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Il significato
più autentico della visita del Papa è
nellincontro commosso con un popolo che reclama il
diritto alla verità e alla speranza. Due giganti del secolo si sono incontrati. Il
Papa che ha contribuito al crollo del blocco sovietico si
è misurato con Fidel Castro, irriducibile guardiano di
unisola del socialismo reale. Cè del vero in
questa rappresentazione della visita di Giovanni Paolo II
a Cuba. Ma rischia di essere la rappresentazione
dun incontro tra personaggi-simbolo, mentre
lincontro vero è stato tra il Papa e un popolo
sofferente, che reclama il diritto alla speranza e alla
verità. Nelle parole dei vescovi e del Pontefice questo
reclamo è suonato chiaro (ed è arrivato a tutto il
Paese grazie alle "dirette" televisive decise
dalle autorità cubane allultimo momento).
Difficile rendere lintensità dellincontro.
Tentiamo con la forma del "diario".
A carte
scoperte
Per larrivo del Papa (alle 16 del 21
gennaio) allaeroporto "José Martí" de
LAvana le scritte rivoluzionarie sono state
sostituite da un unico grande slogan: "Patria es
humanidad". Un Fidel Castro raggiante, in completo
blu, agita la mano in segno di saluto e applaude appena
vede il Papa sulla porta dellaereo. Nel discorso di
benvenuto il presidente cubano esprime subito le sue
convinzioni: paragona il colonialismo spagnolo al
nazismo, denuncia con vigore il tentativo della «più
grande potenza economica, politica e militare della
storia» di strangolare la piccola Cuba rivoluzionaria.
Ma noi, scandisce Castro, «preferiamo mille volte la
morte piuttosto che rinunciare alle nostre convinzioni».
Chiaro con gli Stati Uniti, Fidel vuole esserlo anche con
la Chiesa. Afferma che il rispetto della religione è
fondamentale per la rivoluzione cubana, e «se qualche
volta sono sorte difficoltà, non è mai stato per colpa
della rivoluzione».
Il Papa, che oggi tiene un tono
basso, ricorda che la Chiesa cubana ha vissuto
«circostanze difficili». Con implicito riferimento
allembargo economico statunitense (sullaereo
con i giornalisti era stato più esplicito:
«lembargo va cambiato»), augura: «Possa Cuba
aprirsi, con tutte le sue magnifiche possibilità, al
mondo, e possa il mondo aprirsi a Cuba».

La mattina dopo, a Santa Clara, 120
mila persone aspettano il Papa in un grande campo
sportivo, sotto la collina del Capiro. Sulla cima
cè il monumento che ricorda una delle battaglie
vittoriose della guerriglia contro il dittatore Batista.
Guidava i "barbudos" il Che Guevara, i cui
resti (trasportati dalla Bolivia) sono stati tumulati in
questa città.
Famiglia
cubana, coraggio
C'è aria di festa. Tutti gridano: «Juan
Pablo amigo, Cuba esta con tigo». Il vescovo di Santa
Clara, Fernando Prego, dice che tanta gioia è lo sfogo
della lunga attesa per questa visita. Poi cambia
registro: «Santità, ravvivi la nostra speranza, perché
possiamo sempre alzare lo sguardo al cielo anche in mezzo
alle ansie e alle delusioni dovute alle sofferenze, ai
fallimenti e alle fatiche della vita quotidiana... Che la
sua parola orienti e conforti tutte le famiglie cubane,
perché diminuiscano i gravi mali che le colpiscono:
leccessivo numero di divorzi, lorrendo
crimine dellaborto, il distacco che si sperimenta
in molte famiglie per ragioni di lavoro, di studio o di
prigionia».
Il Papa sottoscrive
queste denunce e deplora la divisione delle famiglie per
vari motivi, tra cui lemigrazione. Critica la
«sostituzione del compito educativo dei genitori» a
causa di un sistema scolastico che allontana gli
adolescenti dalla famiglia e li obbliga a vivere nei
collegi di campagna per unire lo studio al lavoro
agricolo. Incita i genitori: «Non aspettate che tutto vi
venga dato. Assumete la vostra missione educativa,
cercando e creando gli spazi e i mezzi adeguati nella
società civile».
