Il Meeting sfida il
pensiero debole. Oggi più di ieri. Non che i ragazzi di don Luigi
Giussani abbiano mai sofferto di tentazioni relativistiche, ma oggi
sentono il bisogno di richiamare in modo più esplicito il pensiero del loro
fondatore. Il Meeting 2006, che a oltre un anno dalla morte di "don
Gius" ha elaborato il lutto, al di là dei fischi e delle polemiche, è
stato soprattutto questo tentativo e questo sforzo.
Non a caso, per una volta, non ha cercato un titolo, ma
una citazione di monsignor Giussani: "La ragione è esigenza di
infinito e culmina nel sospiro e nel presentimento che questo infinito si
manifesti". L’anno scorso si è parlato di libertà, l’anno
prossimo il tema sarà quello della verità, "Il destino al quale
siamo tutti chiamati". Come un cerchio che si chiude o che si apre.
«Noi sentiamo la gravità del problema antropologico
moderno, del disfacimento della concezione dell’uomo che sembra dominare
oggi», ammette il leader di Comunione e liberazione Giancarlo Cesana.
«Don Giussani, come diceva spesso, ha sviluppato il suo pensiero ascoltando
la vita del movimento e oggi tutto il movimento si ascolta, cerca di
approfondire ciò che ha originariamente incontrato. Personalmente, non
essendo un filosofo, cerco di raccontare l’impatto che sulla mia
esperienza ha avuto l’incontro con lui».

Uno dei 120 incontri del XXVII Meeting per l’amicizia
fra i popoli,
svoltosi alla Fiera di Rimini dal 20 al 26 agosto.
Il problema di Comunione e liberazione, oggi, è quello di
raccontare quest’esperienza a chi don Giussani non l’ha mai incontrato.
Cosa tutt’altro che facile. L’intervento di Cesana ha avuto il sapore di
un’omelia laica che ha infiammato una platea non meno numerosa di quella
che ha ascoltato lo "show" di Silvio Berlusconi, anche se
il suo effetto è stato "oscurato" dai fischi alla senatrice Paola
Binetti. In questo caso non si parlava di embrioni né di pacs, come la
Binetti, e nemmeno di "grande coalizione" o di "sussidiarietà",
ma del "presentimento" d’infinito che guida la ragione quando
incontra la realtà. Un tema da filosofi, anche se proprio i filosofi, tra
teologi, politici e scienziati, sono stati i meno invitati. Forse perché
oggi, commenta lo stesso Cesana, «a dir la verità ce n’è anche pochi».
Gli intellettuali di Cl sono stati richiamati in prima
fila. Lo storico dell’arte Marco Bona Castellotti, che oltre a
essere il "paroliere" dei titoli del Meeting ha scoperto la
passione religiosa di Caravaggio e ha fatto da guida alla sua mostra sulla
"Classica majestas". Il poeta Davide Rondoni, che ha letto
il "quasi nulla" di Giacomo Leopardi con "infinita
amicizia". Tornano i grandi amori di don Giussani, che – ricorda chi
gli è stato vicino – «dopo la comunione, per ringraziamento, leggeva
Leopardi perché nei suoi versi sentiva la nostalgia dell’Incarnazione».
Ma la cosa più straordinaria sono state le oltre 5 mila
presenze al giorno alla mostra dedicata a don Giussani, 40 minuti di un
percorso, su prenotazione, per entrare nel decimo capitolo de Il senso
religioso. Un percorso impegnativo e difficile, anche per l’audio
quasi incomprensibile dei filmati in cui il fondatore parla in prima
persona. Non a tutti i ciellini è piaciuta, ma poco importa, perché un
percorso di questo genere è offerto, soprattutto, a chi è fuori dal
movimento.
D’altra parte, parlano i numeri. Il Meeting ha avuto
oltre 700.000 presenze: non è più solo il popolo di Cl che partecipa all’evento
di agosto. C’è gente simpatizzante, ma anche tante famiglie in vacanza al
mare, giovani che si portano dietro gli amici, insegnanti. Gente diversa,
insomma, che coglie questa straordinaria opportunità di cultura, di
riflessione e di incontro.
Nel nome della ragione si è parlato di una scienza che si
interroga sul perché, con l’astrofisico Marco Bersanelli, e dei
limiti che lo scienziato dovrà imporre a sé stesso, con Edmund
Pellegrino, consigliere di Bush per la bioetica.

