È un "no"
secco, autorevole, inequivocabile, definitivo. La Chiesa si pronuncia sull’ipotizzato
assemblaggio a Cameri del cacciabombardiere americano F-35, della Lockheed
Martin. Lo fa con un comunicato firmato da monsignor Fernando Charrier, vescovo
di Alessandria, nonché delegato per la pastorale sociale e il lavoro della
regione ecclesiastica piemontese, e da monsignor Tommaso Valentinetti,
arcivescovo di Pescara-Penne e presidente nazionale di Pax Christi.
«Sulla scia dei pronunciamenti del Magistero della Chiesa
sulla giustizia e sulla pace, con particolare riferimento ai contributi
offerti dal Concilio Vaticano II fino alla riflessione dell’attuale
Pontefice, desideriamo riaffermare, come comunità cristiana, la necessità
di opporsi alla produzione e alla commercializzazione di strumenti concepiti
per la guerra», si legge nel documento.
«Ci riferiamo, in particolare, alla problematica sorta
recentemente sul territorio piemontese relativa all’avvio dell’assemblaggio
finale di velivoli da combattimento da effettuarsi nel sito aeronautico di
Cameri (Novara)», prosegue il comunicato. «Riteniamo che la produzione di
armamenti non sia da considerare alla stregua di quella di beni economici
qualsiasi. Per questo motivo, oltre ai princìpi etici applicabili all’economia,
occorre tenere conto di altri princìpi più specifici in rapporto alla
natura stessa di tali strumenti di distruzione. La loro produzione, infatti,
manifesta una palese contraddizione tra lo spreco di risorse per la
realizzazione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non
soddisfatti e tragicamente presenti in molte parti del mondo. Scienza e
tecnologia devono essere al servizio della vita e non della morte».
Da Paolo VI a Benedetto XVI
Lo scritto cita parole degli ultimi Papi. «L’enciclica
di Paolo VI, Populorum progressio del 1967, al n. 53 ribadiva:
"Quando tanti popoli hanno fame, ogni estenuante corsa agli armamenti
diviene uno scandalo intollerabile.
Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i
responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi". E riprendendo lo
spirito dei messaggi precedenti, Benedetto XVI nel suo primo
messaggio per la Giornata della pace del 1° gennaio 2006 afferma: "Non
si possono non registrare con rammarico i dati di un aumento preoccupante
delle spese militari e del sempre prospero commercio delle armi, mentre
ristagna nella palude di una quasi generale indifferenza il processo
politico e giuridico messo in atto dalla comunità internazionale per
rinsaldare il cammino del disarmo. Quale cammino di pace sarà mai
possibile, se si continua a investire nella produzione di armi e nella
ricerca applicata a svilupparne di nuove?"».
C’è, infine, la richiesta di fare un passo indietro
sulla questione di Cameri. «Abbiamo la speranza», termina il comunicato, «che
si arrivi a un ripensamento e a una soluzione non temporanea o solo legata a
una questione locale, cogliendo l’occasione per una riflessione più
allargata capace di incidere nella mentalità delle persone e delle
istituzioni, per renderle capaci di operare delle scelte non dettate dall’interesse
e dal potere, ma da una sincera ricerca del bene comune in vista di una pace
finalmente universale».
«Il documento mi piace molto, a partire dal titolo che
– riprendendo le parole di Gesù: "Vi lascio la pace, vi do la mia
pace, non come la dà il mondo" (Gv 14,27) – segna la differenza tra
la mentalità cristiana e quella corrente, dominata da altre logiche»,
commenta don Renato Sacco, un parroco della diocesi di Novara ed
esponente di Pax Christi: «Gli F-35 sono aerei d’attacco, costosissimi.
Questo capitolo s’inserisce nel quadro delle spese militari italiane
aumentate, con la Finanziaria 2007, di circa due miliardi di euro».
Un enorme spreco di risorse
«La corsa agli armamenti disperde enormi risorse che
potrebbero essere destinate a risolvere i principali problemi dei Paesi
poveri: in quanto contraria all’uomo, è contraria a Dio», interviene monsignor
Mario Bandera, direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del
lavoro della diocesi di Novara, nonché presidente della locale Commissione
giustizia e pace. «Non basta enunciare i princìpi in maniera astratta:
occorre tradurli in scelte quotidiane coerenti, anche se ciò comporta
fatica e non fa mietere applausi», concordano monsignor Bandera e don
Sacco. «Al termine di una lunga e condivisa riflessione, in maniera
rigorosamente non violenta, va da sé, e rispettosa delle persone che la
pensano altrimenti, ci opponiamo alla trasformazione della base aerea di
Cameri in fabbrica di assemblaggio degli F-35, chiedendo che questi non
vengano, però, costruiti neppure altrove e sollecitando il congruo
finanziamento delle norme esistenti per la conversione al civile dell’industria
bellica, in modo da salvaguardare l’occupazione e la vocazione economica
del territorio».
Tra i politici della maggioranza contrari c’è Luigi
Bobba, ex presidente nazionale delle Acli, senatore piemontese della
Margherita. «Sono cattolico; il Magistero della Chiesa mi insegna che la
difesa della vita è un principio non negoziabile, sia quando si parla di
bioetica sia quando si tratta di disarmo e di opposizione alla guerra;
dunque nessuno sconto è possibile», ragiona Bobba. «Cambiano le nostre
forze armate, sempre più impegnate nella difesa della pace; sottolineo difesa,
in missioni Ue, Onu, Nato. Un aereo come l’F-35, per concezione e
armamento, non sembra coerente con queste finalità. L’Italia, inoltre, è
partner di secondo livello; le redini tecnologiche rimangono saldamente in
mano a Usa e Gran Bretagna. Le spese, poi, sono così alte e, ora come ora,
indefinibili, che la Corte dei conti dell’Olanda (altro Paese coinvolto)
ha praticamente dato l’altolà al Governo, lamentando come si conoscano
costi e impegni iniziali, ma non quelli finali. Infine, in questa come in
altre vicende, la politica rischia di essere espropriata del proprio ruolo
decisionale, finendo ultimo vagone in fondo a un treno guidato dall’industria
e dalle forze armate».