orse
il contrasto tra il solenne silenzio che fasciò, secondo un’antica
antifona della liturgia, la notte del primo Natale, e il "chiasso
telematico" dell’ultima "Notte santa" del secolo
ventesimo è stato davvero stridente; ma alcune immagini regalateci dalla
televisione, durante la lunga cerimonia di apertura del Grande Giubileo,
valevano davvero il rischio della contaminazione.
Una di queste passerà alla storia come il documento emozionante, e al
tempo stesso più preciso, dell’evento. È quella di Giovanni Paolo II
prostrato in preghiera, solo sulla soglia della Porta santa appena aperta,
avvolto nel piviale dai riflessi policromi, abbarbicato a quel suo
pastorale divenuto, via via che passavano gli anni, non più soltanto il
segno del comando del pastore che deve guidare il gregge, ma anche
appoggio e sostegno fisico e spirituale per i passi vacillanti di un Papa
provato dalla vita e dal lungo ministero.
Un bastone che non culmina a riccio, come i pastorali d’un tempo
tempestati di pietre preziose, ma con uno scarnificato Cristo crocifisso,
eredità simbolica di un altro grande Pontefice del nostro secolo,
"esperto del dolore" e di umanità, Paolo VI.
Su quella mistica soglia, dietro al Papa, un miliardo e mezzo di
persone, nel silenzio totale con cui il regista Ermanno Olmi ha voluto
fasciare la scena, hanno trattenuto il fiato, consapevoli della svolta che
la storia stava imprimendo alla loro vita.
Quando il Papa si è rialzato e l’interno della basilica di San
Pietro è apparso in tutto il suo splendore, è stato come se un’irresistibile
onda di luce e di pace, di riconciliazione e di perdono si riversasse sull’umanità,
a lavarne le colpe e l’iniquità, quasi a restituirle intatta l’impronta
originaria, manifestazione creatrice dell’amore di Dio.
Non è dunque senza intenzione che Famiglia Cristiana ha scelto
questa immagine per aprire il suo Duemila. Essa però non è solo un
ricordo, un segno, un punto fermo nella storia dell’umanità e di
ciascuno di noi; non è solo un pegno della benedizione di Dio che non si
stanca di amarci, è anche uno stimolo a rendere efficaci, durante l’anno
giubilare, le parole programmatiche che, dopo le "meraviglie"
della grande notte, lo stesso Giovanni Paolo II ha rivolto "urbi
et orbi", a Roma e al mondo intero.
Ne registriamo tre, che toccano da vicino i temi che sono a noi più
congeniali: la vita, la famiglia, la pace.
La vita
: «Guardiamo a te, o Cristo,
Porta della vita, e ti rendiamo grazie per i prodigi di cui hai
arricchito ogni generazione. Talvolta questo mondo non rispetta e non
ama la vita. Ma tu non ti stanchi di amarla, anzi, nel mistero del
Natale vieni a rischiarare le menti, perché legislatori e governanti,
uomini e donne di buona volontà si impegnino ad accogliere, come dono
prezioso, la vita dell’uomo».
La famiglia: «Per promuovere i
diritti umani è necessario tutelare quelli della famiglia, giacché è a
partire da essa che si può dare una risposta integrale alle sfide del
presente e del futuro. La famiglia è una comunità di amore e di vita,
che si realizza quando un uomo e una donna si donano l’uno all’altro
totalmente nel matrimonio, disposti ad accogliere il dono dei figli».
La pace: «Fissiamo gli occhi su te, o
Cristo, Porta della pace, mentre, pellegrini nel tempo, rendiamo visita ai
tanti luoghi del dolore e della guerra, dove riposano le vittime di
violenti conflitti e di crudeli stermìni. Tu, Principe della pace, ci
inviti a bandire l’insensato uso delle armi, il ricorso alle violenze e
all’odio che hanno segnato a morte persone, popoli e continenti».
Se regoleremo su questo registro la nostra vita e le nostre giornate,
se sapremo cogliere il vero spirito del Giubileo che è un anno di grazia,
di riconciliazione, di perdono, di purificazione, di carità... il Duemila
sarà davvero per tutti noi, cari lettori, come ci auguriamo
vicendevolmente di cuore, un Anno "santo".