La sera, nel Palacio de la
Revolucion, la "casa" del potere, i cui interni
sono per la prima volta svelati ai telespettatori cubani,
il Pontefice incontra una delle famiglie divise dalla
"emigrazione".
Fidel Castro, pieno di premure,
presenta la sua famiglia al Papa: i fratelli Ramón e
Raúl, le sorelle Angela e Augustina (che abbraccia il
Papa e poi piange). Manca laltra sorella, Juanita,
"emigrata" a Miami nel 1961. Intervistata nelle
stesse ore da una televisione, si dice contenta che il
Papa sia a Cuba, ma ribadisce che non vi ritornerà
finché resterà al potere suo fratello.
Giovani,
reagite
Il venerdì 23 gennaio è una bellissima
giornata a Camagüey, nella regione centro orientale
dellIsola.Al sole che picchia, i giovani, cui
lincontro è dedicato, aggiungono il calore del
loro entusiasmo. Al centro della piazza, proprio davanti
al palco con laltare per la messa, agitano
bandierine cubane e vaticane, e gridano amore al Papa.
Molti i militanti della Gioventù comunista. Sergei, 19
anni, è stato battezzato sette anni fa. Si dichiara
cattolico praticante. Di quanto detto finora dal Papa
apprezza soprattutto linvito a recuperare i valori
morali. Diamira, una maestra di 28 anni, difende
la gioventù cubana: «La maggior parte è sana, non si
lascia incantare dai miraggi del consumismo». Parecchi
metri più in là, Doris, 30 anni, battezzata da cinque e
ora catechista, è più pessimista: «La gran parte dei
giovani è indifferente. Pensa soprattutto al benessere.
Se potesse, se ne andrebbe anche domani».
Il Papa chiede che «Cuba educhi i
giovani nella virtù e nella libertà». Sa delle
condizioni difficili, delle "frustrazioni" e
della debole speranza in cui vive la gioventù. La causa
delle difficoltà «non è soltanto nelle strutture, nei
mezzi e nelle istituzioni, nel sistema politico o negli
embarghi economici, che sono sempre da condannare perché
colpiscono i più bisognosi». La causa è soprattutto
nel male morale. Bisogna reagire cambiando il cuore,
ritornando alle «radici cubane e cristiane». E invita
allimpegno nelle famiglie, nelle comunità, nel
tessuto sociale e, «a suo tempo, nelle strutture
decisionali della nazione».
I
diritti umani
La mattina del 24 gennaio, sabato, il Papa è
a Santiago de Cuba, città fiera, dalla quale sono
partite tutte le sollevazioni contro loppressione
nellIsola. Larcivescovo Pedro Meurice Estíu
saluta il Papa con un elenco di denunce: questo popolo
soffre per le pressioni esterne e la dura crisi
economica, per i falsi messianismi e le disuguaglianze,
per la mancanza di partecipazione e il paternalismo.
Afferma che molti cubani «hanno confuso la patria con un
partito, la nazione con il processo storico degli ultimi
decenni, la cultura con una ideologia». Ora rifiutano
tutto in blocco e si sentono sradicati, disprezzano quel
che è cubano e «sopravvalutano tutto quello che è
straniero». Il vescovo tocca anche il doloroso tema dei
cubani (quasi 2 milioni) che vivono "nella
diaspora". Ad ogni denuncia un applauso.

Il Papa presenta il dono di un mosaico
bizantino riproducente il "Cristo pantocrator"
a Fidel Castro prima dell'incontro ufficiale nel palazzo
della Rivoluzione.
Il Papa non è da meno. Dice che la
vera libertà «comprende il riconoscimento dei diritti
umani e la giustizia sociale» e che i laici cattolici
hanno «il dovere e il diritto di partecipare al
dibattito pubblico, con uguaglianza di opportunità, e in
atteggiamento di dialogo e di riconciliazione». Per il
bene della nazione sono indispensabili la libertà di
espressione e associazione.
