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OLOCAUSTO

Gli Alleati sapevano

di GUIDO VITALE
    

   Famiglia Cristiana n.9 del 5-3-2000 - Home Page «Già dal 1940 gli inglesi erano perfettamente a conoscenza dello sterminio degli ebrei». In questa intervista, lo storico americano Richard Breitman rilancia le sue accuse sul "silenzio" degli Alleati.
   
«Luoghi di lavoro con alto tasso di mortalità»: così lo storico inglese David Irving definisce i lager nazisti. E a chi lo ha accusato di essere filonazista, ha replicato con una denuncia. Di fronte al Tribunale britannico chiamato a discutere la sua querela ha ribadito le proprie tesi, negando che i nazisti abbiano ucciso milioni di persone nelle camere a gas e che Hitler volesse lo sterminio degli ebrei. Negli stessi giorni in cui a Londra si apriva quello che molti giornali hanno definito "un processo alla storia", il presidente tedesco Johannes Rau, parlando di fronte alla Knesset, il Parlamento israeliano, non nascondeva, invece, le responsabilità del suo popolo: «Chiedo perdono per quello che i tedeschi hanno fatto, per me e per quelli della mia generazione, per i nostri figli e per i figli dei nostri figli». Un invito a non cancellare dalla memoria la tragedia dell’Olocausto. E tutto ciò, mentre un sondaggio dell’Istituto demoscopico Emind rivelava che un giovane tedesco su cinque non ha mai sentito parlare del lager di Auschwitz e che per il 26,4 per cento dei tedeschi fra i 14 e i 50 anni le atrocità commesse dai nazisti sono "poco importanti" o "del tutto prive di importanza". In questa intervista, un altro storico, Richard Breitman, replica a Irving: non solo Hitler volle lo sterminio degli ebrei, ma anche gli Alleati sapevano... e preferirono il silenzio.

I documenti che scottano erano racchiusi in una cassa sommersa fra centinaia d’altre. Bisognava pazientemente arrivare ad aprirne 1.386, pescando da una montagna di 1.440, per trovarsi di fronte a una verità che fa male. Un milione e 400 mila pagine messe assieme dai servizi segreti inglesi, contenenti soprattutto scottanti rivelazioni sullo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale. Erano rimaste nelle casseforti dell’Intelligence Service per quasi 60 anni.

E la verità che covava sotto la cenere è ancora oggi capace di bruciare. Gli Alleati erano perfettamente e tempestivamente informati del fatto che i nazisti sterminavano spietatamente milioni di civili innocenti già all’inizio del conflitto. Potevano denunciare il massacro, ma hanno preferito tacere. Potevano intervenire fermando l’Olocausto, ma hanno scelto di lasciar fare. E non è tutto. Nell’operare le atroci stragi, che tramutavano giorno dopo giorno interi lembi d’Europa in un mattatoio, le SS tedesche godevano dell’aperta collaborazione della polizia, della burocrazia non militare e ampi strati della popolazione civile. «Una scoperta agghiacciante», commenta oggi lo studioso statunitense Richard Breitman.

Docente di Storia alla prestigiosa American University, autore di un libro pubblicato anche in Italia (Il silenzio degli Alleati, 364 pagine, 34 mila lire, Mondadori editore), Breitman si è conquistato la fama di un segugio che non molla l’osso facilmente. Se non fosse per lui, assicurano molti esperti, questo nuovo, doloroso capitolo non sarebbe forse mai stato aperto. Ascoltiamolo.

«Quando mi sono trovato davanti a quelle carte», racconta, «non credevo ai miei occhi. Le centinaia di migliaia di documenti che avevo analizzato precedentemente gettavano nuova luce sugli anni della guerra e sullo sterminio nazista».

  • Perché la cassa incriminata è stata aperta con tanto ritardo?

«Per comprendere quanto è accaduto bisogna fare un passo indietro nel tempo. I documenti che sono stati parzialmente pubblicati nella mia ricerca fanno parte dell’immensa quantità di messaggi che si scambiava la polizia tedesca all’interno della Germania e in tutta l’ampia area dell’Europa settentrionale e orientale che i nazisti stavano invadendo. I servizi segreti britannici avevano affinato una straordinaria capacità di intercettare e decodificare queste comunicazioni, che costituiscono uno spaccato eccezionale e agghiacciante al tempo stesso. I tedeschi parlavano. Londra, a loro insaputa, li ascoltava».

  • Che cosa si legge nel testo dei messaggi?

«Si tratta essenzialmente di ordini e comunicazioni di servizio che i nazisti si scambiavano fra loro. Facciamo qualche esempio: il 28 luglio del 1941 il battaglione numero 316 della polizia tedesca si trova in un territorio paludoso fra l’Ucraina e la Bielorussia per assistere le forze naziste che si spingevano a invadere quei Paesi. Da Berlino Himmler lancia un ordine inequivocabile: tutti i maschi ebrei che la formazione incontra sulla propria strada devono essere uccisi sul posto. Le donne possono essere affogate e sepolte nelle paludi. Dopo una breve attesa giunge la risposta: l’operazione è stata portata diligentemente a termine. In breve tempo sono stati eliminati 1.658 ebrei. Nel testo la polizia tedesca riferisce di aver ripulito un determinato villaggio, un termine utilizzato per fare riferimento a una precisa pratica di sterminio».

  • Quale?

