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Comunicare
vita è il titolo del messaggio
che i vescovi italiani hanno rivolto ai fedeli in
occasione della ventesima Giornata per la vita, che
si celebra domenica primo febbraio. Perché la vita
è un dono da comunicare, dicono i vescovi,
trasmettendola a nuovi esseri umani, ma anche
"dicendo vita" là dove tanti vanno
"dicendo morte". Dire la vita significa
comunicare speranza, anche quando per la speranza
pare non esserci più posto. Significative, in questo
senso, le storie che abbiamo scelto di raccontare in
questo "speciale" dedicato alla Giornata.
La
prima è il caso del bimbo nato senza cervello a
Torino, i cui genitori hanno scelto la speranza,
invece della disperazione, decidendo di portare a
termine comunque la gravidanza e se e quando
sarà possibile di donare i suoi organi. La
seconda storia è quella del Piccolo Gregge, la casa
di Castellanza dove i religiosi Camilliani curano e
assistono i malati di Aids allultimo stadio.
«Oggi anche questa malattia può essere tenuta sotto
controllo», dice padre Gianluigi, «ma la medicina
più preziosa è lamore».
Comunicare
vita è dunque comunicare amore. Ma anche comunicare
senza stancarsi le ragioni dellimpegno in
favore della vita umana nascente: un impegno tanto
più importante in questo 1998, ventennale
dellentrata in vigore della legge
sullaborto.
r.par.
«Su di noi sono
state dette e scritte cose distorte, talvolta addirittura
infamanti. Abbiamo voluto far nascere nostro figlio
perché sin da subito lo abbiamo amato. La scelta di
donare i suoi organi, se e quando Dio lo vorrà, è stata
successiva a quella di proseguire la gravidanza».
È sabato sera. I genitori di
Gabriele, il bambino nato senza cervello, sinfilano
veloci nella canonica della parrocchia Santissima
Trinità di Nichelino, nellhinterland torinese,
dove sono di casa. Li accoglie il parroco, don Paolo
Gariglio. Arrivano dal Regina Margherita, lospedale
infantile di Torino, dove il piccolo anencefalico è
stato ricoverato. Vita e morte continuano il loro
sfibrante girotondo attorno a quella culla. Gabriele
respira. La linea verde che anima il monitor traduce in
ritmica danza il suo battito cardiaco. Ma tra un minuto,
unora, un giorno, cosa accadrà?
Gabriele potrebbe essere morto
quando il giornale sarà in mano ai lettori... «In ogni
caso, Gabriele è il più bel dono che il Signore ci ha
fatto», taglia corto il papà. Sandra e Luca (anche noi
li chiameremo così, con nomi di fantasia) si sono
sposati nellaprile 1990; hanno una bambina che
frequenta la prima elementare. Lei è una casalinga
ventiseienne; lui, geometra (lavora in una società che
produce calcestruzzo), ha 32 anni. Sono una giovane
coppia che si sforza di vivere con serietà il
cristianesimo. Seguono i corsi di esercizi spirituali che
don Paolo Gariglio e i suoi collaboratori organizzano
coinvolgendo a turno più di mille persone allanno;
svolgono attività di volontariato. Sandra, soprattutto,
si è occupata di malati terminali di cancro e sè
poi data un gran da fare in oratorio. È socia
dellAido, lAssociazione italiana dei donatori
di organi. Una fede equilibrata e serena, la loro.
Ad aprile si accorgono di aspettare
unaltra creatura. «Eravamo contenti», raccontano.
«Sprizzavano gioia», conferma il parroco. Il 10 luglio
Sandra finisce allospedale, in Calabria. «Ero
andata a trovare mia sorella. Soffrivo di piccole
coliche», afferma. «Allinizio, il ginecologo mi
sfotteva bonariamente: "Stai brava. Vuoi sentire il
battito cardiaco del tuo bambino? Ecco, ascolta".
Riuscì a tranquillizzarmi, per quella sera almeno».
Lindomani, unecografia rivela il dramma.