La sera, durante lincontro
con i malati nel santuario di San Lazaro, una ventina di
chilometri da LAvana, un Papa stremato dalla fatica
trova ancora la forza di scandire con chiarezza che,
oltre alla sofferenza fisica, cè quella
dellanima. La patiscono «i segregati, i
perseguitati, i detenuti per diversi reati o per motivi
di coscienza». Reinserirli nella vita sociale «è un
gesto di alta umanità, un seme di riconciliazione, che
onora lautorità che la promuove, mentre rafforza
la convivenza pacifica nel Paese». Due giorni prima,
tramite il cardinale Sodano, il Papa aveva chiesto alle
autorità cubane clemenza per dei detenuti che gli si
erano raccomandati. Il governo cubano aveva risposto di
aver accolto la richiesta «con la dovuta attenzione».
Plaza de
la Revolucion
Oggi, domenica 25, il cielo de LAvana
è grigio. Il che non impedisce a centinaia di migliaia
di cubani di incamminarsi, fin dallalba, verso la
Plaza de la Revolucion. Piazza trasformata per la messa
che tra qualche ora vi celebrerà il Papa e alla quale
parteciperà anche il presidente cubano, in compagnia
dello scrittore Gabriel García Márquez. Di fronte
allobelisco e al monumento a José Martí
sinnalza il podio con laltare. Alle spalle,
una gigantografia del Sacro Cuore copre quasi interamente
la facciata della Biblioteca nazionale. Sulla destra, il
profilo stilizzato del Che Guevara su unintera
parete del Ministero dellInterno. Piazza immensa,
teatro di adunate oceaniche e di interminabili concioni
di Fidel Castro.

La messa del 25 gennaio in piazza
della Rivoluzione.
Anche per il Papa la folla è
oceanica ma il discorso è relativamente breve. La
giornata è dedicata allevangelizzazione e alla
missione dei laici. Il Pontefice denuncia i sistemi
ideologici che enfatizzano lo scontro e afferma che uno
Stato moderno «non può fare dellateismo o della
religione uno dei propri ordinamenti politici». Critica
anche il «neoliberalismo capitalista che subordina la
persona umana e condiziona lo sviluppo dei popoli alle
forze cieche del mercato». Chiede ai cattolici di
impegnarsi in una liberazione che sappia coniugare
«libertà e giustizia sociale, libertà e
solidarietà». Molti applausi per questa omelia. Il Papa
li incoraggia: «Non sono contrario agli applausi,
perché quando applaudite il Papa può riposarsi un
po».
Dopo la lettura del vangelo, il
Papa aveva consegnato la Bibbia a una ventina di laici
cattolici impegnati nella Chiesa e nella società. Tra
questi, Dagoberto Valdés, direttore del Centro di
formazione civica e religiosa della diocesi di Pinar del
Rio e del periodico cattolico Vitral. Un anno e
mezzo fa Dagoberto, che è ingegnere agronomo, per il suo
impegno sociale è stato degradato a "tecnico de
yaguas", raccoglitore di foglie di palma. Ironico,
ma non tanto, Dagoberto ci dice: «Sto facendo una
strepitosa carriera verso il basso. Il che mi aiuta a
scoprire le radici dellimpegno cristiano e a meglio
comprendere la fatica del vivere quotidiano».

La richiesta di libertà per i
detenuti politici sulla piazza della Rivoluzione.
Prima di lasciare LAvana, il
Papa pranza con i vescovi cubani, ai quali consegna un
lungo discorso, quasi una sintesi della dottrina sociale
cristiana. Parla anche dei cubani dellesilio e
dellemigrazione, ai quali domanda di contribuire al
progresso del Paese «con serenità e spirito
costruttivo».
Allaeroporto, salutato da un
Fidel Castro apparentemente soddisfatto, il Pontefice
chiede alle Nazioni latino-americane di aiutare il popolo
cubano a migliori rapporti internazionali. «In tal
modo», aggiunge, «si contribuirà a superare
langoscia causata dalla povertà, materiale e
morale, le cui cause possono essere, fra le altre, le
ingiuste disuguaglianze, le limitazioni delle libertà
fondamentali, la spersonalizzazione e lo scoraggiamento
degli individui, e le misure economiche restrittive,
ingiuste ed eticamente inaccettabili, imposte da fuori al
Paese». Un altro esplicito riferimento allembargo
americano.
Renzo Giacomelli
Segue: Il ricordo di padre Varela, l'eroe
dell'indipendenza
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