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La
"bozza Berlinguer" segna unimportante
svolta politica dopo cinquantanni di polemiche. Ma
restano molte ambiguità, e veri e propri rischi
minacciano ancora la "piena libertà" che
larticolo 33 della Costituzione pur garantisce a
tutte le scuole private. Il disegno di legge, che il Governo sta
preparando per attuare dopo cinquantanni la parità
scolastica, è noto per ora soltanto attraverso
indiscrezioni giornalistiche e nelle sue linee generali.
Però un punto fermo è assodato: qualunque sia la sorte
del progetto ministeriale, dora in poi sarà
difficile tornare indietro, alle vecchie dispute di
carattere ideologico. Infatti la "bozza
Berlinguer" appare intesa a dare attuazione
finalmente piena al dettato costituzionale, senza
intaccare in nulla i princìpi che in esso sono
stabiliti, compreso quello, molto discusso, che concede a
enti e privati il diritto di "istituire" (che
non significa ovviamente "gestire") scuole e
istituti di educazione "senza oneri per lo
Stato". Infatti, il paragrafo 4 dellart. 33
dice espressamente che lo Stato "deve
assicurare" agli alunni delle scuole non statali un
trattamento scolastico "equipollente" a quello
degli alunni delle scuole statali. Una
"equipollenza" anche economica.
La "bozza Berlinguer"
affronta per la prima volta in una sede governativa,
cioè decisionale, uno dei due grandi problemi connessi
con leffettiva parità: quello relativo al
finanziamento degli studi nella scuola non statale (del
secondo grande problema parleremo più avanti). Il
Governo intenderebbe risolvere la questione attraverso
«un mix di misure mirate al sostegno alle famiglie:
dalle borse di studio, alla detrazione fiscale delle
spese per i libri, fino a un contributo del 35 per cento
sulla spesa media per alunno», come ha detto la
sottosegretaria, on. Soliani.
Come si vede, in questo
"mix" manca quella proposta di istituire un
"bonus" a disposizione delle famiglie che,
secondo gli esperti del Polo e anche di alcune
associazioni cattoliche di genitori e di istituti,
sarebbe la soluzione migliore, perché darebbe
consistenza diretta alla libertà di scelta scolastica
delle famiglie. Il finanziamento del 35 per cento del
costo di gestione degli istituti andrebbe invece
direttamente alle scuole, e farebbe comunque parte
integrante di un sistema di "convenzione" in
cui potrebbero entrare elementi di ambiguità e di vero e
proprio rischio ai danni di quella "piena
libertà" che, sempre in forza dellart. 33
della Costituzione, deve assicurare alla scuola non
statale.
E qui si entra nel secondo grande
problema connesso con la parità scolastica: il
reclutamento degli insegnanti. Di questo non si parla,
finora, nella "bozza Berlinguer". E forse non
se ne parla perché è di soluzione politica molto più
difficile di quella del finanziamento.
La posizione della Chiesa italiana su questo
delicato argomento è stata formulata anche recentemente
da Ennio Antonelli, segretario della Cei:
«Lassunzione deve avvenire per chiamata, per non
distruggere la specificità di una scuola che deve poter
dare una sua impronta con coerenza». Naturalmente si
devono rispettare quei criteri di competenza e di
abilitazione compresi nelle "norme generali
sullistruzione" di cui parla la Costituzione;
così come tocca allo Stato il controllo finale sulla
preparazione degli allievi e quello sui bilanci che le
scuole non statali dovrebbero presentare in regime di
"convenzione".
Ma è proprio il regime di
"convenzione" quello sul quale occorrerà che
il dibattito, prima nel Governo e poi in Parlamento, sia
chiaro, trasparente e non ideologico. Quando si dice che
lItalia è il solo degli Stati dellUnione
europea nel quale manchi il riconoscimento della parità
scolastica anche in termini economici, occorre verificare
la validità delle esperienze altrui per quanto riguarda
lautonomia e la "piena libertà" delle
scuole.
In molti casi, infatti, come in
Francia e in Belgio, è vero che lo Stato paga
direttamente gli insegnanti delle scuole non statali,
come se fossero suoi dipendenti, ma conserva una potestà
e una discrezionalità molto ampia nellautorizzare
lassunzione del personale da parte degli istituti;
mentre a questi ultimi, naturalmente, interessa molto che
agli alunni sia assicurata la formazione coerente con i
princìpi cristiani che le famiglie desiderano.
Diverso il caso dellOlanda, dove la
Costituzione stabilisce esplicitamente «la libertà di
nominare gli insegnanti e di scegliere i metodi
didattici. Lautorità competente di una scuola è
quindi autonoma nellassunzione dei docenti, alla
sola condizione che questi siano in grado di produrre un
attestato di buona condotta e un certificato di
abilitazione allinsegnamento».
La citazione è tratta da un
articolo del gesuita Mario Reguzzoni su Aggiornamenti
sociali. Il padre Reguzzoni è stato uno degli otto
membri della commissione nominata dal ministro Berlinguer
con il compito di formulare unipotesi di parità
scolastica. A lui si deve uninteressante ipotesi
alternativa a quelle finora in campo: «Le scuole non
statali, per conservare piena libertà di scelta degli
insegnanti, dovrebbero rinunciare a chiedere la parità,
ma puntare invece a ottenere che venga loro riconosciuta
la natura di "servizio privato di interesse
pubblico", facendo rientrare le attività educative
non statali tra quelle del "terzo settore",
cioè tra quelle che, pur essendo necessarie per la
realizzazione del bene comune, non sono tali da dover
essere gestite direttamente dallo Stato».
In tal caso potrebbero esigere
contributi dallo Stato, in obbedienza al principio di
sussidiarietà: lo Stato finanzi, risparmiando sulla
propria spesa, le attività che le entità inferiori
possono svolgere con altrettanta efficacia, minori costi
e maggiore libertà per i cittadini.
Beppe
Del Colle
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