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IL CONCILIO CI INTERROGA![]() di Carlo Cibien, ssp Il decreto Cristus Dominus e la Famiglia Paolina Dopo esserci avvicinati ai primi documenti del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium e Lumen Gentium) ci lasciamo guidare dai rimanenti documenti che ci interpellano in modo diretto: Christus Dominus, Perfectae Caritatis, Dei Verbum e Gaudium et Spes. Si diceva nella puntata precedente che «studiare, capire e applicare » il Concilio è certamente un compito per ogni paolino che intende «sentire cum Ecclesia»; e ora possiamo ribadire che ogni paolina e paolino deve «sentire cum Ecclesia». Il Decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa: Christus Dominus. Ci si può domandare: «che interesse può avere lo studio di un decreto sui Vescovi, se i paolini maschi e chierici erano scoraggiati dalle Costituzioni ad accettare tale ministero?». L’interesse che deriva dal sentire cum Ecclesia! (Cf L’apostolato dell’Edizione 35). Che non è un’indicazione astratta ma una forma di “inculturazione ecclesiale” nel contesto più ampio della sollecitudine per tutte le Chiese che dai Vescovi e attraverso il Sommo Pontefice sale fino al Capo che è Cristo Signore (CD 1-3), non senza aver coinvolto prima ogni sacerdote, religioso (CD 28, 33-35) e ogni cristiano (Ad gentes, 23). Sono l’ufficio pastorale, lo stile collegiale e sinodale (CD4-5), «la sollecitudine per tutte le parti del mondo dove la parola di Dio non è ancora stata annunciata» (CD 6), il sostegno e la promozione delle opere di evangelizzazione e di apostolato (CD 6), che, assieme ai Vescovi, interpellano l’intera Famiglia Paolina. Accanto a questo testo conciliare è possibile studiare le due edizioni del Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi, curate dalla Congregazione per i Vescovi: Ecclesiae imago, del 1973, e Apostolorum successores, del 2004, scritte per mandato di questo decreto conciliare (CD 44) e ricavare ottimi suggerimenti dalle ricche indicazioni pastorali che sono offerte. Veduta dell’Aula conciliare Munus docendi – In particolare, il munus docendi, che è uno dei principali doveri dei Vescovi (CD 12-14.17), ricorda a tutti i paolini – fatti i dovuti aggiustamenti – i loro compiti apostolici specifici: l’annuncio del Vangelo di Cristo; la proposta dell’intero mistero di Cristo, ossia di quelle verità che non si possono ignorare senza ignorare Cristo stesso… (cf CD 12). L’impegno docente sia poi attuato in modo consono alle necessità dei tempi in cui viviamo e accompagnato da una credibile testimonianza e orientato a favorire il dialogo e la comunicazione tra gli uomini (cf CD 13). Come “esperti in materia”, i paolini aiutino i vescovi «ad annunciare la dottrina cristiana ricorrendo ai vari mezzi che oggi sono a disposizione…» (ibid.). Continuando la tradizione alberioniana, viene poi l’impegno prettamente “catechistico” (CD14). Non si può dire che l’indicazione rivolta ai Pastori, non ci riguardi: «Abbiano cura che questo insegnamento sia fatto secondo un ordine e un metodo che si addica, oltre che alla materia di cui si tratta, alla mentalità, alla capacità, all’età e al genere di vita degli uditori [se si pensa ad una catechesi solo orale]; e si basi sulla Sacra Scrittura, sulla Tradizione, sulla Liturgia, sul Magistero e la vita della Chiesa» (ibid.). Alcuni osservatori di altre confessioni Cristiane Munus sanctificandi - Anche il munus sanctificandi contiene aspetti che si riflettono sul nostro apostolato. Perché se è vero che sono i Vescovi ad essere «praecipui dispensatores mysteriorum Dei» (ossia: «i principali dispensatori dei misteri di Dio»), è altrettanto vero che noi lo siamo con loro e da loro siamo regolati, promossi e custoditi (CD 15). Da qui, al compito di mediazione creativa che il nostro carisma implica, il passo è breve.
Don Alberione con un Padre conciliare Munus pastorale - CD 16 non parla di munus regendi, – come tornerà a fare la seconda edizione del Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi – insiste invece sul munus patris ac pastoris. È lo stile ecclesiale tipicamente conciliare (e ancor prima evangelico) che in seguito si cercherà di neutralizzare, e anche con un certo successo. Ma a questo stile si ispira il nostro apostolato in ogni sua forma e momento. I termini sono tutti evangelici: comportarsi come coloro che prestano servizio (Lc 22,26-27), come buoni pastori che conoscono e sono conosciuti dalle loro pecore (Gv 10,14), come veri padri (Gv 10,15). E come il Vescovo presta la sua intelligente premura e interessamento verso i sacerdoti e tutti i fedeli (CD 16), cosi ogni paolino si preoccupa veramente dei suoi interlocutori adottando metodi similari: non si tratta di una scaltra operazione di marketing, ma di una saggia metodologia comunicazionale applicata all’apostolato. I vescovi e i religiosi - CD 17 descrive in qualche modo noi e il nostro lavoro pastorale come oggetto delle cure del Vescovo. Questi, infatti, deve favorire le varie forme di apostolato. Ci è particolarmente utile l’invito alla coordinatio e alla intima coniunctio tra le opere di apostolato e le persone che le svolgono. Queste azioni, infatti, non valgono solo per la diocesi, ma sono indispensabili in ogni attività di Famiglia Paolina, sotto la guida sia dei vescovi, sia dei Superiori maggiori competenti (provinciali o generali). La conclusione di CD 17 sembra scritta per noi: «Tali forme di apostolato devono essere adattate alle necessità dei nostri giorni, tenendo presenti le varie esigenze degli uomini: non solo spirituali e morali, ma anche quelle sociali, demografiche ed economiche. E per raggiungere efficacemente ed utilmente tale scopo, si potrà trarre un notevolissimo vantaggio dalle indagini sociali e religiose, eseguite per mezzo degli uffici di sociologia pastorale, che sono da raccomandare con ogni premura». Come controparte, i nn. 33-35 del Decreto richiamano i religiosi alle loro responsabilità nei confronti delle diocesi, stabilendo alcuni principia fundamentalia che sono alla base delle mutuae relationes (titolo del documento che le due Congregazioni vaticane dei Vescovi e per i religiosi e gli istituti secolari hanno emanato il 14 maggio 1978). CD 35,4 ribadisce le dipendenze particolari dei religiosi nei confronti dei loro Vescovi: «Tutti i religiosi, gli esenti e quelli non esenti sono soggetti all’autorità dei vescovi in tutto ciò che riguarda il pubblico esercizio del culto divino, salva la diversità dei riti; la cura delle anime; la predicazione al popolo; l’educazione religiosa e morale dei fedeli e specialmente dei fanciulli; l’istruzione catechistica e la formazione liturgica; il prestigio del loro stato clericale; ed infine, le varie opere relative all’esercizio del sacro apostolato…» (cf CDC cann. 586; per le comunicazioni sociali, cann. 823-832); mentre CD 35,5 “auspica” la collaborazione tra Istituti religiosi e clero diocesano e il coordinamento di tutte le opere e attività apostoliche, ricordando «che dipende soprattutto da quella soprannaturale disposizione di menti e di animi che è fondata e radicata nella carità». Come si è anticipato, anche questo Decreto prevede oltre l’adeguamento canonico, la redazione di uno speciale Direttorio, che a tutt’oggi ha già visto ben due edizioni, la prima delle quali risulta migliore e di utile lettura. Carlo Cibien |
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