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![]() La scuola dei campioni
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Disu, 7 anni, si avvicina a Silvano, il suo
allenatore. Sta quasi per piangere. «Il ginocchio mi fa male». «Hai preso
solo una botta», lo rassicura Silvano, sorridendogli, «ma se vuoi, puoi
uscire». L’idea di tornare negli spogliatoi mentre i suoi compagni
continuano a divertirsi gli deve sembrare intollerabile. D’incanto il
dolore scompare e Disu torna a correre più veloce di prima. L’allenamento è iniziato da poco. «Partiamo subito con una partitella, perché dopo la fatica della scuola i bambini hanno bisogno di sfogarsi. Poi si passa a qualche esercizio più tecnico, tipo stop del pallone a seguire e tiro, e infine si conclude con un’altra partitella tutti insieme». «La componente del gioco deve sempre prevalere sul resto», aggiunge Michele Carrera, allenatore degli "esordienti" (11 anni). «Cerchiamo sempre di stimolare la loro creatività, di fargli prendere delle decisioni». Ma è vero che nessuno vuole più fare il difensore? «Una volta un ragazzo che giocava da attaccante mi ha detto: "Mister, io sono molto alto, forse da dietro riesco a seguire meglio il gioco". Adesso è un ottimo libero». Dall’oratorio al campo Il vivaio del Torino ha una grande tradizione: da qui sono usciti
campioni come Gianluigi Lentini e Christian Vieri, e tanti ottimi giocatori
come Antonio Comi, attuale dirigente del settore giovanile. «I tempi sono
cambiati», racconta. «Uno psicologo, inoltre, segue l’andamento scolastico di tutti i ragazzi e cura i rapporti con i genitori. Le loro aspettative in questi ultimi anni sono molto aumentate. Prima si limitavano a lasciarli e a venirli a prendere, ora invece in molti seguono, oltre alle partite ufficiali, anche gli allenamenti». Ormai è buio e fa un freddo cane. Disu però continua a correre. E se il ginocchio ancora gli fa un po’ male, di sicuro lui non lo sente. Eugenio
Arcidiacono
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