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Uno scricciolo con pile Duracell: non c’è niente di "meccanico" in Teresa Mannino, che sta per ascendere all’Olimpo del prossimo Zelig (12 puntate da settembre), tuttavia la sua vitalità, il suo essere una specie di tempesta che si alterna a un improbabile mare calma piatta ne fanno, anche fuori dalle scene, un personaggio da tener d’occhio. Perché quelle come lei difficilmente non diventano "qualcuno" nel mondo dello spettacolo. E lei "qualcuno" lo è già, anche se ha condotto solo spettacoli da ore piccole, come Zelig Off, dove evidentemente ha lasciato il segno. Al bar, dove abbiamo appuntamento, camerieri e proprietari le chiedono un autografo e altrettanto accade nella reception del giornale. Lei non ci crede. Si schermisce, quasi con imbarazzo: «Mi meraviglio sempre quando qualcuno mi riconosce fuori scena». Palermitana, classe 1970, doveva diventare medico, come il padre o come il fratello e la sorella. «Allora ti iscrivi a Farmacia, te ne compro una e sei a posto», le dice il padre, quando è ora di scegliere la facoltà. Ma lei risponde che non ha nessuna intenzione di fare la "venditrice". Rifiuta via via tutte le possibilità offerte da una facoltà medica. «Persino Veterinaria mi hanno proposto. Ma ho tenuto duro anche se non è stato facile: sono la cocca di papà, è stato lui a farmi nascere in casa e gli sono molto legata. Così, con qualche rammarico, vado a iscrivermi alla facoltà di Filosofia, che mi attrae molto. La mia tesi è: "Socrate, maschera della filosofia", perché trovo in lui la volontà della ricerca della verità, e lo paragono a Gandhi. Il personaggio mi affascina ma, siccome il poeta dice: "povera e nuda vai filosofia", decido per il sogno di riserva, il teatro, la recitazione, il palcoscenico».
«Mi trasferisco a Milano dove mi diplomo alla scuola europea di recitazione del Teatro Carcano e frequento anche il corso di Storia del teatro con Luigi Lunari. E passano gli anni: dal 1998 al 2001, presso lo spazio Usi di Milano, seguo il corso di teatro drammatico tenuto da Manuel Serantes, quindi partecipo a un seminario presso la scuola di recitazione "Quelli di Grock"; nel 2003 frequento uno stage di clownerie tenuto da Jango Edwards a Bologna..., quindi mi sposo e...».
«Durante uno spettacolo, in platea c’è un comico di Zelig, quello che in scena fa il leghista. Viene in camerino e insiste perché faccia un provino. Mi convince, scrivo un monologo su Berlusconi – a quei tempi non si parlava d’altro – e vado agguerrita, ma spaventata. Conosco Gino e Michele, Bozzo, Bosatra e tutto il resto della "gang". Mi prendono e comincia l’avventura più esaltante della mia vita. Sino all’ultimo Zelig Off, che ho condotto con Federico Basso, e al prossimo spettacolo a puntate, che comincerà a settembre, dove dovrò vedermela con Bisio e tutti i grandi di sempre, come Joele Dix che torna con il personaggio dell’automobilista ancora più "cattivo": lo capisco, perché giro con una Cinquecento che è nata nel ’70 come me, e poi ci saranno tanti nuovi talenti che si faranno amare».
«Siamo buone amiche, mi ha persino invitata nella trasmissione Protagonisti che conduce su Rtl il sabato sera. Poi che cosa c’entra: nessuno che non sia fuori di testa può pensare a una qualche rivalità tra noi due».
«Che cosa c’è di male? Sono le mie rock star...».
«Seguirò le indicazioni del mio poster! Comunque sarà di nuovo una bella avventura». Mentre chiacchieriamo, un uccellino si posa sul tavolo del bar. «Ecco», dice, «un uccellino e la neve mi fanno amare Milano perché, credimi, lasciare il profumo di Palermo per respirare i miasmi di questa città...».
«Un cameo nel film di Luca Lucini Amore, pupe, soldi e calcetto, dove c’è anche Claudio Bisio. Poi vacanze in un paesino siciliano in riva al mare e con le montagne che incombono, dove la vita s’è fermata».
«È vero, ma niente di orientaleggiante: ero vestita normalmente, mi inquadravano soltanto il volto e io facevo delle smorfie. Nessuna speranza per l’Oscar...».
«Un film con Pedro Almodóvar. Sognare non costa niente,
e non si sa mai… E poi mi piacerebbe condurre una lunga diretta
radiofonica, infatti adoro la radio».
Gigi Vesigna
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