«Circondavano i villaggi bloccando ogni via d’uscita. Poi trascinavano uomini, donne e bambini in una località dove erano state scavate delle grandi fosse. Freddavano con un colpo alla nuca migliaia di innocenti in poche ore e infine ricoprivano la fossa. Normalmente, si deduce dai documenti, una notte di baldoria e di bevute serviva a dimenticare per poter meglio affrontare una nuova giornata di "lavoro"».

  • Tutto ciò non era noto?

«Non esattamente. I documenti pongono gli storici contemporanei così come l’opinione pubblica di fronte ad alcuni dati di fatto importanti. Innanzi tutto costituiscono una delle rare testimonianze scritte sulle responsabilità dello sterminio. I nazisti cercavano di non lasciarsi alle spalle tracce che dimostrassero i massacri Tabella: Le vittime dell'Olocausto. compiuti e in particolare evitavano i documenti scritti. I messaggi captati da Londra erano trasmessi con un codice segreto. I tedeschi non sospettavano venissero intercettati dall’Intelligence Service».

  • Tutto qui?

«No, c’è di peggio. I documenti dimostrano senza possibilità di dubbio che gli Alleati, in particolare Londra, sapevano perfettamente quello che stava avvenendo già dal 1940. Raccogliendo i messaggi, seguivano passo passo le "gesta" di molti gruppi militari e organizzazioni ausiliarie che, attraversando l’Europa, si lasciavano dietro una scia di sangue. Un sospetto che molti negli anni scorsi avevano avanzato e che Londra aveva sempre vigorosamente negato. Lo sterminio avvenne sotto gli occhi delle democrazie, che non fecero abbastanza per fermarlo e in un primo periodo restarono addirittura completamente inerti. E ancora: i messaggi mostrano come i più feroci massacri furono operati direttamente non solo dai reparti speciali delle forze naziste, ma anche dalla struttura statale, dalla polizia, dalle forze ordinarie con il coinvolgimento e la complicità di tanta parte della popolazione civile».

  • Che uso fece Londra di questi segnali inquietanti?

«In una prima fase si guardò bene dal farne alcun uso. L’allarme che era stato lanciato da più parti, il grido di dolore che giungeva soffocato dai testimoni oculari sfuggiti ai massacri in Polonia, in Lituania, nei territori occupati dell’Urss, erano stati liquidati come "voci non confermate", "propaganda". Solo in un discorso trasmesso da Radio Londra il 24 agosto del 1941 Churchill commenterà l’inizio dell’aggressione alla Russia sostenendo che "le popolazioni di interi villaggi sono state sterminate. Migliaia di esecuzioni a sangue freddo sono portate a termine contro cittadini indifesi. Una barbarie che non si conosceva in Europa dal sedicesimo secolo a questa parte". Ma non a caso il primo ministro inglese deciderà di tacere ancora sui destini delle prime vittime di queste stragi: gli ebrei».

  • Per quale motivo?

«È una domanda ancora priva di una risposta definitiva. Tanto più che gli inglesi rifiutarono per un lungo periodo di rivelare il contenuto di questi messaggi anche ai loro alleati americani, che furono tenuti a lungo all’oscuro. I motivi possibili erano diversi. Da un lato gli inglesi erano molto preoccupati di svelare la loro capacità di decodificare i messaggi del nemico. La loro superiorità in questo campo nei confronti dei tedeschi ha costituito un significativo vantaggio strategico e ha pesato sui destini del conflitto. Ma dall’altro lato qualcuno a Londra aveva purtroppo motivo di compiacersi di quanto stava accadendo».

  • A chi si riferisce?

«Penso in particolare al ministro degli Esteri inglese Anthony Eden, noto per la sua antipatia nei confronti degli ebrei e per i suoi timori che milioni di profughi in fuga dai Paesi invasi dai nazisti si riversassero sulla colonia britannica della Palestina e andassero a ingrossare le fila dei sionisti che rivendicavano l’indipendenza di uno Stato ebraico su quella terra. Si tratta di un’importante novità. Per mezzo secolo la storiografia ufficiale ha continuato a sostenere che Eden e il resto del Governo inglese restarono all’oscuro dell’Olocausto fino al momento della disfatta di Hitler».

  • Ma cosa avrebbero potuto fare gli Alleati?

«Difficile a dirsi. Con la partecipazione americana si sarebbero potute organizzare azioni militari capaci di tutelare parte delle popolazioni civili attaccate dai nazisti. Ma soprattutto si sarebbero potute aprire le porte per salvare milioni di profughi che furono invece chiusi in gabbia e finirono per essere sterminati».

  • Quali passaggi del materiale studiato le sono sembrati più impressionanti?

«Nel 1941 i decodificatori britannici svelavano un drammatico sviluppo degli avvenimenti. Registrando i movimenti e i messaggi di Bruno Tesch, medico e industriale chimico tedesco, e di un gruppo di 55 funzionari statali che collaboravano con lui, l’Intelligence Service venne a conoscere gli esiti di un incontro segreto svoltosi a Riga, in Lettonia. Prendeva forma l’Olocausto. La riunione aveva all’ordine del giorno la produzione e l’efficacia del gas asfissiante Zyklon B, che avrebbe fatto funzionare le camere della morte. I messaggi seguenti rivelano freddamente ogni minuzia, registrando con fastidio persino i ritardi nella consegna di 700 chili di materiale. Molti altri messaggi registrano puntigliosamente gli arrivi giornalieri dei convogli ad Auschwitz. Centinaia di migliaia di ingressi. Mai nessuna partenza».

Guido Vitale

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