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anni fa, Laura Pausini era soltanto una "ragassola" romagnola
che Pippo Baudo presentò nel suo Sanremo come Alice nel Paese delle
meraviglie. Oggi, quella timida debuttante ha 26 anni, ha venduto ben 14
milioni di dischi in tutto il mondo e, del mondo, è diventata una
cittadina a pieno titolo.
- Laura, cinque album che hanno spopolato in quattro
dei cinque continenti; una vita frenetica che ti ha fatto rimbalzare
qua e là, ogni sera una camera d’albergo, ogni settimana un fuso
orario diverso: per quella Alice che arrivava al Festival da Solarolo,
in provincia di Ravenna, le cose non sono andate troppo in fretta?
«Vivendo con la musica e per la musica, il tempo non
passa mai, o meglio, non ci si rende conto che ieri, magari, era tanto
tempo fa. Però la storia di Alice nel Paese delle meraviglie era un’idea
fissa di Pippo Baudo. Certo, trovarmi al Festival, vincere nella categoria
dei giovani e l’anno dopo arrivare terza, è stato un po’ traumatico,
ma se tieni i piedi per terra, se non ti monti la testa, se non pensi:
"Sono in cima al mondo e non scendo più", allora tutto diventa
più facile. Anche cambiare letto ogni sera...».
Siamo nella sua accogliente casa milanese, in via Bigli,
nel centro di Milano, una delle tre "residenze" di Laura Pausini.
Le altre sono quella di Solarolo, dove abitano i genitori e la sorella
Silvia, e quella, ancora in fase di allestimento, a Malibù, sulla
spiaggia più "in" di Los Angeles. Abbiamo ascoltato con calma
il suo quinto album, Tra te e il mare, e adesso lo commentiamo
insieme.
Laura è dolcissima, incredibilmente serena. Eppure è
appena tornata da una tournée in Sudamerica dove ha lanciato, prima che
in patria, lo stesso disco ma in lingua spagnola: ha affrontato decine di
giornalisti di tutto il mondo rispondendo loro in inglese, o in spagnolo,
o in portoghese, lingue che ha imparato in fretta ma tanto bene da farla
apparire, di volta in volta, di nazionalità diversa. Ora, però, parla un
italiano che si rilassa in un accento romagnolo, piacevole e rassicurante.
«Mi sento molto italiana», conferma, «ma quando sono in un altro Paese,
incredibilmente, è come se fossi nata là. Io credo che sia la forza
della musica».
Il nuovo album è decisamente di qualità: 15 pezzi
quasi tutti scritti da lei stessa, ma frutto del lavoro di una squadra che
si intuisce molto affiatata. C’è Cheope, uno dei parolieri, che poi è
in realtà Alfredo Rapetti, il figlio di Mogol, c’è Alfredino Cerruti,
suo compagno da sette anni e, di volta in volta, ci sono musicisti che
collaborano con i nomi più importanti della musica mondiale, da Celso
Valli, che lavora con Bocelli e Ramazzotti, a Kc Porter, produttore di
Santana, ad Andrea Carlsson, che ha scritto canzoni per i Backstreet Boys
e Celine Dion. E poi ci sono musicisti come Kurt Bisquera, il batterista
di Elton John e Tina Turner, il bassista di Phil Collins, Lee Sklar, i
chitarristi Michael Thompson, che ha suonato con Madonna, Michael Jackson,
e Mike Landau, che incide con Mariah Carey. Un’équipe che fa
comprendere meglio la qualità della nuova fatica di Laura ma,
soprattutto, non toglie a lei il ruolo di vera "anima" dell’album.
- Hai fatto un po’ di vacanze quest’anno?
«Una settimana sul Lago di Garda, e adesso qualche
giorno a Milano. Le mie serate le passo con gli amici, qualche volta vado
in locali dove c’è musica dal vivo. E poi mi piace molto dipingere, amo
la pittura quasi come la musica».
«Credo in Dio e il momento più importante della mia
vita è stato sicuramente quando ho incontrato il Papa. Lui è la persona
che mi manca più di tutti, la persona che ogni giorno vorrei rivedere».
- Una tua canzone, Jenny, è ispirata a un
angelo...
«In effetti mi è venuta in mente dopo aver visto il
film La città degli angeli. Jenny è l’angelo del quale tutti
noi, almeno una volta nella vita, abbiamo tanto bisogno. Nella canzone,
immagino che sia venuto sulla Terra per cercare un reietto che vive sulla
panchina di un parco. Di lui ha solo una foto, ma lo troverà!».
- Viaggio con te
, invece, è
dedicata a tuo padre Fabrizio...
«Sì, gliel’ho regalata il giorno del suo compleanno.
Papà mi accompagna spesso. È un musicista, suona il basso e una sera, in
Sudamerica, me lo sono trovato sul palco durante un concerto. Aveva
sostituito il mio bassista, che era stato colpito da un attacco di
appendicite. È mio padre, ma anche il mio consigliere e il mio migliore
amico».
- Se dovessi scegliere, tra le 15 nuove canzoni dell’album,
quella che ritieni abbia il testo migliore...
«È Per vivere, dove non sono l’io narrante
come nel resto del disco, ma un bimbo di sette anni che ho conosciuto nel
1997 a Rio de Janeiro, in Brasile, dopo un concerto. La musica secondo me
ha il cuore di un bambino e, in quella canzone, c’è una frase che amo
particolarmente. Dice: "Questa strada di tristezza e polvere senza
mamme, di carezze e favole...". Dopo che l’ho incontrato, ho letto
un libro che si intitolava, appunto La musica nel
cuore di un bambino».
- Nel 2001 Laura Pausini affronterà il mercato americano
con un nuovo disco tutto in inglese. Una sfida difficile, non trovi?
«Faccio questo disco non per vendere dischi in America,
anche se mi auguro di riuscirci, ma perché mi sento pronta a un’esperienza
difficile ed estremamente stimolante...».
- C’è, oltre le feste comandate, il compleanno tuo e
dei tuoi cari, un giorno preciso in cui ti prendi una vacanza?
«Sì, è il 16 settembre: il mio fan club di Solarolo
organizza un raduno nazionale. Loro lo chiamano il "Pausini
Day", ma esagerano. È solo un bellissimo momento con quelli che, sin
da quando Baudo mi aveva battezzata "Alice", mi sono stati
vicini!».
«È molto probabile, ma come ospite, con Andrea Bocelli
ed Eros Ramazzotti. Se ne sta parlando proprio in questi giorni!».
Gigi Vesigna