La mostra dedicata alla figura e al pensiero di
don Luigi Giussani,
fondatore di Comunione e liberazione.
Un’Italia degli italiani
Berlusconi ha parlato di «un’Italia che deve rimanere
degli italiani», ma uno dei momenti più emozionanti del Meeting l’ha
offerto l’incontro con l’"Islam" liberale di donne come Raja
Ben Slama, Elham Manea e Souad Sbai, presidente dell’Associazione
donne marocchine in Italia, convinte che solo la liberazione della donna da
una condizione disumana, che purtroppo è confermata dalle cronache, potrà
liberare l’Islam. Il gesuita Samir Khalil Samir, uno dei massimi
esperti di Islam, ha sollevato il problema drammatico dei musulmani
convertitisi al cristianesimo, che rischiano la vita anche in Occidente e
che «potrebbero essere molti di più se le nostre chiese fossero più
accoglienti» e noi stessi meno tiepidi.
E poi è arrivata la grande star, Silvio Berlusconi, un
incontro atteso e voluto con determinazione da Roberto Formigoni, «per
un rientro in politica che partisse fisicamente dal Meeting». Anche se i
ciellini, tramite Cesana, hanno respinto al mittente il suo invito a fondare
i "circoli della libertà", l’entusiasmo per "Berlusconi forever"
è stato sincero. Pur senza i rinforzi della claque azzurra, l’abbraccio
del Meeting non gli sarebbe mancato.
Il liberalismo nel cuore
E non solo perché lui, il divo Silvio, si è dichiarato
disponibile a sottoscrivere un "liberalismo del cuore" che va ben
oltre il liberalismo tradizionale. Quello, per intenderci, che lo stesso
Formigoni si affanna a realizzare in Lombardia per dimostrare che sarebbe la
ricetta vincente per tutto il Paese.

Un momento del Meeting, al quale hanno
lavorato 3.041 volontari.
«Formigoni, naturalmente, è un’altra cosa, ma
Berlusconi ci piace perché è una specie di icona pop», dice Giovanni, 19
anni, in prima fila con penna e taccuino, cercando di spiegare perché i
giovani del movimento gli perdonano anche le "notti brave" di
Villa Certosa e la sua corte di veline; «è un uomo capace di grandi
passioni, nel bene e nel male. E poi gli altri politici sono ingessati, lui
è uno che si mette in gioco benché poi dica un sacco di
"sciocchezze". Le dicono anche gli altri. Il merito che gli
riconosciamo è quello di aver portato la società civile nella politica».
D’altra parte Cl è un movimento "carnale" che
si compromette con tutto, politica compresa, anche se «don Giussani non è
il volantino di nessuno». E applaude Berlusconi come applaude il ministro
per lo Sviluppo economico, il diessino Pierluigi Bersani. «Io non
credo che si possa andare avanti con un Paese spaccato in due», spiega
Cesana, «bisogna trovare un accordo, se si vuole effettivamente costruire
qualcosa di utile, e in questo senso, secondo me, il tema delle
liberalizzazioni su cui si è mosso Bersani è molto importante per una
intesa "bipartisan". Anche se, naturalmente, non dovrebbe
riguardare solo i tassisti e gli avvocati, ma altre libertà più di fondo,
come l’educazione, la scuola, l’università e il sistema delle
aggregazioni sociali». Resta il problema di una maggior coesione dei
cattolici, sui temi più urgenti e irrinunciabili. Il presidente del Senato Franco
Marini l’ha chiesta e l’hanno applaudito, senza fischi. Ma Cesana
avverte: «Noi il dialogo lo cerchiamo, ma la coesione non si raggiunge per
un fatto di sentimento o di volontà: sono due elementi troppo fragili. Per
essere uniti bisogna avere la stessa concezione della vita, e il
cattolicesimo italiano in questo fa molta fatica, perché risente di
problematiche non ancora digerite, per esempio la tematica "cattocomunista",
il modo diverso di intendere la giustizia sociale. Il tema stesso della
ragione, della libertà: sono cose che si danno per scontate, ma non lo sono
per niente. Si dà per scontato che i cattolici la pensino allo stesso modo
sulla concezione dell’uomo, ma non è vero. Il problema è tutto qui,
prima ancora di essere d’accordo sui pacs».