Scusi la domanda, ma
cosa significa Ong?». Tre anni fa – come candidamente ammette –
non sapeva nemmeno il significato della sigla, che sta per Organizzazione
non governativa. Quando, giovane architetto, Filippo Frazzetta era
stato contattato dal Cope di Catania, certo non immaginava che di lì a
pochi mesi si sarebbe trovato non più a bazzicare per l’università, ma
nelle polverose piste del Sud della Tanzania.
L’ha imparato, in fretta e bene, se pochi giorni fa la
Focsiv (Federazione delle Ong di matrice cristiana) gli ha conferito l’Oscar
del volontariato 2006, il premio, organizzato quest’anno con Rai
News 24, che viene assegnato a un volontario o cooperante in servizio
all’estero.
«La telefonata è giunta mentre ero in Tunisia a condurre
uno studio sulle architetture romane per l’università», spiega Filippo. «Vuoi
andare in Africa? Quella vera?», gli hanno detto. «Ho risposto subito di
sì, senza pensarci un secondo». Così, nel gennaio 2004, l’architetto
Frazzetta è sbarcato nella sperduta cittadina di Nyololo, col compito di
progettare e costruire un ospedale, di dare un supporto tecnico per altre
strutture, e di sovrintendere ai progetti della Ong catanese in Tanzania. «L’ospedale
è quasi ultimato. Prevediamo l’inaugurazione in aprile 2007. Ma nel
frattempo si è fatto dell’altro: abbiamo messo in piedi un centro d’accoglienza
per bambini abbandonati e orfani, e abbiamo avviato un centro agricolo dove
coltiviamo e alleviamo di tutto, nei cinque ettari di terreno a disposizione».
Il centro d’accoglienza ospita attualmente 28 bambini.
Quanto al centro agricolo, la sua attività permette di soddisfare le
esigenze dei minori e di vendere anche una parte della produzione per
contribuire all’acquisto del materiale di consumo dell’ospedale che sta
per aprire.
«Mi preme sottolineare più che le cose fatte, il come
sono state fatte», dice Filippo. «L’apporto dei collaboratori tanzaniani
è essenziale. Sono persone straordinarie. Io, certo, ci ho messo la
conoscenza tecnica. Ma devo a loro l’enorme apporto di esperienza e di
suggerimenti per realizzare le strutture adatte alle esigenze della gente e
di questo Paese».
«All’inizio», prosegue l’architetto, «il mio swahili
era piuttosto rozzo. Ci parlavamo a balbettii, e spesso dovevamo
ricorrere ai disegni tracciati sulla sabbia. Hanno avuto con me infinita
pazienza. Faccio un esempio, banale ma illuminante: il nostro agronomo aveva
notato che a un certo punto i coltivatori toglievano la terra da sopra le
cipolle. Abbiamo detto loro che era sbagliato, perché così si arrestava la
crescita. Ci hanno risposto che lo sapevano bene, ma che noi bianchi non
consideravamo due cose: primo, che non ci sono frigoriferi e che quindi una
cipolla usata per metà in quel clima va subito a male; secondo, che al
mercato non ci sono le bilance e la verdura si vende "a secchio",
per cui la cipolla grande, che lascia ampi spazi vuoti nel contenitore, vale
meno».
Tanti progetti, non solo a matita
Architetto sì, ma anche molte altre cose. Frazzetta
racconta la sua giornata come un continuo saltare da un cantiere all’altro,
dal centro d’accoglienza a quello agricolo, da un problema da risolvere a
una richiesta da soddisfare, da Nyololo a Songea, l’altra città dove
opera il Cope con un progetto di formazione agricola.
E la progettazione quando la fai?, chiediamo. «Di notte»,
risponde, «quando restiamo solo io e la candela accesa. È il solo momento
tranquillo. In Tanzania si dorme poco. Si va a letto tardi e con le ossa
rotte, ma alla prima luce la vita riprende, e riparti pieno di energia
perché ci sono tante cose da fare e ti accorgi che sono davvero importanti
in questa realtà».
L’entusiasmo di Filippo ha contagiato anche la sua
famiglia. La sorella, Marcella, dopo una visita a Nyololo, ha
lasciato il lavoro e, da maggio scorso, è anche lei cooperante in Tanzania.
Il lavoro di Filippo e del Cope sono quanto mai
apprezzati: «Quando portiamo sanità, scuola, sviluppo mostriamo
concretamente l’amore di Dio», commenta monsignor Grace Norbert Mtega,
il vescovo di Songea che ha accompagnato in Italia Frazzetta in occasione
del premio. «I volontari sono il nuovo volto della presenza missionaria e
il segno che la Chiesa è sorella dell’Africa». Tutto bello, ma non tutto
bene. Sergio Marelli, direttore di Focsiv, nella giornata dell’Oscar
ha fornito le cifre dell’impegno italiano in termini di volontari: le 60
Ong aderenti a Focsiv hanno 800 cooperanti sul campo, le Ong italiane in
tutto ne hanno 3.000.
Pochi fondi dal Governo
«Alla premiazione era presente il vicepresidente del
Consiglio Rutelli. Gli ho consegnato la lista dei 69 cooperanti morti sul
campo dal 1983 a oggi. Purtroppo, l’attenzione per i nostri volontari c’è
solo quando succede qualche guaio. Eppure, per fare un esempio, se l’altro
giorno l’ultimo dei nostri militari ha lasciato l’Irak, i nostri
cooperanti – il nostro vero contingente di pace – ci sono ancora.
Abbiamo chiesto maggiore impegno del Governo, una svolta che finora non c’è
stata. In Finanziaria, dopo tante fatiche si è ottenuto solo un leggero
aumento di fondi per la Cooperazione. Mentre per i volontari in servizio
civile lo stanziamento è rimasto lo stesso. Sono, oggi, 50.000. Chiedevamo
75 milioni di euro in più, per soddisfare le tante richieste che ora
vengono respinte. Eppure si sa che il servizio civile è una vera palestra
di cittadinanza, di solidarietà e di crescita umana e sociale».