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Nel giro di pochissimi giorni, la scorsa settimana, giornali e talk show televisivi si sono riempiti di tre fatti italiani. Il primo è di natura insolita, ma certo non nuova per un Paese diviso lungo più di mezzo secolo dalla "questione romana" e dal non expedit: la Settimana sociale dei cattolici, svoltasi a Bologna, che nei commenti sui media si è intrecciata curiosamente (e malauguratamente) con la "bocciatura" di Rocco Buttiglione come componente della prossima Commissione europea, prospettata da un organo particolare dell’Europarlamento. Il secondo fatto è stato l’allarme lanciato dal Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio sullo stato dei conti pubblici, da lui giudicati "in dissesto". Anche qui, alle parole di Fazio hanno fatto da eco, non programmata ma consonante, un duro giudizio del World Economic Forum di Davos sulla perdita di competitività del nostro sistema produttivo, e il rapporto dell’Istat sulla povertà crescente delle famiglie italiane.
Il terzo fatto è stata l’approvazione alla Camera della riforma costituzionale, salutata da un pressoché unanime coro di critiche da parte di costituzionalisti e di commentatori su giornali non pregiudizialmente schierati, a cominciare dal Corriere della Sera. Sul secondo e sul terzo di questi fatti non sarà qui il caso di dilungarsi: riflettono materie da tecnici, da esperti, naturalmente con pro e contro, e non è questo il luogo adatto per ragionarci compiutamente. Basterà osservare, a proposito di una riforma costituzionale così controversa per tante, palesi contraddizioni, ambiguità, perdite negli equilibri fra i poteri dello Stato, che essa non andrà comunque in vigore, se tutto va bene, prima del 2011, e, se tutto va male, prima del 2016. La rinnovata questione cattolica merita invece un’attenzione particolare, se non altro perché la "bocciatura" del ministro Buttiglione, per aver espresso davanti a una commissione del Parlamento europeo giudizi personali, ma ancorati alla sua fede cattolica, riguardanti l’omosessualità e la famiglia, ha provocato una pioggia di articoli di celebri firme giornalistiche nazionali, pro o contro l’esistenza di un pregiudizio anticattolico in Italia e in Europa (che ci sia, purtroppo, lo dice proprio il rifiuto a inserire nella Costituzione il richiamo alle radici cristiane). Ma l’intervento più sorprendente, sul Giornale, è stato quello suggerito a Sandro Bondi, coordinatore di Forza Italia, dal discorso tenuto alla Settimana sociale di Bologna dall’arcivescovo di Milano, cardinale Tettamanzi. Bondi accusa il prelato di aver usato un’indebita (secondo lui) "dicotomia" fra democrazia formale e democrazia sostanziale, e di non avere «mai fatto riferimento alla fede come fondamento dell’agire politico dei cattolici». Il coordinatore non ha letto quel discorso. Se lo
avesse fatto avrebbe scoperto che di quella "dicotomia", la
cui reale, spesso angosciosa esistenza è sotto gli occhi di tutti in
tutto il mondo, parlò per primo, in modo indimenticabile, Pio XII nel
famoso radiomessaggio del Natale 1944, citato dal cardinale. E che di
fede come fondamento della politica l’arcivescovo Tettamanzi ha
parlato naturalmente molte volte lungo tutto il discorso. Valga per
tutte questa citazione quasi all’inizio: «Nell’attuale
situazione storica la fede cristiana è chiamata a recuperare, anzi a
rilanciare, la sua tipica e originale identità. Beppe
Del Colle
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