANIA - ASIA
Uccisioni e arresti. In India la vita dei fedeli cristiani resta difficile
Storie di cristiani d'India a fine 2011. Si chiamava Valsa John, aveva 53
anni e apparteneva alla famiglia religiosa delle Suore della carità di Gesù
e Maria.
Era nata in Kerala, Stato sud-occidentale dalle antiche e sempre
vive tradizioni cristiane, ma operava nel Nord del Paese, tra le minoranze
etniche del Jharkhand. Lavorava da due decenni soprattutto con i tribali
santal, dei quali difendeva i diritti civili ed economici, incurante delle minacce
che le venivano indirizzate. Qualcuno le ha sparato, uccidendola, il 15
novembre scorso. Suor Valsa aveva preso parte a varie manifestazioni di protesta
contro le imprese minerarie dedite all'estrazione del carbone. Molti
ritengono che è in quegli ambienti, o in circoli malavitosi contigui ai loro
interessi, che andrebbero cercati i responsabili dell'omicidio. In realtà, pochi
giorni dopo l'assassinio la polizia ha arrestato sette persone vicine alla guerriglia
maoista. Secondo gli inquirenti la suora sarebbe stata uccisa per impedire
che accompagnasse una ragazza a denunciare un tentativo di stupro.

India: ancora un Paese difficile per i cristiani (foto A. SOLANKI/AP/LAPRESSE).
Spostiamoci a Nord-Est, nello Stato del Kashmir, al confine con il Pakistan.
A metà novembre un ministro del culto anglicano, il reverendo Chander
Mani Khanna, è stato arrestato con l'accusa di aver compromesso l'armonia
sociale e urtato i sentimenti religiosi altrui. La polizia ha proceduto in
base alle denunce di alcuni leader musulmani e specialmente del Gran muftì
del Kashmir. A scatenare le loro reazioni il battesimo amministrato dal religioso
a sette giovani musulmani. Il pastore è rimasto in cella una decina di
giorni, prima dell'apertura di un procedimento penale a suo carico.
Sia il
vescovo anglicano di Amritsar, Pradeep Kumar Samantaroy, sia padre Chander
Mani Khanna respingono le accuse di circonvenzione: i sette giovani,
spiegano, hanno frequentato per mesi la chiesa, seguito un percorso di catechesi
lungo e, al termine, chiesto e ottenuto il battesimo in totale libertà.
Molto più a Sud, nello Stato del Karnataka, i cristiani attendono ancora giustizia
per le violenze e gli attacchi subitì da parte degli estremisti indù nel
corso del 2008. Il primo dicembre il Governo locale ha deciso, se non altro, di
revocare la richiesta di procedere contro 338 cristiani che avevano reagito
violentemente contro coloro che devastavano chiese e aule di preghiera. Va
ricordato che anche nel 2008 il pretesto accampato dagli estremisti contro i
cristiani era stato quello del proselitismo.
Giampiero Sandionigi

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