Gabriele è anencefalico. Cioè non ha cervello. «Mi
spiegarono che potevo abortire. Dimpeto, risposi
no». «Mi chiamò sul tardi mentre ero da un vicino»,
interviene Luca. «Piangeva. Non capivo. Quando riuscì a
raccontarmi tutto, rimasi come stordito. Torna su, ne
parliamo, ricordo di averle risposto». Il 12 luglio
Sandra è di nuovo in Piemonte. La diagnosi è confermata
prima allospedale Santa Croce di Moncalieri, quindi
alla Clinica ostetrico-ginecologica dellUniversità
di Torino.
«Daccordo con mio marito ho
ribadito che non intendevo interrompere la gravidanza»,
riprende Sandra. «La nostra scelta è stata sempre
capita e rispettata dai medici eccetto la volta in cui
una dottoressa mi disse brutalmente: "Ma quale
speranza vai coltivando, se hai un figlio senza
testa?"». «Delleventuale possibilità di
donare gli organi di Gabriele cominciammo a parlarne sul
finire di agosto», precisa Luca. «A settembre ho
vissuto momenti di profondo sconforto», ammette Sandra:
«Soffrivo molto dal punto di vista fisico. Cominciavo a
sentirlo muovere e mi chiedevo che vita avrebbe vissuto
Gabriele. Basta. Lavrei fatta finita. Fissai un
appuntamento in ospedale. Io e mio marito pregammo
insieme a lungo, in quei giorni. Arrivò la mattina del
giorno stabilito. Telefonai: "Proseguo la
gravidanza"».
Gabriele è nato grazie a un parto
cesareo il 14 gennaio 1998. «Devi vederlo quanto è
bello e in carne. Ha la pelle di pesca. Purtroppo non ha
mai aperto gli occhi». Ha la sorte segnata, dicono i
medici. «Ci auguriamo che viva il più a lungo
possibile. Gabriele è un dono di Dio comunque vadano a
finire le cose. Ringraziamo tutti coloro che ci sono
stati vicini di persona oppure scrivendoci o
telefonandoci (tra i tanti, anche i cardinali Giovanni
Saldarini ed Ersilio Tonini, ndr). Chiediamo
rispetto per il nostro dolore».
«I colleghi interessati hanno
agito e agiscono nel pieno rispetto sia della legge sia
della deontologia professionale. Si battono per la vita;
non sono cinici angeli di morte come sostiene qualcuno»,
sottolinea Michele Olivetti, presidente dellOrdine
dei medici di Torino e provincia: «Laver intubato
alla nascita il piccolo Gabriele, utilizzando le tecniche
disponibili, è stato un atto dovuto per garantirgli la
sopravvivenza indipendentemente da qualsiasi progetto
futuro di eventuale prelievo di organi».
Dal canto suo, padre Giordano
Muraro, teologo domenicano ed esperto di morale, ha
parole di approvazione per Sandra e Luca. «Due sposi
decidono di avere un figlio. Per amore e con amore.
Durante la gravidanza apprendono che il bimbo è
anencefalico. Hanno due possibilità: interrompere la
gravidanza o portarla a termine», dichiara. «Con
coraggio e generosità, loro hanno optato per la vita. Si
dirà: "il bimbo è senza cervello". E allora?
Bisogna rispettare la vita umana qualunque sia il modo in
cui si presenta».
Cè chi accusa i due coniugi
di aver considerato il figlio né più né meno che un
"contenitore" da cui prelevare degli organi,
imputando ai credenti di aver smarrito il senso di
rispetto dovuto alle singole persone.
«Dalla conoscenza che abbiamo del
caso», afferma padre Muraro, «Sandra e Luca risultano
ben consapevoli del fatto che Gabriele, lungi
dallessere un insieme di organi di
"ricambio", è una persona unica e irripetibile
nel progetto di Dio. Si tenga presente che, più forte
dellegoismo, nella natura di ogni uomo cè la
vocazione allamore, ovvero a fare della propria
vita un dono. Ebbene, mi pare che i genitori di Gabriele
abbiano interpretato correttamente la natura del loro
piccolo quando hanno pensato che con la sua vita si
permette ad altri bimbi di vivere lesistenza a lui
negata».
«I due giovani coniugi hanno agito
nella logica dellamore, cioè nella logica di chi
pensa come insegna Giovanni Paolo II che
"la vita è un dono che si realizza nel
donarsi"», conclude padre Giordano Muraro.
Alberto Chiara
Segue: Pasqualino alla fine ha sorriso
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