Cercavo con fatica in me il
coraggio di avvertire della tua dipartita mio marito
Claudio, anche lui legato a te da grande affetto fin
dal primo giorno che ti ha conosciuto. Ci avevi
promesso che saresti rimasto ancora a lungo tra noi,
avevi chiesto al Signore di non affrettarsi a
prepararti il "posto", volevi vedere il
trionfo del Cuore Immacolato di Maria sulla terra, e
invece...
Pur avendo saputo
dellincidente, eravamo certi che non ci avresti
lasciato così in fretta. Tu eri per me, e penso per
tutti i membri dellIstituto "Santa
Famiglia", il padre e lamico
insostituibile. Per consolarmi sono andata col
pensiero al nostro ultimo incontro dell11
maggio a Canneto. Era la solennità
dellAscensione e la festa della Mamma, una
combinazione felice che tenesti a sottolineare. Tu
sei volato al cielo, dopo tre giorni di "Via
Crucis", in una notte di simile combinazione
felice: tra la festa della Visitazione e la
solennità del Corpus Domini, tra la Mamma e il Fi
glio, tra gli Istituti "Santa Famiglia" e
"Gesù Sacerdote" a te carissimi.
Quel giorno, col tuo stile
incisivo, ci raccomandasti la novena allo Spirito
Santo, di pregarlo incessantemente perché guidasse
le scelte dei nostri figli, di chiedere sempre al
Signore il suo aiuto e se non lavessimo
ottenuto, di dirlo a te. «Signore... non farmi fare
brutte figure...», gli avresti detto. Eri lieto,
luminoso, trasparente; i tuoi grandi e vivacissimi
occhi, specchio della tua anima, comunicavano la tua
gioia interiore.
Ti parlai di un malato
terminale e mentre ti informavi del suo stato, ben
due volte lo benedicesti e mi dicesti di stare
serena: il Signore avrebbe provveduto. Ti ringraziai
per la speranza che avevi messo quel giorno nel mio
cuore, ti raccomandai di pregare per i nostri figli.
Dopo ladorazione
eucaristica, fatta con don Francesco, sei venuto a
salutarci in quel bellissimo prato, sotto gli alberi,
tra il canto degli uccelli. Oggi ricordo, perché me
lo sono tenuto ben stretto nella mente e nel cuore,
che dicesti più o meno così: «Io sicuramente
andrò "su" per primo, ma voi state
tranquilli... quando busserete verrò io ad aprirvi,
personalmente, con san Pietro... Vi ospiterò io
e non vi sto raccontando favole nelle
ville delle mie dieci città che il Signore mi darà
per tutti voi...». Ti ho visto andar via
sottobraccio al responsabile nazionale, sempre più
curvo. Ed è stata lultima volta che ti ho
visto su questa terra.
Quando siamo giunti nel Santuario della
"Regina Apostolorum" per i tuoi funerali,
la bara era già chiusa, la ricopriva la cotta, la
stola, la mantellina con la quale lo scorso anno ti
avevano insignito dellonorificenza di
Cappellano delle Basiliche di Lourdes. Ai piedi della
tua salma sono state poste, per tuo volere, le
Costituzioni della Società San Paolo, sotto il capo
il Vangelo, sul cuore il Crocifisso, nelle mani la
corona del Rosario e la penna stilografica: tutta la
tua vita.
Dopo la celebrazione della
Santa Messa, insieme ai sacerdoti e alle suore,
abbiamo preso dassalto la tua bara per baciarla
come facevamo con te alla fine dei nostri esercizi
spirituali. Ti abbiamo salutato con un lungo
applauso, al canto di Andrò a vederla un dì,
la canzoncina mariana che a te piaceva tanto.
Ti immaginiamo già in paradiso
con don Alberione a trafficare grazie per la nostra
cara e grande famiglia paolina. Dà un grande
abbraccio da parte nostra a Gesù, alla Madonna e a
san Giuseppe e con loro benedici ogni giorno i nostri
figli, come eri solito fare durante i nostri incontri
quando essi, rincorrendosi tra i tavoli, approdavano
al tuo per rubarti un bacio, una carezza, un
cioccolatino o un grissino. Perdonaci per quante
volte ti abbiamo deluso, come qualche volta fanno con
noi i nostri figlioli.
Caro don
Lamera, è la prima volta che ti scrivo, ho amato
più leggerti nelle nostre circolarine e ancor prima
nelle risposte che padre Atanasio dava ai lettori di Famiglia
Cristiana, quando vennero raccolte e pubblicate
in due volumi. Mi piacevano quelle risposte, ma
chissà perché pensavo che padre Atanasio fosse già
morto.
Grande perciò fu la mia
sorpresa e la mia gioia una volta ad Ariccia quando
scoprii che padre Atanasio era lo pseudonimo che tu,
don Lamera, usavi per firmare i tuoi scritti. Mi
congratulai con te perché ritrovavo viva una persona
che credevo morta; mentre Mariagrazia, quella della
Sardegna, ti chiedeva scherzando: «Ma, don Lamera,
dopo morto con quale nome la dovremo invocare:
santAtanasio o santo Stefano?».
Non ricordo la tua risposta,
ricordo però il tuo sorriso divertito e compiaciuto,
che sicuramente avrai anche oggi in cielo nel vedermi
scrivere questa lettera. Caro don Lamera, nel
ringraziare Dio per aver avuto la gioia, lonore
e la grazia di averti incontrato sul nostro cammino,
con la certezza di riabbracciarti in paradiso,
chiediamo la tua benedizione.
Maria e Claudio