
La "casa della gioia"
nata dalla sofferenza
Uomini e donne sconosciuti
che sanno essere coraggiosi
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di
Giordano Muraro
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IL
TEOLOGO MURARO - LA COSTANZA DI PERSEGUIRE IL BENE SEMPRE
CONTRO
IL MALE
È
la terza virtù cardinale. La fortezza ha un compito particolare, quello di
rendere saldo e stabile l’uomo nella sua adesione al bene, quando questa
adesione comporta fatica, sofferenza, o addirittura morte. Il forte
preferisce il bene alla vita, come avviene nei martiri che rinunciano alla
vita terrena piuttosto che rinnegare Dio. È una virtù quanto mai
necessaria, perché sappiamo che è facile entusiasmasi per il bene e
sentire la nostalgia della perfezione e della santità; ma è difficile
resistere nel bene in tutte le diverse circostanze della vita, specialmente
quelle avverse.
Infatti vediamo che molte persone sono buone finché
perseguire il bene non comporta particolari difficoltà. Ma si dimostrano
fragili e abbandonano la via del bene e del vero quando devono sostenere
fatiche, prove e persecuzioni.
Essere onesti tra i disonesti
Lo hanno dimostrato gli stessi apostoli quando hanno
temuto di essere coinvolti nel giudizio e nella condanna di Gesù. È facile
essere onesti e vivere nella legalità finché siamo attorniati da persone
oneste; ma è difficile esserlo in una società dominata dalla malavita e
infettata dalla corruzione; è facile testimoniare la nostra fede quando
viviamo tra credenti, ma è difficile quando la nostra fede è sottoposta a
irrisione o addirittura a persecuzione.
Così come è facile lottare per la giustizia e per la
pace quando si vive tra persone che credono in questi stessi valori, ma
diventa molto più difficile nel momento in cui si è sommersi da persone
che vogliono la guerra.

Uno studente di Pechino fronteggia i
carri armati sulla piazza
Tien An Men durante la rivolta del giugno 1989 (foto AP).
I problemi nascono quando ci accorgiamo che l’onestà,
la giustizia, la fede, la pace costano sacrificio, e mettono in gioco il
posto, la carriera, la vita.
Questo si verifica anche nella vita privata
delle persone, di tutti noi.
È facile, per esempio, amarsi quando si è giovani, sani,
con un lavoro e una casa assicurati; ma l’amore può essere messo a dura
prova (e spesso lo è) quando la sofferenza o la malattia bussano alla
porta, e l’incomprensione e la delusione entrano nella vita di coppia.
Gli atti propri della virtù della fortezza sono due,
sostenere e affrontare.
Ma bisogna bene intendersi su questi termini. Si
dice che nella vita bisogna avere pazienza, ed è vero; tuttavia, la
pazienza del forte non consiste nel subire, ma nel non fuggire di fronte al
male, e resistere nel bene, senza lasciarsi fiaccare dagli eventi; anzi,
reagendo nel tentativo di vincere il male.
La virtù della fortezza ridesta il coraggio in chi è
timido e impaurito; ma nello stesso tempo modera l’audacia e il coraggio
perché non diventino forze irrazionali che espongono a pericoli inutili o
spingano ad azioni irresponsabili.
Un caso di coraggio irrazionale è quello del kamikaze,
che pensa di promuovere il bene uccidendo degli innocenti col sacrificio
della sua vita.
La forza di opporsi al male
L’uomo animato dalla vera fortezza non fa mai pagare
agli altri le sue decisioni, ma si oppone al male cercando di debellarlo con
mezzi umani che non provocano una spirale di morte.
La fortezza si esprime anche nelle virtù affini. Tra
queste ricordiamo la magnanimità, che è la virtù che porta ad affrontare
imprese grandi. Lo vediamo in quei santi che hanno iniziato le loro opere
con poche persone e pochissimi mezzi e non si sono mai tirati indietro di
fronte alle difficoltà, creando poco a poco dei veri imperi della carità.
È vero che c’è il pericolo di lanciarsi in imprese
grandiose con presunzione e per ambizione; ma è anche vero che si può
recedere da queste opere per pusillanimità. La fortezza mette la persona in
grado di porsi nel giusto mezzo tra questi due estremi, specialmente quando
è sostenuta dalla fortezza, che non è soltanto virtù, ma dono dello
Spirito.
Una virtù simile è la magnificenza, che induce ad
affrontare imprese che richiedono grandi spese. L’uomo munifico si
contrappone all’uomo gretto che preferisce ritirarsi in una vita senza
rischi, dove può godere senza tante preoccupazioni le proprie ricchezze e
le proprie comodità.
Più importanti sono le virtù del coraggio e della
perseveranza. Non è difficile fare dei buoni propositi; il difficile è
mantenerli. Non è facile trovare uomini che sono costanti nelle scelte
fatte. È più facile incontrare persone che partono bene, con entusiasmo, e
si perdono per strada. La grandezza e la forza d’animo si manifestano
anche nelle cose piccole, quando sono accompagnate da costanza e
perseveranza. San Giovanni Berchmans ripeteva spesso un motto che riassume
la posizione della persona forte nella vita quotidiana:
«Per quanto
piccolo, purché costante» (Quantum-cumque parvum, dummodo constans).
La fortezza non si esprime solo nella grandiosità delle opere, ma nel
vivere giorno per giorno le proprie convinzioni e i propri propositi.
Per questo è accompagnata dall’umiltà, dal
nascondimento, e si scoprono i forti non nelle opere straordinarie, ma nella
coerenza tra ideale e vita, vissuta nell’esperienza di ogni giorno.
