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«La Chiesa ortodossa non dà e non ritira visti, lo sappiamo tutti. Si vorrebbe pensar bene e invece, per essere sinceri, la tentazione di pensar male è forte. Perché nessuno, da parte dello Stato russo, fece la minima obiezione, in febbraio, alla trasformazione delle amministrature apostoliche in diocesi. E anzi, dietro precisa richiesta del nunzio, ci fu risposto che lo Stato russo non aveva nulla da ridire. Solo dopo le proteste della Chiesa ortodossa russa, e dopo il Sinodo che diede loro ulteriore risalto, cominciarono i dubbi alla Duma, al ministero degli Esteri, le manifestazioni di piazza. Si vorrebbe pensar bene...».
«No, nulla. La cosa peggiore è proprio questa: che non si capisce niente, per quel che ne sappiamo potrebbe anche essere un disguido, un errore. E quando chiediamo chiarimenti, non otteniamo alcuna risposta. Insomma: perché?».
«Problemi di questo genere stanno colpendo anche i protestanti e altre confessioni. Per quanto so io, almeno due pastori non sono più riusciti a rientrare in Russia. Ma è evidente che in prima linea ci sono i cattolici. E che nel Paese si è sviluppata una sindrome da "cattolici uguale nemici" che va assumendo contorni sempre più sinistri».
«Io, al contrario, dico che è arrivata troppo tardi. Era un passo da fare già nel 1991: allora sarebbe sembrata la cosa normale che in effetti è, e certo non ci sarebbero stati tutti i problemi con cui dobbiamo fare i conti adesso. Chi ha buona memoria ricorda che già nel 1991, quando fu istituita l’amministratura apostolica, ci fu una serie di reazioni poco piacevoli da parte del Patriarcato di Mosca, che passarono quasi inosservate perché era in atto la dissoluzione dell’Urss e il clamore degli eventi politici copriva tutto. Il malumore di oggi è lo stesso di allora».
«Ma se uno conta le diocesi ortodosse di prima della Rivoluzione nota lo stesso fenomeno: erano meno di adesso. Che cosa bisognerebbe dedurne, oltre al fatto che i tempi cambiano?».
da Giovanni Paolo II in Vaticano il 5 giugno 2000 (foto AP).
«L’accusa di proselitismo non ha alcun fondamento. Noi non vogliamo invadere il territorio di nessuno, non vogliamo rubare fedeli a nessuno. Ribadiamo però con forza il principio che ogni uomo ha diritto di scegliere la propria fede. D’altra parte, se il Patriarcato di Mosca può avere le sue parrocchie in Italia e in altri Paesi d’Europa, parrocchie in cui prestano servizio sacerdoti che in moltissimi casi non parlano nemmeno il russo, perché la Chiesa cattolica non dovrebbe avere il diritto di esistere e operare qui in Russia? L’idea che tutti i russi debbano essere ortodossi perché russi è assurda: sarebbe come dire che tutti gli italiani devono essere cattolici perché italiani. Mentre ci sono italiani ebrei o protestanti e nessuno lo trova scandaloso. Ma non sono queste polemiche a preoccuparmi di più…».
«Il fatto che l’ultimo Sinodo della Chiesa ortodossa russa abbia dichiarato di non voler neppure discutere la definizione di proselitismo. È chiaro che ne diamo interpretazioni diverse, ma è altrettanto chiaro che se non ci sediamo intorno a un tavolo per discuterne sarà impossibile intendersi. E infatti certi documenti del Patriarcato, penso per esempio alla Spravka sul proselitismo firmata dal metropolita Kirill, giungono a conclusioni insostenibili, come quella di dire che se uno dei nostri Ordini religiosi ha la parola "missionario" nella denominazione, dimostra di voler fare del proselitismo. Come se le opere di carità, l’assistenza ai poveri e ai bambini abbandonati fossero un mero arruolamento. Un ragionamento assai triste, anche perché la Chiesa è missionaria per sua natura. Comunque è una storia che si ripete: noi tendiamo la mano, cerchiamo il dialogo, ma non siamo bene accetti. Fa impressione vedere che l’Europa è riuscita a unirsi intorno a una cosa senz’anima come l’euro, mentre le nostre Chiese non riescono a trovare un punto d’incontro sul Vangelo».
«Credo sia lecito immaginare qualcosa di simile. Anche questo rientra in una lunga tradizione, a prima della Rivoluzione, quando le polemiche e gli attacchi verso i "non slavi" erano ciclici. Qualcosa di quella mentalità è purtroppo rimasto in circolo. Vede, alla Chiesa ortodossa russa forse è mancato un Concilio Vaticano II. Alcuni dei loro atteggiamenti verso le altre religioni erano anche nostri, fino al Concilio, che poi arrivò a cambiare tutto. E per fortuna: una Chiesa che sconfina nell’aggressività è destinata all’isolamento».
«È un’altra assurdità. In Occidente non ci sono sacerdoti russi impegnati nel servizio pastorale. Ce ne sono diversi, invece, impegnati nello studio. Io stesso, ogni anno, li mando a piccoli gruppi ad approfondire la preparazione: due anni fa a Roma, l’anno scorso in Svizzera, quest’anno di nuovo a Roma. Vanno a studiare e poi tornano qui. I sacerdoti russi sono necessari in Russia, perché dovremmo mandarli altrove?».
«Per dirla in termini scacchistici, c’è uno stallo. Il che, ovviamente, non è bene e richiede da parte di tutti molta attenzione e senso di responsabilità».
«Da febbraio (cioè da quando sono state istituite le quattro diocesi
cattoliche, ndr.) a oggi ho viaggiato molto e ho potuto parlare con
diversi vescovi ortodossi. Alcuni sono aperti, disponibili al dialogo; altri
meno, dipende. Certo, molto aperto non è l’arcivescovo di Pskov Evsevij,
che ha scritto a Putin per dirgli che in Russia non c’è posto per i
cattolici… Ma ho parlato anche con i semplici sacerdoti e non di rado mi
è capitato di sentirmi dire: "Ci vergogniamo per il comportamento
tenuto dalla nostra gerarchia". Alla fin fine, la conclusione è
questa: la gente semplice, tanto tra i fedeli che tra i religiosi, non vede
alcun problema nella convivenza e nell’eventuale collaborazione tra le
nostre due Chiese».
Fulvio Scaglione
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