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I consigli ai giovani: il male peggiore è l’indifferenza.
Bisogna saper incontrare le persone.
«È
stata la più bella assemblea di istituto degli
ultimi anni»: è il commento di parecchi studenti del liceo classico
"Generale Govone" e di due classi del Liceo artistico, dopo l’incontro
con don Luigi Ciotti di venerdì 11 maggio: un bel complimento e un
ringraziamento sia al dirigente scolastico, professoressa Anna Maria
Alessandria, che ai rappresentanti degli studenti: Stefano Montaldo, Marco
Cerrato e Paola Stroppiana. È raro vedere 250 studenti di una scuola
superiore reggere oltre due ore di confronto e di dibattito serrato, in
silenzio, senza perdere la concentrazione, con un coinvolgimento
crescente, come evidenziato dalle domande a cui alla fine non è stato
possibile rispondere.
Don Ciotti ha toccato le principali tematiche giovanili
del momento.
Dietro il disagio giovanile c’è il disagio degli
adulti, il disagio di una società del
benessere che non riesce ad accettare la normale fatica di vivere (lo
scorso anno, in Italia, sono state vendute 153 milioni di confezioni di
pillole antidepressive a ansiolitiche, per non parlare del fumo!), il
clima generalizzato di violenza che domina in televisione e nei
videogiochi e un orizzonte culturale secondo cui ciò che conta è l’immagine,
l’apparire, la ricchezza, il potere.
Di fronte a tutto questo, l’unica alternativa reale è
avere il coraggio di essere inadeguati, di essere alternativi.

AFFASCINANTE COMUNICATORE. Don Luigi Ciotti con tre
studenti
del Classico di Alba: Marco Guarene, Stefano Montaldo e Marco Cerrato.
I bisogni dei giovani d’oggi sono
quelli di sempre e sono trasversali alle classi sociali: il bisogno di
affettività, di amicizia e di amore che chiede di essere espresso, non
bruciato; il bisogno di comunicazione, di dialogo che vorrebbe risorse
maggiori, se è vero che, mentre nel 1987 i giovani, per comunicare,
usavano mediamente
1.600 vocaboli, oggi ne usano 600; il bisogno di
esprimere le proprie risorse e capacità, non solo in campo intellettuale,
ma anche manuale: oggi abbiamo bisogno di buoni contadini, di bravi
muratori, di meccanici...; il bisogno di dare un senso alla vita, in un
Paese come l’Italia in cui, l’anno scorso, si sono registrati quasi
200.000 casi di bulimia/anoressia!
La malattia più grave oggi, in Italia, è l’indifferenza,
la superficialità: è la diagnosi del gruppo "Abele", che pure
non ignora i cambiamenti in atto, con le nuove emergenze scatenate: le
nuove droghe e la schiavitù. L’intervento del gruppo "Abele"
si organizza attorno a tre filoni: 1) l’accoglienza delle nuove forme di
sofferenza: le prostitute-schiave, i malati di Aids, le coppie in crisi,
gli alcolizzati; 2) l’uso del lavoro come strumento di riscatto e di
crescita (a Torino 120 persone si guadagnano da vivere con la raccolta
differenziata e la divisione dei rifiuti); 3) la cultura, l’università
della strada, la ricerca, condotta sul campo, per capire le nuove
emergenze.
Alla fine degli anni ’80 abbiamo vissuto un
cambiamento epocale: non solo la caduta del
comunismo, ma l’avvento della musica tekno, di una nuova cultura
giovanile, di linguaggi fatti più di gesti che di parole, di un modo di
intendere il divertimento che implica, tra l’altro, il riappropriarsi
della notte. È cresciuto il rischio di un corto circuito tra ciò che
viene proposto e la realtà, fatta di fatica, di concretezza: di qui la
tentazione di fuga nelle nuove droghe: l’ecstasy (la droga
"giusta"!), senza dimenticare la non meno preoccupante offensiva
del fumo e degli psicofarmaci.
La fatica di sognare e di coltivare ideali è
stata denunciata da diversi studenti: una condizione di vita che si
accompagna a un rapporto problematico con la religione. Un adulto, anche
se prete – ha concluso don Ciotti, raccontando la sua vocazione e la
nascita del gruppo "Abele" – non può comunicare sogni, ideali
e tanto meno Dio: è Dio che fissa gli appuntamenti con gli uomini; noi
dobbiamo solo dargli una mano. La strada indicata, una sorta di consegna
ai giovani, è questa: uscire da se stessi, lasciarsi provocare dalle
situazioni, cercando sempre di incontrare le persone e di risolvere i
problemi. Non accontentarsi di essere i notai del presente, ma sforzarsi
di diventare i profeti dell’aurora.
Battista Galvagno
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