Il
film: "Un uomo per tutte le stagioni", di Zinnemann
Tommaso Moro, campione di
fortezza fino
alla morte
Thomas More era un uomo che godeva di ogni
privilegio e di ogni favore. Di famiglia nobile ma oscura, aveva
studiato a Oxford laureandosi in legge. La sua fama di esperto
giurista aveva attratto l’attenzione del re Enrico VIII e gli aveva
aperto una brillante carriera: ambasciatore straordinario, consulente
giuridico, consigliere privato del re, cancelliere d’Inghilterra.
Per di più, Thomas More era diventato una personalità di rilievo
anche nel settore degli studi umanistici: nel 1516 aveva pubblicato Utopia
e, con l’approvazione del re, aveva scritto numerose opere contro la
dottrina di Lutero.
Ma il divorzio di Enrico VIII e i suoi tentativi
di asservire il clero all’autorità regia lo urtarono profondamente.
Nel 1532, all’indomani della pubblicazione dell’Atto di
sottomissione del clero inglese, che si impegnava a non prendere
alcuna decisione senza il consenso reale, Thomas More presentò le sue
dimissioni dalla carica di cancelliere e per due anni visse isolato.
Tradotto davanti a commissari regi, che tentarono di costringerlo a
riconoscere come legittima l’unione fra Enrico VIII e Anna Bolena,
More rifiutò e, rinchiuso nella Torre di Londra, fu decapitato dopo
15 mesi di prigionia. San Tommaso Moro può essere indicato come un
campione di fortezza. Politico, maestro di diplomazia, filosofo,
giurista sopraffino, avrebbe potuto far ricorso a tutti gli strumenti
dialettici e a tutti i cavilli giuridici per trovare una via di
compromesso, e invece, a costo della propria vita, non intese
mascherarsi dietro sofismi e sottili distinguo, ma volle affermare
sino in fondo la sua convinzione religiosa e la sua fede offrendo la
testimonianza della sua fortezza d’animo, della sua dignità di uomo
libero, soggetto unicamente alla legge morale. La vicenda di san
Tommaso Moro è stata raccontata da Fred Zinnemann, il regista di Mezzogiorno
di fuoco e Da qui all’eternità, nell’imponente e
solidamente compatto Un uomo per tutte le stagioni, film dai
cinque Oscar che rievoca il dramma di coscienza di chi, nello scontro
fra la ragion di Stato e il dettame morale, ascoltò senza esitazioni
la voce dell’etica.
Enzo Natta |
Il
biblista Ravasi
La parabola dei due uomini forti
Così Cristo libera l’uomo
dalle potenze del male
In italiano la parola "fortezza" è
ambivalente: può indicare una virtù cardinale, ma anche un forte
militare o una città fortificata. Proprio per questo, Dio talvolta
nel Salterio è invocato come fortezza, nel senso che è un baluardo
sicuro su una rupe, ma anche nel senso che è, per il fedele, «forza,
liberatore, riparo, potente salvezza, rifugio» (Salmi 18,3; 71,3).
L’immagine che potremmo, allora, adottare per descrivere la virtù
della fortezza è proprio quella della casa costruita sulla roccia
descritta da Gesù nel Discorso della Montagna. Ora, la fortezza
interiore è, per la Bibbia, un dono del Signore, è un dono della
Sapienza, è uno dei doni dello Spirito divino (Isaia 11,2).
Coltivando questo dono si cresce coraggiosi, pronti a superare le
prove, come Daniele esposto ai leoni, secondo quanto si racconta nel
libro di Daniele che assicura: «Quanti riconoscono il proprio Dio
si fortificheranno» (11,32). Anche Gesù bambino, secondo Luca
(2,40), «cresceva e si fortificava» e, da adulto, sarà capace di
affrontare con fermezza la tentazione sbaragliando le lusinghe di
Satana. Anche i cristiani – afferma Paolo scrivendo ai Romani
(1,11) – devono ricevere i doni spirituali per esserne
fortificati. La fortezza è, dunque, la virtù della lotta contro il
male, della costanza nel bene, della perseveranza nella prova.
È
ciò che possiamo illustrare con una parabola breve e poco nota di
Gesù (Luca 11,21-26). Essa mette in scena «un uomo forte, ben
armato, che fa la guardia al suo palazzo». Egli è sicuro di sé,
certo di poter custodire i suoi beni. Ma ecco un giorno piombare
davanti a quel palazzo «un uomo più forte di lui che lo vince,
strappandogli via l’armatura in cui confidava e distribuendo il
bottino» così ottenuto.
A prima vista si può leggere questa
parabola come la storia di una sconfitta: Satana, "più
forte", può piegare la nostra sicurezza eccessiva, il nostro
orgoglio impudente e imprudente. Infatti, più avanti si continua
raccontando che «lo spirito immondo», cioè il demonio, può
ritornare, con tutta la sua forza negativa, nella casa purificata di
una persona (che ha rinunciato al peccato e alle colpe precedenti),
per insozzarla e devastarla. Tuttavia, l’interpretazione più
genuina e profonda della parabola dei due uomini forti, in realtà,
si apre alla speranza. Cristo è «l’uomo più forte» che può
prevalere sull’«uomo forte», ossia Satana, piegandolo con la sua
fortezza invincibile e liberando coloro che erano imprigionati nel
palazzo del male e nella schiavitù della colpa. Dio è la nostra
fortezza, che ci rende forti nel combattere le oscure potenze del
male.
Gianfranco Ravasi |
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