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CARLOTTO, QUANDO IL GIALLO È IL COLORE DELLA VITA Come dimostra il suo ultimo testo, L’oscura immensità della morte, l’autore si serve del genere poliziesco per svolgere un indagine più ampia e profonda. Che investe tutti noi. Perché decidersi a recensire Massimo Carlotto, ci si chiederà: un giallista, un noir, se vogliamo, e già al suo ottavo libro. Non l’abbiamo mai fatto prima, su queste pagine, nonostante i suoi cinque libri che hanno per protagonista l’ormai ben noto Alligatore, e nonostante gli altri suoi due libri, Il fuggiasco e Arrivederci amore, ciao, di impostazione e ambientazione autobiografica, specie il primo. Il perché è semplice e complesso: perché i gusti e la pazienza dei lettori cambiano, perché il mercato del libro cambia, perché il genere poliziesco non è più soltanto un genere, specie in romanzi come questa Oscura immensità della morte, dove la traccia nera si trasforma in un’indagine più ampia, più fonda, che investe tutti e ciascuno: qui il caso e il protagonista non si ripiegano su sé stessi in un gioco da ![]() Intendiamoci, i libri di Carlotto, compreso quest’ultimo, non sono raccomandabili per chiunque: la violenza e il sesso non mancano semplicemente perché fanno parte di tutto il resto. Sarà poi da ricordare chi è Massimo Carlotto. Non è un impiegato della penna: coinvolto negli anni Settanta in un caso giudiziario di sangue, reputò bene darsi latitante nel Messico dove venne arrestato, rimpatriato, e condannato, errore o no, al carcere, da dove uscì nel ’93 per concessione di grazia. Questo l’autore, per chi non lo conoscesse ancora. Ma noi vogliamo parlare soprattutto dei libri e questa Oscura immensità della morte è il libro giusto per capire perché uno scrittore come Carlotto abbia il successo che ha. La storia non è nuovissima, anche se con finale a sorpresa, di cui diremo soltanto che quello che sorprende non è un colpo di azione, ma il suo carattere morale. A un uomo tranquillo, durante il corso di una rapina, due malviventi prendono in ostaggio moglie e figlio e li uccidono. Uno dei malviventi, non si sa se il vero assassino, finisce all’ergastolo; l’altro sparisce. All’uomo tranquillo resta una sola ossessione: vendicare moglie e figlio e, per far questo, escogitare un piano geniale, che si realizzerà soltanto dopo quindici anni. Tutto qui? No, perché dietro il noir c’è quella stessa vita che vediamo ogni giorno, la Tv coi quiz e l’amore disperato di chi si ama e non c’è più. E poi, cosa rara, Carlotto scrive, per così dire, senza cravatta. Non direbbe mai, ad esempio, cose come: «venne il nuovo giorno» o «gli anni volano via». E questo non è poco.
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