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Bella la foto. Il
Papa con gli occhi chiusi, il volto levato al cielo, in
un intensissimo momento di preghiera. Accanto, il titolo
forte, al limite della temerarietà: "Jesus contro
Papa". Colpisce duro il Giornale del 2
luglio, subito sottolineando maliziosamente che Jesus è
di Famiglia Cristiana, madre e figlio. E così i
Paolini sono serviti. In
realtà, che cosa è successo? Nel numero di maggio, Jesus
ha pubblicato un ampio dossier intitolato "Verso
un Papato ecumenico?" e il quotidiano milanese ne
sintetizza così la tesi: «Il successore di Wojtyla
dovrà essere "ecumenico" e mettere in
discussione il primato di Pietro per favorire la
riconciliazione con gli altri cristiani». In principio
era il Verbo: questa volta il verbo è a metà ed è
coniugato al futuro, "dovrà". Il prossimo Papa
"dovrà", ecc. ecc. È questa la tesi dei
Paolini? No, non lo è. Il dossier di Jesus non
aveva nessuna "tesi" ma uno scopo:
"ripensare" il primato di Pietro nello spirito
nel quale Giovanni Paolo II ha invitato tutta la Chiesa a
compiere questa operazione nellenciclica Ut unum
sint, che è del 25 maggio 1995.
In essa il Papa scrive: «Ciò che
riguarda lunità di tutte le Comunità cristiane
rientra ovviamente nellambito delle preoccupazioni
del primato. Quale Vescovo di Roma so bene, e lo ho
riaffermato nella presente Lettera enciclica, che la
comunione piena e visibile di tutte le Comunità, nelle
quali in virtù della fedeltà di Dio abita il suo
Spirito, è il desiderio ardente di Cristo. Sono convinto
di avere a questo riguardo una responsabilità
particolare, soprattutto nel costatare laspirazione
ecumenica della maggior parte delle Comunità cristiane e
ascoltando la domanda che mi è rivolta di trovare una
forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando
in nessun modo allessenziale della sua missione, si
apra ad una situazione nuova (...). Compito immane che
non possiamo rifiutare e che non posso portare a termine
da solo» (nn. 95,96).
Dunque il Papa propone a tutte le
"Comunità cristiane" (quindi non solo alla
Chiesa cattolica, ma anche alle confessioni cristiane
ortodosse e riformate) di impegnarsi con lui a «cercare,
evidentemente insieme, le forme nelle quali questo
ministero (il primato di Pietro, ndr) possa
realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e
dagli altri».
Tutti nella Chiesa e nelle Chiese possono e
debbono collaborare a questo "compito immane".
E molti lo stanno facendo, con grande libertà, come il
cardinale Daneels in unintervista al Regno,
e il cardinale König sullultimo numero
dellinsospettabile Trenta giorni. Tutti,
dunque, meno vescovi, teologi, studiosi, giornalisti
sulle pagine di Jesus (anche se si occupa esclusivamente
di cultura e informazione religiosa). E perché?
Perché non lo vuole il Giornale, e perché,
secondo don Gianni Baget Bozzo, il mensile della San
Paolo ritiene Giovanni Paolo II «il Papa di Trento e del
Vaticano I», anzi, «lultimo Papa del Vaticano
I». Naturalmente, nemmeno questo è minimamente vero.
Ciò che è vero, e i lettori di Jesus hanno
potuto verificarlo da soli, è che quel dossier intendeva
svolgere il tema proposto dal Papa collazionando le
opinioni di illustri uomini di Chiesa (tre cardinali,
Lorscheider, Fagiolo e Cassidy, un vescovo cattolico di
rito bizantino, un vescovo anglicano, un teologo
ortodosso, un pastore protestante) e di alcuni laici, fra
i quali lo storico del Vaticano II Giuseppe Alberigo, su
tutti gli aspetti rilevanti della vita della Chiesa di
oggi, alcuni dei quali costituiscono dolorose ma
inevitabili pietre dinciampo sul cammino
dellecumenismo, che il Papa definisce «una delle
priorità pastorali» del suo pontificato: dunque
non solo di quello prossimo (come, secondo il
Giornale, penserebbe Jesus).
Sottofondo di tutto il dossier è il rilievo
che in esso assume la consapevolezza che, discutendo del
"primato" del Papa, si ripercorre la vicenda
storica bimillenaria di una Chiesa nella quale
lesercizio del potere ha assunto via via forme e
modalità diverse con il mutare delle contingenze
storiche in cui operava, fra scismi dolorosi e riforme e
controriforme anche violente, pur tenendo sempre fermo
"lessenziale" della sua missione, e cioè
la trasmissione della fede nel Vangelo di Cristo alle
generazioni che si succedevano. Per dirla ancora con il
Papa, il "ministero dunità" del vescovo
di Roma «costituisce una difficoltà per la maggior
parte degli altri cristiani, la cui memoria è segnata da
certi ricordi dolorosi. Per quello che ne siamo
responsabili, con il mio Predecessore Paolo VI imploro
perdono» (n. 88).
Rilevando la liceità di un
discorso sul primato petrino anche sotto il profilo
storico, lealmente e umilmente accettato dal Papa, non ci
illudiamo di confondere il Giornale e altri
quotidiani della medesima ispirazione che di tanto in
tanto amareggiano i nostri giorni con attacchi e accuse,
sempre pretestuose e talvolta palesemente assurde. È
così, e amen. Ma non possiamo per questo rinunciare al
diritto di parola per difendere, con la nostra dignità,
anche la verità.
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