documenti che scottano erano racchiusi in una cassa sommersa fra centinaia
d’altre. Bisognava pazientemente arrivare ad aprirne 1.386, pescando da
una montagna di 1.440, per trovarsi di fronte a una verità che fa male.
Un milione e 400 mila pagine messe assieme dai servizi segreti inglesi,
contenenti soprattutto scottanti rivelazioni sullo sterminio degli ebrei
durante la seconda guerra mondiale. Erano rimaste nelle casseforti dell’Intelligence
Service per quasi 60 anni.
E la verità che covava sotto la cenere è ancora oggi
capace di bruciare. Gli Alleati erano perfettamente e tempestivamente
informati del fatto che i nazisti sterminavano spietatamente milioni di
civili innocenti già all’inizio del conflitto. Potevano denunciare il
massacro, ma hanno preferito tacere. Potevano intervenire fermando l’Olocausto,
ma hanno scelto di lasciar fare. E non è tutto. Nell’operare le atroci
stragi, che tramutavano giorno dopo giorno interi lembi d’Europa in un
mattatoio, le SS tedesche godevano dell’aperta collaborazione della
polizia, della burocrazia non militare e ampi strati della popolazione
civile. «Una scoperta agghiacciante», commenta oggi lo studioso
statunitense Richard Breitman.
Docente di Storia alla prestigiosa American University,
autore di un libro pubblicato anche in Italia (Il silenzio degli
Alleati, 364 pagine, 34 mila lire, Mondadori editore), Breitman si è
conquistato la fama di un segugio che non molla l’osso facilmente. Se
non fosse per lui, assicurano molti esperti, questo nuovo, doloroso
capitolo non sarebbe forse mai stato aperto. Ascoltiamolo.
«Quando mi sono trovato davanti a quelle carte»,
racconta, «non credevo ai miei occhi. Le centinaia di migliaia di
documenti che avevo analizzato precedentemente gettavano nuova luce sugli
anni della guerra e sullo sterminio nazista».
- Perché la cassa incriminata è stata aperta con
tanto ritardo?
«Per comprendere quanto è accaduto bisogna fare un
passo indietro nel tempo. I documenti che sono stati parzialmente
pubblicati nella mia ricerca fanno parte dell’immensa quantità di
messaggi che si scambiava la polizia tedesca all’interno della Germania
e in tutta l’ampia area dell’Europa settentrionale e orientale che i
nazisti stavano invadendo. I servizi segreti britannici avevano affinato
una straordinaria capacità di intercettare e decodificare queste
comunicazioni, che costituiscono uno spaccato eccezionale e agghiacciante
al tempo stesso. I tedeschi parlavano. Londra, a loro insaputa, li
ascoltava».
- Che cosa si legge nel testo dei messaggi?
«Si tratta essenzialmente di ordini e comunicazioni di
servizio che i nazisti si scambiavano fra loro. Facciamo qualche esempio:
il 28 luglio del 1941 il battaglione numero 316 della polizia tedesca si
trova in un territorio paludoso fra l’Ucraina e la Bielorussia per
assistere le forze naziste che si spingevano a invadere quei Paesi. Da
Berlino Himmler lancia un ordine inequivocabile: tutti i maschi ebrei che
la formazione incontra sulla propria strada devono essere uccisi sul
posto. Le donne possono essere affogate e sepolte nelle paludi. Dopo una
breve attesa giunge la risposta: l’operazione è stata portata
diligentemente a termine. In breve tempo sono stati eliminati 1.658 ebrei.
Nel testo la polizia tedesca riferisce di aver ripulito un determinato
villaggio, un termine utilizzato per fare riferimento a una precisa
pratica di sterminio».
«Circondavano i villaggi bloccando ogni via d’uscita.
Poi trascinavano uomini, donne e bambini in una località dove erano state
scavate delle grandi fosse. Freddavano con un colpo alla nuca migliaia di
innocenti in poche ore e infine ricoprivano la fossa. Normalmente, si
deduce dai documenti, una notte di baldoria e di bevute serviva a
dimenticare per poter meglio affrontare una nuova giornata di
"lavoro"».
«Non esattamente. I documenti pongono gli storici
contemporanei così come l’opinione pubblica di fronte ad alcuni dati di
fatto importanti. Innanzi tutto costituiscono una delle rare testimonianze
scritte sulle responsabilità dello sterminio. I nazisti cercavano di non
lasciarsi alle spalle tracce che dimostrassero i massacri
compiuti e in
particolare evitavano i documenti scritti. I messaggi captati da Londra
erano trasmessi con un codice segreto. I tedeschi non sospettavano
venissero intercettati dall’Intelligence Service».
«No, c’è di peggio. I documenti dimostrano senza
possibilità di dubbio che gli Alleati, in particolare Londra, sapevano
perfettamente quello che stava avvenendo già dal 1940. Raccogliendo i
messaggi, seguivano passo passo le "gesta" di molti gruppi
militari e organizzazioni ausiliarie che, attraversando l’Europa, si
lasciavano dietro una scia di sangue. Un sospetto che molti negli anni
scorsi avevano avanzato e che Londra aveva sempre vigorosamente negato. Lo
sterminio avvenne sotto gli occhi delle democrazie, che non fecero
abbastanza per fermarlo e in un primo periodo restarono addirittura
completamente inerti. E ancora: i messaggi mostrano come i più feroci
massacri furono operati direttamente non solo dai reparti speciali delle
forze naziste, ma anche dalla struttura statale, dalla polizia, dalle
forze ordinarie con il coinvolgimento e la complicità di tanta parte
della popolazione civile».
- Che uso fece Londra di questi segnali inquietanti?
«In una prima fase si guardò bene dal farne alcun uso.
L’allarme che era stato lanciato da più parti, il grido di dolore che
giungeva soffocato dai testimoni oculari sfuggiti ai massacri in Polonia,
in Lituania, nei territori occupati dell’Urss, erano stati liquidati
come "voci non confermate", "propaganda". Solo in un
discorso trasmesso da Radio Londra il 24 agosto del 1941 Churchill
commenterà l’inizio dell’aggressione alla Russia sostenendo che
"le popolazioni di interi villaggi sono state sterminate. Migliaia di
esecuzioni a sangue freddo sono portate a termine contro cittadini
indifesi. Una barbarie che non si conosceva in Europa dal sedicesimo
secolo a questa parte". Ma non a caso il primo ministro inglese
deciderà di tacere ancora sui destini delle prime vittime di queste
stragi: gli ebrei».
«È una domanda ancora priva di una risposta
definitiva. Tanto più che gli inglesi rifiutarono per un lungo periodo di
rivelare il contenuto di questi messaggi anche ai loro alleati americani,
che furono tenuti a lungo all’oscuro. I motivi possibili erano diversi.
Da un lato gli inglesi erano molto preoccupati di svelare la loro
capacità di decodificare i messaggi del nemico. La loro superiorità in
questo campo nei confronti dei tedeschi ha costituito un significativo
vantaggio strategico e ha pesato sui destini del conflitto. Ma dall’altro
lato qualcuno a Londra aveva purtroppo motivo di compiacersi di quanto
stava accadendo».
«Penso in particolare al ministro degli Esteri inglese
Anthony Eden, noto per la sua antipatia nei confronti degli ebrei e per i
suoi timori che milioni di profughi in fuga dai Paesi invasi dai nazisti
si riversassero sulla colonia britannica della Palestina e andassero a
ingrossare le fila dei sionisti che rivendicavano l’indipendenza di uno
Stato ebraico su quella terra. Si tratta di un’importante novità. Per
mezzo secolo la storiografia ufficiale ha continuato a sostenere che Eden
e il resto del Governo inglese restarono all’oscuro dell’Olocausto
fino al momento della disfatta di Hitler».
- Ma cosa avrebbero potuto fare gli Alleati?
«Difficile a dirsi. Con la partecipazione americana si
sarebbero potute organizzare azioni militari capaci di tutelare parte
delle popolazioni civili attaccate dai nazisti. Ma soprattutto si
sarebbero potute aprire le porte per salvare milioni di profughi che
furono invece chiusi in gabbia e finirono per essere sterminati».
- Quali passaggi del materiale studiato le sono
sembrati più impressionanti?
«Nel 1941 i decodificatori britannici svelavano un
drammatico sviluppo degli avvenimenti. Registrando i movimenti e i
messaggi di Bruno Tesch, medico e industriale chimico tedesco, e di un
gruppo di 55 funzionari statali che collaboravano con lui, l’Intelligence
Service venne a conoscere gli esiti di un incontro segreto svoltosi a
Riga, in Lettonia. Prendeva forma l’Olocausto. La riunione aveva all’ordine
del giorno la produzione e l’efficacia del gas asfissiante Zyklon B, che
avrebbe fatto funzionare le camere della morte. I messaggi seguenti
rivelano freddamente ogni minuzia, registrando con fastidio persino i
ritardi nella consegna di 700 chili di materiale. Molti altri messaggi
registrano puntigliosamente gli arrivi giornalieri dei convogli ad
Auschwitz. Centinaia di migliaia di ingressi. Mai nessuna partenza».
Guido Vitale